Archaeology and History of the Ancient Near East (the Hittites, Phoenicians and Cypriots) The Phoenicians: the StoriaL'attuale geopolitical boundary coincides with that of Lebanon, from the archaeological sites of Tell Suqas Acco north and south, it may be, is likely to , considered the mother land of phoinkes. It is with this term, corresponding to the Mycenaean po-ni-ki-ja, whose roots emerge in greek phoinix, red, purple, which is identified consistency of language, culture and art of the Phoenicians, and just Phoenicia, the eastern coast of the Mediterranean , already inhabited, was the scene of major events and political processes at the dawn of the Iron Age. The twelfth century is impressed, in fact, in the historical memory of the Ancient Near East, such as the onset of the "Sea Peoples." What was the relationship with the Phoenicians is, still, a Gordian knot because the Phoenicians were the People of the Mediterranean Sea, but also because their ancient history traces developments in the local Bronze Age Syrian, Palestinian, Lebanese, and was the history of a slow conquest of the crust of the earth, or - if you want to be less optimistic - the story of a slow pressure exerted by the Philistines, Jews and Syrians on the coast to build a coalition and radicalize merchant that identity, which is the unique trait and renounced the Phoenician ports. In the eleventh century., When the emissary of an Egyptian temple, such Wenamon, was sent to treat wood supplies in Byblos, just north of Beirut, wait several days before being taken to the court of Prince Zakerbaal. Waiting tells us (most of the contract) the autonomy of Byblos, in this case, it seems wonderfully take advantage of those constraints that exercise political and military of the Peoples of the Sea appears to have posed to the great Egypt. In the new mosaic of international relations Phoenicia is not simply a territorial unit stops. Diplomatic relations within it are in constant motion so that, in the tenth century., The center of gravity of economic power seems to have already moved to Tyre, where indirect sources, reminiscent of the political-military Hiram (969-936) against the center of the Cyprus Kition that does not pay the tax, and the political-diplomatic service given to David and Solomon to build the Temple in Jerusalem. This historical profile depends on Josephus, who has to be guided by "Annals of Tyre," and the Old Testament, where everything tends to the celebration of the Temple of Solomon, but appear to be sufficient to detect the lines of political and diplomatic Tyre. Its incidence and diplomatic policy within the coalition and its relations with other States Territorial seems to stop only with Ittobaal (887-856) who, according to Josephus, appealed as "King of the Beach and Sidon." The epithet alluding perhaps to some event that still escapes the understanding of history, but invites us to consider the formation of a new government (and perhaps a new organization), which coordinates the various centers Phoenicians, an order centered on Tyre and Sidon, which will be For the first time, broken as a result of the military campaigns of Assurbanipal (883-859), the important Assyrian king who broke all resistance of the Syro-Palestinian region, will also get the tribute of Byblos. But these victories are not completely disarm Phoenicia, it appears allied in a coalition (along with other Syrian cities) against the successor, Shalmaneser III (858-824), although at the first clash, the quota of Arado, Syrian island, can now count only 300 tanks. The presence, as has been noted, it is only symbolic, but a prelude to a revival, for a change, this time radical center of gravity of the political, economic and commercial. Just when the coalition was defeated in 814 BC under Pygmalion king of Tyre (820-774), some exiles founded on the coast of North Africa, Carthage, center extraordinary pre-classical antiquity, celebrated in myth reported by Justin, not surpri

