Il contributo analizza l’inedita fattispecie archiviativa introdotta all’art. 405, comma 1-bis, c.p.p. dalla legge n. 46 del 2006, esprimendo plurimi rilievi critici nei confronti della scelta legislativa di correlare la richiesta di archiviazione alla decisione della Corte di cassazione “in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell'articolo 273”. A rigore, la formulazione normativa impiegata pare tanto corriva da rendere inoperante lo stesso meccanismo, per difetto del presupposto applicativo su cui si fonda: a ben vedere, infatti, la Suprema Corte ai sensi dell’art. 606 c.p.p. non si pronuncia mai direttamente sulla sussistenza del fumus commissi delicti, limitandosi a verificare che sia correttamente motivata l’ordinanza che l’ha escluso o che non lo sia l’ordinanza che l’ha ritenuta sussistente. In ogni caso, l’Autore si fa carico del tentativo di attribuire alla previsione un significato tale da restituirle operatività, riferendo il maldestro richiamo all’eventualità in cui la Cassazione, non rilevando alcun vizio di motivazione, rigetti un ricorso contro un provvedimento cautelare di merito che abbia già negato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Ma neppure questa lettura pare in grado di sottrarre l’art. 405, comma 1-bis, c.p.p. a rilevanti dubbi di ragionevolezza: da un lato, il legislatore non sembra aver tenuto in considerazione né la circostanza che “gravità indiziaria” e “idoneità degli elementi a sostenere l’accusa in giudizio” evocano condizioni concettualmente diverse (l’una esprime un giudizio di colpevolezza allo stato degli atti, l’altra postula una prognosi sulla fertilità accusatoria degli elementi raccolti), né il fatto che nei due contesti operano differenti regole di ammissione, di formazione e di valutazione degli elementi probatori. Né, peraltro, sembra essersi avveduto che un’accorta selezione dei materiali da sottoporre al giudice cautelare consentirebbe al p.m. di precostituirsi il presupposto che lo costringa per tabulas a richiedere l’archiviazione. La consapevolezza di tali inaccettabili implicazioni induce l’Autore a ritenere che l’art. 405, comma 1-bis, c.p.p. sia una previsione irrimediabilmente affetta da un “deficit di senso” cui nessuna operazione di ortopedia ermeneutica appare capace di porre rimedio, destinata a subire - se non riformata - le censure della Corte costituzionale.

Una norma "in difficoltà di senso": il nuovo comma 1-bis dell'art. 405 c.p.p / Giostra, Glauco. - STAMPA. - 1(2007), pp. 339-359.

Una norma "in difficoltà di senso": il nuovo comma 1-bis dell'art. 405 c.p.p.

GIOSTRA, GLAUCO
2007

Abstract

Il contributo analizza l’inedita fattispecie archiviativa introdotta all’art. 405, comma 1-bis, c.p.p. dalla legge n. 46 del 2006, esprimendo plurimi rilievi critici nei confronti della scelta legislativa di correlare la richiesta di archiviazione alla decisione della Corte di cassazione “in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell'articolo 273”. A rigore, la formulazione normativa impiegata pare tanto corriva da rendere inoperante lo stesso meccanismo, per difetto del presupposto applicativo su cui si fonda: a ben vedere, infatti, la Suprema Corte ai sensi dell’art. 606 c.p.p. non si pronuncia mai direttamente sulla sussistenza del fumus commissi delicti, limitandosi a verificare che sia correttamente motivata l’ordinanza che l’ha escluso o che non lo sia l’ordinanza che l’ha ritenuta sussistente. In ogni caso, l’Autore si fa carico del tentativo di attribuire alla previsione un significato tale da restituirle operatività, riferendo il maldestro richiamo all’eventualità in cui la Cassazione, non rilevando alcun vizio di motivazione, rigetti un ricorso contro un provvedimento cautelare di merito che abbia già negato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Ma neppure questa lettura pare in grado di sottrarre l’art. 405, comma 1-bis, c.p.p. a rilevanti dubbi di ragionevolezza: da un lato, il legislatore non sembra aver tenuto in considerazione né la circostanza che “gravità indiziaria” e “idoneità degli elementi a sostenere l’accusa in giudizio” evocano condizioni concettualmente diverse (l’una esprime un giudizio di colpevolezza allo stato degli atti, l’altra postula una prognosi sulla fertilità accusatoria degli elementi raccolti), né il fatto che nei due contesti operano differenti regole di ammissione, di formazione e di valutazione degli elementi probatori. Né, peraltro, sembra essersi avveduto che un’accorta selezione dei materiali da sottoporre al giudice cautelare consentirebbe al p.m. di precostituirsi il presupposto che lo costringa per tabulas a richiedere l’archiviazione. La consapevolezza di tali inaccettabili implicazioni induce l’Autore a ritenere che l’art. 405, comma 1-bis, c.p.p. sia una previsione irrimediabilmente affetta da un “deficit di senso” cui nessuna operazione di ortopedia ermeneutica appare capace di porre rimedio, destinata a subire - se non riformata - le censure della Corte costituzionale.
2007
Impugnazioni e regole di giudizio nella legge di riforma del 2006
9788834873618
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Una norma "in difficoltà di senso": il nuovo comma 1-bis dell'art. 405 c.p.p / Giostra, Glauco. - STAMPA. - 1(2007), pp. 339-359.
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