Il progetto di un’unione monetaria europea ha accresciuto nel tempo la fiducia dei mercati finanziari internazionali nella solidità dell’eurosistema conducendo ad un progressivo appiattimento dei rischi legati ai singoli paesi e trasferendoli a livello comunitario. Dalla firma del Trattato di Maastricht (1992)1 i rendimenti relativi ai debiti sovrani dell’area euro hanno infatti iniziato a convergere raggiungendo la parità con l’entrata in vigore dell’euro nel19992. Questo livellamento dei rischi sovrani ha portato il sistema finanziario a sottovalutare l’eterogeneità dei paesi membri e quindi i rischi specifici di ciascun paese. In particolare, fino allo scoppio della crisi del 2008 (iniziata come crisi dei mutui sub–prime statunitensi), il sistema finanziario internazionale ha sottovalutato il “rischio di sostenibilità” dei paesi economicamente e finanziariamente più fragili dell’area euro, i cosiddetti PIIGS o paesi periferici, quali il Portogallo, l’Irlanda, l’Italia, la Grecia e la Spagna. Infatti nel 2007, ossia a quasi un decennio dall’avvio della moneta unica (1999), solo pochi paesi dell’euro zona registravano saldi di bilancio vicini al pareggio in termini strutturali, ossia trascurando gli effetti del ciclo economico sulle entrate e sulle spese pubbliche. In alcuni casi, il debito pubblico era ancora su livelli eccessivamente elevati rispetto al prodotto interno lordo. Nonostante tali squilibri di finanza pubblica, fino allo scoppio della crisi del 2008, i differenziali di rendimento tra i titoli di stato all’interno dell’area euro erano prossimi allo zero. In questo contributo, alla luce di questi eventi, si analizza criticamente una tra le questioni più dibattute a livello di politica europea ossia la possibile mutualizzazione del debito sovrano, che potrebbe essere realizzata attraverso diversi ed alternativi strumenti finanziari; ma la proposta sulla quale si è maggiormente dibattuto è stata l’emissione di Eurobonds, ossia titoli obbligazionari europei emessi dalla BCE ed i cui proventi andrebberoredistribuiti e/o usati per finanziare un piano di investimenti europeo o per sostenere il ciclo economico dell’area euro. Tali titoli, emessi in un ammontare limitato e specificatamente per gli scopi sopra indicati, andrebbero ad affiancarsi alle emissioni sovrane dei paesi membri dell’area, evitando un effetto di spiazzamento. Nel corso della lunga crisi economica e finanziaria del 2008–2009, nell’Eurozona sono state elaborate diverse proposte per la creazione di un titolo pubblico europeo, ognuna distinta per qualche particolare dalle precedenti, ma con l’idea comune di usare tale strumento per ridurre gli squilibri economici e finanziari tra i diversi paesi e/o finanziare grandi progetti di infrastrutture europee. Oltre al sostegno per un piano di investimenti europeo e per la stabilizzazione del sistema finanziario, gli Eurobond potrebbero condurre a una riduzione del livello dei tassi di interesse sovrani e a una maggiore resilienza delle banche attraverso l’indebolimento del legame tra stato e banche. Gli Eurobond, in quanto garantiti a livello sovranazionale, potrebbero godere di rating molto elevati, riducendo al minimo i relativi tassi di interesse per la raccolta del capitale da parte della UEM. Tale debito europeo sovranazionale non sarà il risultato dello sbilancio tra entrate e spese correnti, come accade per molti paesi sovrani, ma sarà finalizzato alla raccolta di risorse per il finanziamento di investimenti produttivi dell’euro zona. A fronte della recente crisi economica del 2020, causata dalla pandemia da Covid–19, la Commissione Europea il 14 aprile 2021 ha illustrato i dettagli del programma con cui l’Unione punta a raccogliere sui mercati dei capitali 150 miliardi all’anno, dal 2021 al 2026, attraverso emissioni di Eurobond con scadenze da 1 anno a 30 anni. Questo programma di raccolta ha come finalità la costituzione di un Fondo europeo, il Recovery and Resilience Fund (RRF), di 750 mld di euro complessivi, da utilizzarsi per finanziare la ripresa economica della Euro zona innescata dalla crisi pandemia. La stessa Commissione europea ha sottolineato “il significato politico” di questa decisione che va verso una maggiore integrazione europea.

Rischio sovrano e rischio di ridenominazione nell'area Euro: analisi e strategie / DI CLEMENTE, Annalisa. - (2021), pp. 19-46. - FINANCE & DEVELOPMENT. [10.4399/97888255414892].

Rischio sovrano e rischio di ridenominazione nell'area Euro: analisi e strategie.

