Il memoriale di Washington dedicato ai veterani della guerra del Vietnam è un anti-monumento e come tale non può che nascere da un atto di sottrazione, frutto, come è noto, semplicemente dell'incisione dei nomi dei morti, in ordine di scomparsa, su una parete a forma di “V”, rivestita in granito nero lucidato e incassata nel terreno. Ma prima ancora di qualsiasi giudizio sul valore architettonico e del paesaggio, rappresenta un momento fondamentale nella storia americana, avendo accelerato un processo di elaborazione del trauma di un conflitto doloroso e contestato, e attraversando, oltre alla vicenda della guerra del Vietnam, i diritti civili, la questione razziale, il conflitto generazionale, il movimento per la parità di genere. Il VVM suggerisce un uso dello spazio, è accessibile e privo di barriere e di regole di comportamento, fuso con i percorsi del Mall, ma anche in grado di fornire protezione e riparo (dal rumore, dal traffico urbano) a chi completa l’esperienza del memoriale. La lettura del luogo e il momento del ricordo diventano istanti molto privati e intimi, e al tempo stesso collettivi, come leggere un libro in uno spazio pubblico. L’approccio è esperienziale e catartico: si lascia che il visitatore tocchi, a volte abbracci, il monumento; le persone lasciano messaggi, fiori, oggetti vari e fotografie alla base del muro, alcuni di loro si portano con sé un nome, trasferendolo sulla carta attraverso la tecnica del frottage. L’aspetto più innovativo del VVM è contenuto nella ricerca dell’interazione con l’utente e nell’uso della memoria come strumento di coinvolgimento. Il memoriale stabilisce un sentimento di empatia con il visitatore che si apre ad una percezione plurisensoriale che attiva un tempo di identificazione del visitatore con i nomi in cui letteralmente “si specchia”, mentre “entra” nel memoriale che riflette la sua immagine tra i nomi dei morti, facendolo partecipare della tragedia. Lo spettatore costruisce così una memoria mutando il ricordo, che si fonda sulla propria coscienza, in una risposta “affettiva” che permette alla violenza iniziale di guarire nel tempo, ma lasciando un ricordo indelebile come una cicatrice.
La cicatrice aperta: il Vietnam Memorial di Maya Lin a Washington / Reale, Luca. - (2021), pp. 52-65.
La cicatrice aperta: il Vietnam Memorial di Maya Lin a Washington
Luca Reale
2021
Abstract
Il memoriale di Washington dedicato ai veterani della guerra del Vietnam è un anti-monumento e come tale non può che nascere da un atto di sottrazione, frutto, come è noto, semplicemente dell'incisione dei nomi dei morti, in ordine di scomparsa, su una parete a forma di “V”, rivestita in granito nero lucidato e incassata nel terreno. Ma prima ancora di qualsiasi giudizio sul valore architettonico e del paesaggio, rappresenta un momento fondamentale nella storia americana, avendo accelerato un processo di elaborazione del trauma di un conflitto doloroso e contestato, e attraversando, oltre alla vicenda della guerra del Vietnam, i diritti civili, la questione razziale, il conflitto generazionale, il movimento per la parità di genere. Il VVM suggerisce un uso dello spazio, è accessibile e privo di barriere e di regole di comportamento, fuso con i percorsi del Mall, ma anche in grado di fornire protezione e riparo (dal rumore, dal traffico urbano) a chi completa l’esperienza del memoriale. La lettura del luogo e il momento del ricordo diventano istanti molto privati e intimi, e al tempo stesso collettivi, come leggere un libro in uno spazio pubblico. L’approccio è esperienziale e catartico: si lascia che il visitatore tocchi, a volte abbracci, il monumento; le persone lasciano messaggi, fiori, oggetti vari e fotografie alla base del muro, alcuni di loro si portano con sé un nome, trasferendolo sulla carta attraverso la tecnica del frottage. L’aspetto più innovativo del VVM è contenuto nella ricerca dell’interazione con l’utente e nell’uso della memoria come strumento di coinvolgimento. Il memoriale stabilisce un sentimento di empatia con il visitatore che si apre ad una percezione plurisensoriale che attiva un tempo di identificazione del visitatore con i nomi in cui letteralmente “si specchia”, mentre “entra” nel memoriale che riflette la sua immagine tra i nomi dei morti, facendolo partecipare della tragedia. Lo spettatore costruisce così una memoria mutando il ricordo, che si fonda sulla propria coscienza, in una risposta “affettiva” che permette alla violenza iniziale di guarire nel tempo, ma lasciando un ricordo indelebile come una cicatrice.File | Dimensione | Formato | |
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