Ogni epoca di crisi lascia relitti dietro di sé: lo sanno i protagonisti di 'Horcynus Orca' (1975), i pescatori di Cariddi che quasi con disappunto assistono alla morte del loro incubo più feroce, l’orca assassina. All’indomani della seconda guerra mondiale, quando l’Italia entra nella fase decisiva della modernizzazione, Stefano D’Arrigo racconta la fine del mondo premoderno senza cedere alla tentazione di mitizzarlo: mentre sotto gli occhi del lettore si dispiegano gli scenari arcaici del viaggio di ’Ndrja Cambrìa, la voce che li racconta guida in maniera quasi subliminale nella direzione opposta. D’Arrigo non è un creatore di miti, ma un distruttore: da Hölderlin (su cui si laurea nel 1942) e soprattutto da Gogol’ (di cui riscrive 'Le anime morte' ambientandole in Sicilia) ha appreso come recuperare eroi e valori del passato mettendoli a distanza, rappresentandoli appunto come relitti. Le sue «riplasmazioni» di lingue e generi letterari ricordano quelle «formazioni di compromesso» che negli stessi anni Ernesto de Martino indagava sul piano antropologico. Dalle poesie di 'Codice siciliano' (1957) fino alla prosa spezzata di 'Cima delle nobildonne' (1985) vediamo così emergere lo sguardo comprensivo ma disincantato, a volte persino comico, di uno scrittore pienamente moderno, che per potenza inventiva della lingua Primo Levi collocherà sul «meridiano della salvazione del riso» insieme a Porta, Belli e Rabelais.

Orche e altri relitti. Sulle forme del romanzo in Stefano D'Arrigo / Biagi, Daria. - (2017).

Orche e altri relitti. Sulle forme del romanzo in Stefano D'Arrigo

Daria Biagi
2017

Abstract

Ogni epoca di crisi lascia relitti dietro di sé: lo sanno i protagonisti di 'Horcynus Orca' (1975), i pescatori di Cariddi che quasi con disappunto assistono alla morte del loro incubo più feroce, l’orca assassina. All’indomani della seconda guerra mondiale, quando l’Italia entra nella fase decisiva della modernizzazione, Stefano D’Arrigo racconta la fine del mondo premoderno senza cedere alla tentazione di mitizzarlo: mentre sotto gli occhi del lettore si dispiegano gli scenari arcaici del viaggio di ’Ndrja Cambrìa, la voce che li racconta guida in maniera quasi subliminale nella direzione opposta. D’Arrigo non è un creatore di miti, ma un distruttore: da Hölderlin (su cui si laurea nel 1942) e soprattutto da Gogol’ (di cui riscrive 'Le anime morte' ambientandole in Sicilia) ha appreso come recuperare eroi e valori del passato mettendoli a distanza, rappresentandoli appunto come relitti. Le sue «riplasmazioni» di lingue e generi letterari ricordano quelle «formazioni di compromesso» che negli stessi anni Ernesto de Martino indagava sul piano antropologico. Dalle poesie di 'Codice siciliano' (1957) fino alla prosa spezzata di 'Cima delle nobildonne' (1985) vediamo così emergere lo sguardo comprensivo ma disincantato, a volte persino comico, di uno scrittore pienamente moderno, che per potenza inventiva della lingua Primo Levi collocherà sul «meridiano della salvazione del riso» insieme a Porta, Belli e Rabelais.
2017
9788822900852
Stefano D'Arrigo; Horcynus Orca; Codice siciliano; Cima delle Nobildonne; Hölderlin; Gogol'; romanzo
03 Monografia::03a Saggio, Trattato Scientifico
Orche e altri relitti. Sulle forme del romanzo in Stefano D'Arrigo / Biagi, Daria. - (2017).
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