Comprendere e delineare l’atteggiamento ottocentesco – soprattutto romano – nei confronti delle preesistenze, implica il riferimento alle sue possibili interrelazioni e l’individuazione di quanti e quali siano i segni di ‘continuità’ o quelli di ‘rottura’ fra le varie cadenze storiche legate indissolubilmente l’una all’altra. Specialmente in termini d’idee, molti ‘nodi’ appaiono già individuati fin dalla metà del Settecento; peraltro, con l’affermarsi della moderna consapevolezza, tutela e restauro tendono a confluire in azioni concrete di difesa, ma c’è da chiedersi, quante e quali sono le anticipazioni? Alla fine del Settecento Roma appare ristretta entro la cerchia della mura, la situazione è statica e l’apparato di Stato non facilita il mutamento e lo sviluppo. Quando arrivano gli echi di conflittualità lontane, ricche di avvenimenti ed è la stessa Chiesa ad essere messa in discussione, Roma si apre ai nuovi valori: non è sorda a proposte e curiosità, anche se frammentarietà e centralizzazione si fronteggiano tanto che si procede mediante continui accomodamenti atti a conciliare la realtà romana con le mutate esigenze del tempo. Anche, l’opera legislativa e amministrativa s’inserisce nel processo di trasformazione della città. Col tempo, cominciano a mutare alcuni aspetti; in particolare, si profila un’attenzione concreta alle sue condizioni, che si fa più vivace negli anni Cinquanta, quando, al centro del dibattito internazionale, offre il piacere del “pittoresco” e del “diverso”. Il fascino delle cose passate focalizza l’attenzione di coloro che amano maggiormente l’antichità e desiderano ritrovarla attraverso precise e rigorose procedure d’indagine; parallelamente, si fa più acuto il desiderio di restauri e il pensiero va innanzitutto al “Foro” dove l’operazione di scavo diviene un’attività caratterizzante. L’interesse per l’antico tende ad assumere intonazioni quanto mai diversificate, inoltre, quando si acquisisce una sempre più precisa e generalizzata consapevolezza dell’esigenza di presentare in modo autentico il passato, si sviluppano atteggiamenti di cautela e di sostanziale rispetto. Tale marcata sfumatura archeologica, fa prevalere gli interessi storici su quelli estetici. Non è dunque un caso che sia proprio l’approccio all’antico quale sistema analitico a consentire indirettamente l’acquisizione moderna dei metodi e delle tecniche del restauro e non è marginale il fatto che sia proprio Roma, con il suo scenario carico di significati, a promuovere un confronto vivo e partecipe con il passato, accompagnandolo con evidenti propensioni conservative.
Note in margine ai 'mutamenti' di Roma nell'Ottocento / Sette, Maria Piera. - STAMPA. - (2007), pp. 9-13.
Note in margine ai 'mutamenti' di Roma nell'Ottocento
SETTE, Maria Piera
2007
Abstract
Comprendere e delineare l’atteggiamento ottocentesco – soprattutto romano – nei confronti delle preesistenze, implica il riferimento alle sue possibili interrelazioni e l’individuazione di quanti e quali siano i segni di ‘continuità’ o quelli di ‘rottura’ fra le varie cadenze storiche legate indissolubilmente l’una all’altra. Specialmente in termini d’idee, molti ‘nodi’ appaiono già individuati fin dalla metà del Settecento; peraltro, con l’affermarsi della moderna consapevolezza, tutela e restauro tendono a confluire in azioni concrete di difesa, ma c’è da chiedersi, quante e quali sono le anticipazioni? Alla fine del Settecento Roma appare ristretta entro la cerchia della mura, la situazione è statica e l’apparato di Stato non facilita il mutamento e lo sviluppo. Quando arrivano gli echi di conflittualità lontane, ricche di avvenimenti ed è la stessa Chiesa ad essere messa in discussione, Roma si apre ai nuovi valori: non è sorda a proposte e curiosità, anche se frammentarietà e centralizzazione si fronteggiano tanto che si procede mediante continui accomodamenti atti a conciliare la realtà romana con le mutate esigenze del tempo. Anche, l’opera legislativa e amministrativa s’inserisce nel processo di trasformazione della città. Col tempo, cominciano a mutare alcuni aspetti; in particolare, si profila un’attenzione concreta alle sue condizioni, che si fa più vivace negli anni Cinquanta, quando, al centro del dibattito internazionale, offre il piacere del “pittoresco” e del “diverso”. Il fascino delle cose passate focalizza l’attenzione di coloro che amano maggiormente l’antichità e desiderano ritrovarla attraverso precise e rigorose procedure d’indagine; parallelamente, si fa più acuto il desiderio di restauri e il pensiero va innanzitutto al “Foro” dove l’operazione di scavo diviene un’attività caratterizzante. L’interesse per l’antico tende ad assumere intonazioni quanto mai diversificate, inoltre, quando si acquisisce una sempre più precisa e generalizzata consapevolezza dell’esigenza di presentare in modo autentico il passato, si sviluppano atteggiamenti di cautela e di sostanziale rispetto. Tale marcata sfumatura archeologica, fa prevalere gli interessi storici su quelli estetici. Non è dunque un caso che sia proprio l’approccio all’antico quale sistema analitico a consentire indirettamente l’acquisizione moderna dei metodi e delle tecniche del restauro e non è marginale il fatto che sia proprio Roma, con il suo scenario carico di significati, a promuovere un confronto vivo e partecipe con il passato, accompagnandolo con evidenti propensioni conservative.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.