Archeologia e Storia dell'Arte del Vicino Oriente antico (Ittiti, Fenici e Ciprioti) I Fenici: la Storia L’attuale confine geopolitico del Libano coincide con quella che, dai centri archeologici di Tell Suqas a Nord e Acco a Sud, può essere, verosimilmente, considerata la madre terra dei phoinkes. È con questo termine, corrispondente al miceneo po-ni-ki-ja, le cui radici affiorano nel greco phoinix, rosso porpora, che viene identificata la coerenza di lingua, cultura e arte dei Fenici; e proprio la Fenicia, costa orientale del Mediterraneo, già abitata, fu teatro di grandi eventi e processi politici all’alba dell’Età del Ferro. Il XII secolo è impresso, infatti, nella memoria storica del Vicino Oriente Antico, come il momento della comparsa dei «Popoli del Mare». Quale fosse la relazione con i Fenici è, tuttora, un nodo gordiano perché i Fenici sono stati il Popolo del Mare Mediterraneo, ma anche perché la loro storia più antica affonda negli sviluppi locali dell’Età del Bronzo Siriana, Palestinese, Libanese e fu la storia di una lenta conquista di quella crosta di terra, oppure – se si volesse essere meno ottimisti – la storia di una lenta pressione esercitata da Filistei, Ebrei e Aramei sulla costa a coalizzare e radicalizzare quell’identità mercantile, che è il tratto unico e irrinunciabile dei porti fenici. Nell’XI sec., quando l’emissario di un Tempio egiziano, tale Wenamon, viene mandato a trattare forniture di legno a Biblo, poco a Nord di Beirut, attenderà molti giorni prima di essere accolto alla corte del principe Zakerbaal. L’attesa ci racconta (più del contratto) l’autonomia di Biblo che, in questo caso, sembra approfittare mirabilmente di quei vincoli che l’esercizio politico e militare dei Popoli del Mare sembra aver posto al grande Egitto. Nel nuovo mosaico di rapporti internazionali la Fenicia non è una semplice unità territoriale, ferma. Le relazioni diplomatiche al suo interno sono in continuo movimento tanto che, nel X sec., il baricentro del potere economico sembra essersi già spostato a Tiro, dove, fonti indirette, ricordano l’azione politico-militare di Hiram (969-936) contro il centro cipriota di Kition che non paga il tributo, e quella politico-diplomatica di servizio prestata a Salomone e Davide per la costruzione del Tempio di Gerusalemme. Questo profilo storico dipende da Giuseppe Flavio, che vanta di ispirarsi agli «Annali di Tiro», e dall’Antico Testamento, dove ogni dettaglio tende alla celebrazione del Tempio di Salomone, ma sembrano sufficienti a rilevare le linee dell’azione politica e diplomatica di Tiro. La sua incidenza politica e diplomatica all’interno della coalizione e nei rapporti con gli altri Stati Territoriali sembra interrompersi solo con Ittobaal (887- 856) che, sempre secondo Giuseppe Flavio, è appellato in qualità di «re dei Tiri e di Sidone». L’epiteto allude forse a qualche evento che ancora sfugge alla comprensione storica, ma ci invita a considerare il formarsi di un nuovo governo (e forse di una nuova organizzazione) che coordina i diversi centri fenici; un ordine centrato su Tiro e Sidone che verrà, per la prima volta, infranto a seguito delle campagne militari di Assurbanipal (883-859), l’importante re assiro che, spezzata ogni resistenza delle regioni siro-palestinesi, otterrà anche il tributo di Biblo. Ma queste vittorie non disarmano completamente la Fenicia, essa compare alleata in una coalizione (insieme ad altre città siriane) contro il successore, Salmanassar III (858-824), anche se in occasione del primo scontro, il contingente di Arado, isola siriana, può ormai contare solo 300 armati. La presenza, come è stato notato, è solo simbolica, ma prelude ad una rinascita, ad un cambiamento, questa volta radicale, del baricentro politico, economico e