C’è un sapere speciale che consente di porre riparo ai conflitti in un modo che nessun altro sapere saprebbe garantire: non la politica, non l’economia, non la filosofia, non la religione. Questo sapere è il diritto. Così Karl Llewellyn si fa cantore delle virtù ristoratrici del sapere giuridico, che conferiscono al diritto una ineguagliata capacità di assicurare la continuità della vita sociale. Nel suo saggio più compiuto e maturo, Il normativo, il giuridico e i compiti del diritto, pubblicato nel 1940, egli delinea una teoria che supera gli steccati disciplinari e presenta il diritto come l’ambito che si fa garante della vita sociale. Il diritto è una tecnica capace di porre riparo ai conflitti e che dalla risoluzione dei casi più complicati sa trarre un’energia e una capacità d’imporsi tali da assicurare una plastica resistenza agli urti. Un sapere rimediale, quindi, che però s’irradia via via su tutti quegli aspetti della vita umana in cui interessi divergenti e aspettative deluse potrebbero creare frizioni e strappi. Come tale – questa l’intuizione folgorante di Llewellyn – il diritto è un sapere ubiquo, su cui deve poter contare qualsiasi gruppo (da due persone in su) voglia resistere alle aggressioni del tempo e dei conflitti interni. A partire da questa innata diffusività, Llewellyn illustra come dal diritto interno ai numerosi gruppi compresenti nello stesso contesto geo-storico si arrivi alla creazione di un sistema giuridico più ampio, valido per tutti i gruppi. In tal modo, Llewellyn propone ben più che una teoria giuridica: il compito del diritto è nientemeno che assicurare la sussistenza dei gruppi sociali, permetterne la trasformazione interna e garantirne un’integrazione virtuosa con l’esterno.
Il normativo, il giuridico e i compiti del diritto / Croce, Mariano. - (2021), pp. 17-88.
Il normativo, il giuridico e i compiti del diritto
Mariano Croce
2021
Abstract
C’è un sapere speciale che consente di porre riparo ai conflitti in un modo che nessun altro sapere saprebbe garantire: non la politica, non l’economia, non la filosofia, non la religione. Questo sapere è il diritto. Così Karl Llewellyn si fa cantore delle virtù ristoratrici del sapere giuridico, che conferiscono al diritto una ineguagliata capacità di assicurare la continuità della vita sociale. Nel suo saggio più compiuto e maturo, Il normativo, il giuridico e i compiti del diritto, pubblicato nel 1940, egli delinea una teoria che supera gli steccati disciplinari e presenta il diritto come l’ambito che si fa garante della vita sociale. Il diritto è una tecnica capace di porre riparo ai conflitti e che dalla risoluzione dei casi più complicati sa trarre un’energia e una capacità d’imporsi tali da assicurare una plastica resistenza agli urti. Un sapere rimediale, quindi, che però s’irradia via via su tutti quegli aspetti della vita umana in cui interessi divergenti e aspettative deluse potrebbero creare frizioni e strappi. Come tale – questa l’intuizione folgorante di Llewellyn – il diritto è un sapere ubiquo, su cui deve poter contare qualsiasi gruppo (da due persone in su) voglia resistere alle aggressioni del tempo e dei conflitti interni. A partire da questa innata diffusività, Llewellyn illustra come dal diritto interno ai numerosi gruppi compresenti nello stesso contesto geo-storico si arrivi alla creazione di un sistema giuridico più ampio, valido per tutti i gruppi. In tal modo, Llewellyn propone ben più che una teoria giuridica: il compito del diritto è nientemeno che assicurare la sussistenza dei gruppi sociali, permetterne la trasformazione interna e garantirne un’integrazione virtuosa con l’esterno.File | Dimensione | Formato | |
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