Di Clemente Annalisa
Primo
Writing – Review & Editing
2021

Abstract

Il progetto di un’unione monetaria europea ha accresciuto nel tempo la fiducia dei mercati finanziari internazionali nella solidità dell’eurosistema conducendo ad un progressivo appiattimento dei rischi legati ai singoli paesi e trasferendoli a livello comunitario. Dalla firma del Trattato di Maastricht (1992)1 i rendimenti relativi ai debiti sovrani dell’area euro hanno infatti iniziato a convergere raggiungendo la parità con l’entrata in vigore dell’euro nel19992. Questo livellamento dei rischi sovrani ha portato il sistema finanziario a sottovalutare l’eterogeneità dei paesi membri e quindi i rischi specifici di ciascun paese. In particolare, fino allo scoppio della crisi del 2008 (iniziata come crisi dei mutui sub–prime statunitensi), il sistema finanziario internazionale ha sottovalutato il “rischio di sostenibilità” dei paesi economicamente e finanziariamente più fragili dell’area euro, i cosiddetti PIIGS o paesi periferici, quali il Portogallo, l’Irlanda, l’Italia, la Grecia e la Spagna. Infatti nel 2007, ossia a quasi un decennio dall’avvio della moneta unica (1999), solo pochi paesi dell’euro zona registravano saldi di bilancio vicini al pareggio in termini strutturali, ossia trascurando gli effetti del ciclo economico sulle entrate e sulle spese pubbliche. In alcuni casi, il debito pubblico era ancora su livelli eccessivamente elevati rispetto al prodotto interno lordo. Nonostante tali squilibri di finanza pubblica, fino allo scoppio della crisi del 2008, i differenziali di rendimento tra i titoli di stato all’interno dell’area euro erano prossimi allo zero. In questo contributo, alla luce di questi eventi, si analizza criticamente una tra le questioni più dibattute a livello di politica europea ossia la possibile mutualizzazione del debito sovrano, che potrebbe essere realizzata attraverso diversi ed alternativi strumenti finanziari; ma la proposta sulla quale si è maggiormente dibattuto è stata l’emissione di Eurobonds, ossia titoli obbligazionari europei emessi dalla BCE ed i cui proventi andrebberoredistribuiti e/o usati per finanziare un piano di investimenti europeo o per sostenere il ciclo economico dell’area euro. Tali titoli, emessi in un ammontare limitato e specificatamente per gli scopi sopra indicati, andrebbero ad affiancarsi alle emissioni sovrane dei paesi membri dell’area, evitando un effetto di spiazzamento. Nel corso della lunga crisi economica e finanziaria del 2008–2009, nell’Eurozona sono state elaborate diverse proposte per la creazione di un titolo pubblico europeo, ognuna distinta per qualche particolare dalle precedenti, ma con l’idea comune di usare tale strumento per ridurre gli squilibri economici e finanziari tra i diversi paesi e/o finanziare grandi progetti di infrastrutture europee. Oltre al sostegno per un piano di investimenti europeo e per la stabilizzazione del sistema finanziario, gli Eurobond potrebbero condurre a una riduzione del livello dei tassi di interesse sovrani e a una maggiore resilienza delle banche attraverso l’indebolimento del legame tra stato e banche. Gli Eurobond, in quanto garantiti a livello sovranazionale, potrebbero godere di rating molto elevati, riducendo al minimo i relativi tassi di interesse per la raccolta del capitale da parte della UEM. Tale debito europeo sovranazionale non sarà il risultato dello sbilancio tra entrate e spese correnti, come accade per molti paesi sovrani, ma sarà finalizzato alla raccolta di risorse per il finanziamento di investimenti produttivi dell’euro zona. A fronte della recente crisi economica del 2020, causata dalla pandemia da Covid–19, la Commissione Europea il 14 aprile 2021 ha illustrato i dettagli del programma con cui l’Unione punta a raccogliere sui mercati dei capitali 150 miliardi all’anno, dal 2021 al 2026, attraverso emissioni di Eurobond con scadenze da 1 anno a 30 anni. Questo programma di raccolta ha come finalità la costituzione di un Fondo europeo, il Recovery and Resilience Fund (RRF), di 750 mld di euro complessivi, da utilizzarsi per finanziare la ripresa economica della Euro zona innescata dalla crisi pandemia. La stessa Commissione europea ha sottolineato “il significato politico” di questa decisione che va verso una maggiore integrazione europea.
2021
La resilienza del sistema finanziario alle crisi di liquidità degli intermediari e al rischio sovrano.
978-88-255-4148-9
rischio sovrano; sostenibilità economico-finanziaria; politiche di integrazione finanziaria europea
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Rischio sovrano e rischio di ridenominazione nell'area Euro: analisi e strategie / DI CLEMENTE, Annalisa. - (2021), pp. 19-46. - FINANCE & DEVELOPMENT. [10.4399/97888255414892].
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