commerciale. Proprio quando la coalizione viene sconfitta, nell’814 a.C., sotto Pigmalione re di Tiro (820-774), alcuni fuoriusciti fondano, sulle coste dell’Africa Settentrionale, Cartagine, centro straordinario dell’antichità preclassica, celebrato nel mito riportato da Giustino, non a caso, come la nuova patria di Elissa-Didone. Costretta ad abbandonare l’isola nativa per le persecuzioni del fratello Pigmalione, il mito ricorda la principessa suicida in un rogo per sfuggire al matrimonio, sgradito, con il re africano Iarba. Ittiti: la Storia È l’Anatolia, nel cuore dell’odierna Turchia, l’epicentro di quello che storici e archeologi hanno definito il primo Stato hittita. Tra il 1650 e il 1600 i due sovrani Khattushili I e Murshili I dilagano in Siria e Mesopotamia ponendo fine ai regni di Babilonia (Bassa Mesopotamia) e Yamkhad (Alta Siria). Ebla, l’antica potenza nord siriana, verrà «infranta come un vaso»: questo annovera un testo, ormai famoso, rinvenuto nella leggendaria capitale Hattusha (moderna Bogazköy). Ma la storia della formazione ha radici ancor più profonde, enigmatiche, e difficili da ricomporre: sembrano le prime conquiste di Anitta di Kushara e il trasferimento della capitale a Nesha (Kanesh) il modello, epico ma anche politico, cui faranno riferimento gli epigoni. Dopo le conquiste di Murshili I, il regno attraversa una fase di contrazione, complessa, si assiste alla frammentazione del potere in autonomie locali, subordinate a vincoli di vassallaggio e sempre pericolanti, instabili. L’«Editto di Telipinu», usurpatore coinvolto in un regicidio, sembra trasformare le ragioni di queste nuove condizioni in un fatto politico, contingente, ma quando vanta quella falsa riforma della successione al trono allude, esplicitamente, ad un fenomeno più generale, economico: la crescente cessione di terre regie all’aristocrazia diviene la risposta ‘politica’ ad una crisi più generale che ha ormai investito l’economia stessa del governo centrale. A Shuppiluliuma (1370-1342) sarà offerta l’occasione del riscatto, la riunificazione e la creazione di un nuovo Stato, ancor più vasto (e internazionale) di quello dei suoi predecessori. Dopo aver risolto l’annoso problema dei Kashka e dei Kayasha, tribù nomadi del Mar Nero che sin dal periodo del padre, Tudkhalya III, avevano minacciato l’equilibrio del paese, intrattenne rapporti diplomatici con i regnanti di Mitanni, l’importante formazione culturale posta in Alta Siria, per aprirsi un varco alla conquista del Sud e, dopo averli sottomessi, raggiungere e città di Qatna e Qadesh. L’intenzione non fu però quella di arrestarsi a questo confine, ma di entrare sin dentro le vene dell’Egitto faraonico. Shuppiluliuma approfitterà, infatti, della richiesta di soccorso avanzata dalla vedova di Amenophi IV (opposta all’ambiente di Tebe) inviando suo figlio e ingaggiando, a seguito della sua immediata esecuzione, il primo, antesignano, scontro nella valle della Beqa, vicino Damasco. È questa schermaglia, seguita da una breve fase di recessione connessa al diffondersi di una pestilenza, l’antecedente della celebre Battaglia di Qadesh (1279) tra gli eserciti di Ramses II e quelli di Muwatalli, da poco succeduto a Murshili II. Gli egiziani, nel tempio di Luxor, la ricorderanno come una grande vittoria, ma la realtà storica chiarisce quanto la menzogna fosse necessaria alla propaganda: l’esercito hittita non solo respinse a Qadesh l’avanzata faraonica ma, salito al trono Khattushili III, il grande Ramses II fu costretto a firmare un trattato di pace tra due blocchi, paritetico. È certo più articolata di questa sintesi la storia dell’Impero hittita, ma dopo Qadesh sembra evidente come il colosso non fosse più in grado di potersi sostenere, da Est Tudkhaya IV dovrà cominciare il lungo contenimento delle armate assire e gli ultimi sovrani della lunga dinastia, Arnuwanda III e Shuppiluliuma II, non solo perderanno i terreni conquistati in precedenza, ma assisteranno anche al lento disgregarsi, in piccole unità territoriali indipendenti, del regno. Gli Stati Neohittiti, Tabal, Khilakku, Que, Gurgum, Patina, Karchemish, Kumukh e Malatya saranno pressati ad Est dalla dirompente avanzata assira, a Sud da quella egizia, ad Ovest dal costituirsi di una nuova entità politica e territoriale, i Frigi. Al loro interno, lingua, cultura e organizzazione sono ormai cambiate, ma soprattutto quell’aspettativa imperiale che aveva animato la prima ascesa di Murshili I, le conquiste di Shuppiluliuma, e la vittoria di Muwatalli è definitivamente svanita. I Ciprioti: la Storia L’isola di Cipro, posta davanti la costa levantina, è scrigno di una tradizione millenaria che solo di recente è analizzata, sul piano storico e archeologico, in modo unitario. Se l’insularità è quell’elemento qualificante che circoscrive la cultura cipriota su un piano politico e territoriale, la sua collocazione, in una strategica posizione tra Vicino Oriente e Mediterraneo Occidentale, luogo di transito e scambio continui, ne ha favorito, da sempre, una crescita multiculturale e transnazionale. La formazione dei primi gruppi sedentari è quella riconosciuta anche nel Neolitico levantino e anatolico: gli agricoltori e gli allevatori delle cinquanta abitazioni di Khirokitia, sito esteso per oltre 250 acri, vivono in piccole case circolari e, nel Calcolitico, questa economia di villaggio mostrerà i caratteri di una forte continuità, sociale e simbolica, con quel passato. Anche la transizione all’Età del Bronzo non avviene, d’altronde, in forme catastrofiche: le comunità dell’isola sembrano evolvere dall’interno una maggiore complessità organizzativa. Questo indica un particolarissimo modellino di recinto circolare sacro in argilla che proviene da Vounous (Kerynia) nel quale una serie di personaggi, modellati e poggiati sulla superficie interna, procedono, verosimilmente, all’esecuzione di un rito (2100-2000); e questo indica anche la produzione di vasi, teriomorfi e antropomorfi, simile a quella attestata, contemporaneamente, in Anatolia. Sul finire del XVI secolo, alle soglie della fase ora conosciuta come Periodo Tardo Cipriota I (1600-1450), una tavoletta frammentaria da Enkomi sembra far uscire l’isola dal silenzio della scrittura, ma dopo il riconoscimento di Sir Arthur Evans di quella lingua incisa come “cipro-minoica”, non si riuscì mai a decifrare i pochi segni raccolti. Nel 1400 ca., in ogni caso, ceramica, glittica e orificeria cipriote sono ascritte allo stile cosiddetto egeo-anatolico e, con la caduta di Cnosso, sembra evidente l’installarsi di micenei nell’isola che attivano mantengono forti legami con l’Anatolia. Di questa fervente, nuova, attività, confermata dai testi di Tell e-Amarna, la documentazione più spettacolare è provenuta dal rinvenimento di 350 pani di rame (10 tonnellate di metallo) nel relitto di Uluburun (sulla costa sud-occidentale della Turchia), rame che, l’analisi all’isotopo del piombo, ha stabilito provenire dall’isola. Due eventi, in ultimo, sembrano aver contribuito a spostare l’asse dell’isola dalla polarità della presenza micenea a quello della presenza fenicia: la catastrofe naturale che si abbatte nel 1075 e il celebre prisma di Esarhaddon che evoca la ricostruzione del suo palazzo a Ninive (673/2). Entrati in Cipro a seguito della sciagura, i Fenici contribuirono decisamente a rinnovare il patrimonio artistico cipriota tanto che, nel prisma, il re d’Assiria farà annoverare i nomi di ben 10 città cipriote, centri che già erano dal 709 sotto la dominazione assira, ma che, come documentato dalla fine del periodo geometrico (725), avevano sensibilmente spostato i loro interessi, politici, economici e commerciali, dall’Egeo al Mediterraneo orientale.

Ittiti, Fenici e Ciprioti / Ramazzotti, Marco. - STAMPA. - (2006), pp. 357-388.

Ittiti, Fenici e Ciprioti

RAMAZZOTTI, Marco
2006

Abstract

Archaeology and History of the Ancient Near East (the Hittites, Phoenicians and Cypriots) The Phoenicians: the StoriaL'attuale geopolitical boundary coincides with that of Lebanon, from the archaeological sites of Tell Suqas Acco north and south, it may be, is likely to , considered the mother land of phoinkes. It is with this term, corresponding to the Mycenaean po-ni-ki-ja, whose roots emerge in greek phoinix, red, purple, which is identified consistency of language, culture and art of the Phoenicians, and just Phoenicia, the eastern coast of the Mediterranean , already inhabited, was the scene of major events and political processes at the dawn of the Iron Age. The twelfth century is impressed, in fact, in the historical memory of the Ancient Near East, such as the onset of the "Sea Peoples." What was the relationship with the Phoenicians is, still, a Gordian knot because the Phoenicians were the People of the Mediterranean Sea, but also because their ancient history traces developments in the local Bronze Age Syrian, Palestinian, Lebanese, and was the history of a slow conquest of the crust of the earth, or - if you want to be less optimistic - the story of a slow pressure exerted by the Philistines, Jews and Syrians on the coast to build a coalition and radicalize merchant that identity, which is the unique trait and renounced the Phoenician ports. In the eleventh century., When the emissary of an Egyptian temple, such Wenamon, was sent to treat wood supplies in Byblos, just north of Beirut, wait several days before being taken to the court of Prince Zakerbaal. Waiting tells us (most of the contract) the autonomy of Byblos, in this case, it seems wonderfully take advantage of those constraints that exercise political and military of the Peoples of the Sea appears to have posed to the great Egypt. In the new mosaic of international relations Phoenicia is not simply a territorial unit stops. Diplomatic relations within it are in constant motion so that, in the tenth century., The center of gravity of economic power seems to have already moved to Tyre, where indirect sources, reminiscent of the political-military Hiram (969-936) against the center of the Cyprus Kition that does not pay the tax, and the political-diplomatic service given to David and Solomon to build the Temple in Jerusalem. This historical profile depends on Josephus, who has to be guided by "Annals of Tyre," and the Old Testament, where everything tends to the celebration of the Temple of Solomon, but appear to be sufficient to detect the lines of political and diplomatic Tyre. Its incidence and diplomatic policy within the coalition and its relations with other States Territorial seems to stop only with Ittobaal (887-856) who, according to Josephus, appealed as "King of the Beach and Sidon." The epithet alluding perhaps to some event that still escapes the understanding of history, but invites us to consider the formation of a new government (and perhaps a new organization), which coordinates the various centers Phoenicians, an order centered on Tyre and Sidon, which will be For the first time, broken as a result of the military campaigns of Assurbanipal (883-859), the important Assyrian king who broke all resistance of the Syro-Palestinian region, will also get the tribute of Byblos. But these victories are not completely disarm Phoenicia, it appears allied in a coalition (along with other Syrian cities) against the successor, Shalmaneser III (858-824), although at the first clash, the quota of Arado, Syrian island, can now count only 300 tanks. The presence, as has been noted, it is only symbolic, but a prelude to a revival, for a change, this time radical center of gravity of the political, economic and commercial. Just when the coalition was defeated in 814 BC under Pygmalion king of Tyre (820-774), some exiles founded on the coast of North Africa, Carthage, center extraordinary pre-classical antiquity, celebrated in myth reported by Justin, not surpri
2006
Enciclopedia Universale dell’Arte
Archeologia e Storia dell'Arte del Vicino Oriente antico (Ittiti, Fenici e Ciprioti) I Fenici: la Storia L’attuale confine geopolitico del Libano coincide con quella che, dai centri archeologici di Tell Suqas a Nord e Acco a Sud, può essere, verosimilmente, considerata la madre terra dei phoinkes. È con questo termine, corrispondente al miceneo po-ni-ki-ja, le cui radici affiorano nel greco phoinix, rosso porpora, che viene identificata la coerenza di lingua, cultura e arte dei Fenici; e proprio la Fenicia, costa orientale del Mediterraneo, già abitata, fu teatro di grandi eventi e processi politici all’alba dell’Età del Ferro. Il XII secolo è impresso, infatti, nella memoria storica del Vicino Oriente Antico, come il momento della comparsa dei «Popoli del Mare». Quale fosse la relazione con i Fenici è, tuttora, un nodo gordiano perché i Fenici sono stati il Popolo del Mare Mediterraneo, ma anche perché la loro storia più antica affonda negli sviluppi locali dell’Età del Bronzo Siriana, Palestinese, Libanese e fu la storia di una lenta conquista di quella crosta di terra, oppure – se si volesse essere meno ottimisti – la storia di una lenta pressione esercitata da Filistei, Ebrei e Aramei sulla costa a coalizzare e radicalizzare quell’identità mercantile, che è il tratto unico e irrinunciabile dei porti fenici. Nell’XI sec., quando l’emissario di un Tempio egiziano, tale Wenamon, viene mandato a trattare forniture di legno a Biblo, poco a Nord di Beirut, attenderà molti giorni prima di essere accolto alla corte del principe Zakerbaal. L’attesa ci racconta (più del contratto) l’autonomia di Biblo che, in questo caso, sembra approfittare mirabilmente di quei vincoli che l’esercizio politico e militare dei Popoli del Mare sembra aver posto al grande Egitto. Nel nuovo mosaico di rapporti internazionali la Fenicia non è una semplice unità territoriale, ferma. Le relazioni diplomatiche al suo interno sono in continuo movimento tanto che, nel X sec., il baricentro del potere economico sembra essersi già spostato a Tiro, dove, fonti indirette, ricordano l’azione politico-militare di Hiram (969-936) contro il centro cipriota di Kition che non paga il tributo, e quella politico-diplomatica di servizio prestata a Salomone e Davide per la costruzione del Tempio di Gerusalemme. Questo profilo storico dipende da Giuseppe Flavio, che vanta di ispirarsi agli «Annali di Tiro», e dall’Antico Testamento, dove ogni dettaglio tende alla celebrazione del Tempio di Salomone, ma sembrano sufficienti a rilevare le linee dell’azione politica e diplomatica di Tiro. La sua incidenza politica e diplomatica all’interno della coalizione e nei rapporti con gli altri Stati Territoriali sembra interrompersi solo con Ittobaal (887- 856) che, sempre secondo Giuseppe Flavio, è appellato in qualità di «re dei Tiri e di Sidone». L’epiteto allude forse a qualche evento che ancora sfugge alla comprensione storica, ma ci invita a considerare il formarsi di un nuovo governo (e forse di una nuova organizzazione) che coordina i diversi centri fenici; un ordine centrato su Tiro e Sidone che verrà, per la prima volta, infranto a seguito delle campagne militari di Assurbanipal (883-859), l’importante re assiro che, spezzata ogni resistenza delle regioni siro-palestinesi, otterrà anche il tributo di Biblo. Ma queste vittorie non disarmano completamente la Fenicia, essa compare alleata in una coalizione (insieme ad altre città siriane) contro il successore, Salmanassar III (858-824), anche se in occasione del primo scontro, il contingente di Arado, isola siriana, può ormai contare solo 300 armati. La presenza, come è stato notato, è solo simbolica, ma prelude ad una rinascita, ad un cambiamento, questa volta radicale, del baricentro politico, economico e commerciale. Proprio quando la coalizione viene sconfitta, nell’814 a.C., sotto Pigmalione re di Tiro (820-774), alcuni fuoriusciti fondano, sulle coste dell’Africa Settentrionale, Cartagine, centro straordinario dell’antichità preclassica, celebrato nel mito riportato da Giustino, non a caso, come la nuova patria di Elissa-Didone. Costretta ad abbandonare l’isola nativa per le persecuzioni del fratello Pigmalione, il mito ricorda la principessa suicida in un rogo per sfuggire al matrimonio, sgradito, con il re africano Iarba. Ittiti: la Storia È l’Anatolia, nel cuore dell’odierna Turchia, l’epicentro di quello che storici e archeologi hanno definito il primo Stato hittita. Tra il 1650 e il 1600 i due sovrani Khattushili I e Murshili I dilagano in Siria e Mesopotamia ponendo fine ai regni di Babilonia (Bassa Mesopotamia) e Yamkhad (Alta Siria). Ebla, l’antica potenza nord siriana, verrà «infranta come un vaso»: questo annovera un testo, ormai famoso, rinvenuto nella leggendaria capitale Hattusha (moderna Bogazköy). Ma la storia della formazione ha radici ancor più profonde, enigmatiche, e difficili da ricomporre: sembrano le prime conquiste di Anitta di Kushara e il trasferimento della capitale a Nesha (Kanesh) il modello, epico ma anche politico, cui faranno riferimento gli epigoni. Dopo le conquiste di Murshili I, il regno attraversa una fase di contrazione, complessa, si assiste alla frammentazione del potere in autonomie locali, subordinate a vincoli di vassallaggio e sempre pericolanti, instabili. L’«Editto di Telipinu», usurpatore coinvolto in un regicidio, sembra trasformare le ragioni di queste nuove condizioni in un fatto politico, contingente, ma quando vanta quella falsa riforma della successione al trono allude, esplicitamente, ad un fenomeno più generale, economico: la crescente cessione di terre regie all’aristocrazia diviene la risposta ‘politica’ ad una crisi più generale che ha ormai investito l’economia stessa del governo centrale. A Shuppiluliuma (1370-1342) sarà offerta l’occasione del riscatto, la riunificazione e la creazione di un nuovo Stato, ancor più vasto (e internazionale) di quello dei suoi predecessori. Dopo aver risolto l’annoso problema dei Kashka e dei Kayasha, tribù nomadi del Mar Nero che sin dal periodo del padre, Tudkhalya III, avevano minacciato l’equilibrio del paese, intrattenne rapporti diplomatici con i regnanti di Mitanni, l’importante formazione culturale posta in Alta Siria, per aprirsi un varco alla conquista del Sud e, dopo averli sottomessi, raggiungere e città di Qatna e Qadesh. L’intenzione non fu però quella di arrestarsi a questo confine, ma di entrare sin dentro le vene dell’Egitto faraonico. Shuppiluliuma approfitterà, infatti, della richiesta di soccorso avanzata dalla vedova di Amenophi IV (opposta all’ambiente di Tebe) inviando suo figlio e ingaggiando, a seguito della sua immediata esecuzione, il primo, antesignano, scontro nella valle della Beqa, vicino Damasco. È questa schermaglia, seguita da una breve fase di recessione connessa al diffondersi di una pestilenza, l’antecedente della celebre Battaglia di Qadesh (1279) tra gli eserciti di Ramses II e quelli di Muwatalli, da poco succeduto a Murshili II. Gli egiziani, nel tempio di Luxor, la ricorderanno come una grande vittoria, ma la realtà storica chiarisce quanto la menzogna fosse necessaria alla propaganda: l’esercito hittita non solo respinse a Qadesh l’avanzata faraonica ma, salito al trono Khattushili III, il grande Ramses II fu costretto a firmare un trattato di pace tra due blocchi, paritetico. È certo più articolata di questa sintesi la storia dell’Impero hittita, ma dopo Qadesh sembra evidente come il colosso non fosse più in grado di potersi sostenere, da Est Tudkhaya IV dovrà cominciare il lungo contenimento delle armate assire e gli ultimi sovrani della lunga dinastia, Arnuwanda III e Shuppiluliuma II, non solo perderanno i terreni conquistati in precedenza, ma assisteranno anche al lento disgregarsi, in piccole unità territoriali indipendenti, del regno. Gli Stati Neohittiti, Tabal, Khilakku, Que, Gurgum, Patina, Karchemish, Kumukh e Malatya saranno pressati ad Est dalla dirompente avanzata assira, a Sud da quella egizia, ad Ovest dal costituirsi di una nuova entità politica e territoriale, i Frigi. Al loro interno, lingua, cultura e organizzazione sono ormai cambiate, ma soprattutto quell’aspettativa imperiale che aveva animato la prima ascesa di Murshili I, le conquiste di Shuppiluliuma, e la vittoria di Muwatalli è definitivamente svanita. I Ciprioti: la Storia L’isola di Cipro, posta davanti la costa levantina, è scrigno di una tradizione millenaria che solo di recente è analizzata, sul piano storico e archeologico, in modo unitario. Se l’insularità è quell’elemento qualificante che circoscrive la cultura cipriota su un piano politico e territoriale, la sua collocazione, in una strategica posizione tra Vicino Oriente e Mediterraneo Occidentale, luogo di transito e scambio continui, ne ha favorito, da sempre, una crescita multiculturale e transnazionale. La formazione dei primi gruppi sedentari è quella riconosciuta anche nel Neolitico levantino e anatolico: gli agricoltori e gli allevatori delle cinquanta abitazioni di Khirokitia, sito esteso per oltre 250 acri, vivono in piccole case circolari e, nel Calcolitico, questa economia di villaggio mostrerà i caratteri di una forte continuità, sociale e simbolica, con quel passato. Anche la transizione all’Età del Bronzo non avviene, d’altronde, in forme catastrofiche: le comunità dell’isola sembrano evolvere dall’interno una maggiore complessità organizzativa. Questo indica un particolarissimo modellino di recinto circolare sacro in argilla che proviene da Vounous (Kerynia) nel quale una serie di personaggi, modellati e poggiati sulla superficie interna, procedono, verosimilmente, all’esecuzione di un rito (2100-2000); e questo indica anche la produzione di vasi, teriomorfi e antropomorfi, simile a quella attestata, contemporaneamente, in Anatolia. Sul finire del XVI secolo, alle soglie della fase ora conosciuta come Periodo Tardo Cipriota I (1600-1450), una tavoletta frammentaria da Enkomi sembra far uscire l’isola dal silenzio della scrittura, ma dopo il riconoscimento di Sir Arthur Evans di quella lingua incisa come “cipro-minoica”, non si riuscì mai a decifrare i pochi segni raccolti. Nel 1400 ca., in ogni caso, ceramica, glittica e orificeria cipriote sono ascritte allo stile cosiddetto egeo-anatolico e, con la caduta di Cnosso, sembra evidente l’installarsi di micenei nell’isola che attivano mantengono forti legami con l’Anatolia. Di questa fervente, nuova, attività, confermata dai testi di Tell e-Amarna, la documentazione più spettacolare è provenuta dal rinvenimento di 350 pani di rame (10 tonnellate di metallo) nel relitto di Uluburun (sulla costa sud-occidentale della Turchia), rame che, l’analisi all’isotopo del piombo, ha stabilito provenire dall’isola. Due eventi, in ultimo, sembrano aver contribuito a spostare l’asse dell’isola dalla polarità della presenza micenea a quello della presenza fenicia: la catastrofe naturale che si abbatte nel 1075 e il celebre prisma di Esarhaddon che evoca la ricostruzione del suo palazzo a Ninive (673/2). Entrati in Cipro a seguito della sciagura, i Fenici contribuirono decisamente a rinnovare il patrimonio artistico cipriota tanto che, nel prisma, il re d’Assiria farà annoverare i nomi di ben 10 città cipriote, centri che già erano dal 709 sotto la dominazione assira, ma che, come documentato dalla fine del periodo geometrico (725), avevano sensibilmente spostato i loro interessi, politici, economici e commerciali, dall’Egeo al Mediterraneo orientale.
Arte orientale; Ittiti; Fenici; Ciprioti; Archeologia e Storia dell'Arte del Vicino Oriente antico
02 Pubblicazione su volume::02d Voce di Enciclopedia/Dizionario
Ittiti, Fenici e Ciprioti / Ramazzotti, Marco. - STAMPA. - (2006), pp. 357-388.
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