Il periodo in cui lo studio della mente fu dominato dall’empirismo segna l’epoca d’oro del connubio tra psicologia, filosofia e studio del linguaggio. Ma tra la stagione empirista e gli psicologi dell’Ottocento (Steinthal, Wundt, Paul, Wegener, Gabelentz ) sta Kant, e proprio a Kant si riallaccia la reazione tardo-ottocentesca al naturalismo psicologista che aveva cercato l’alleanza tra filosofia, psicologia e scienze della natura. Nella storia della querelle tra psicologisti e antipsicologisti, Herder rappresenta un caso interessante per il suo tentativo di saldare la prospettiva psicologica con quella storico-sociale, il piano soggettivo con quello intersoggettivo, la funzione cognitiva del linguaggio con quella comunicativa, l’interno con l’esterno. Ne deriva una forma di psicologismo non ingenuo che sfugge alle grandi dicotomie che ancora oggi sembrano dominare lo scontro tra gli opposti orientamenti di ricerca. Proprio nel confronto con Kant egli introduce, infatti, argomenti che, ad un secolo di distanza, varranno come «antipsicologistici»: 1) il riconoscimento che gli elementi del linguaggio sono, almeno in parte, determinati non dal pensiero privato ma dalla situazione comunicativa; 2) la distinzione tra il significato e la rappresentazione mentale; 3) il passaggio da un’analisi centrata sul parlante ad una analisi che comprende l’interlocutore e il mondo esterno. Ma l’orientamento generale è psicologistico, perché è un tentativo di naturalizzazione della mente e del linguaggio.
Psicologismo e antipsicologismo nello studio del linguaggio. Il caso Herder / Tani, Ilaria. - STAMPA. - 1(2006), pp. 149-162.
Psicologismo e antipsicologismo nello studio del linguaggio. Il caso Herder
TANI, Ilaria
2006
Abstract
Il periodo in cui lo studio della mente fu dominato dall’empirismo segna l’epoca d’oro del connubio tra psicologia, filosofia e studio del linguaggio. Ma tra la stagione empirista e gli psicologi dell’Ottocento (Steinthal, Wundt, Paul, Wegener, Gabelentz ) sta Kant, e proprio a Kant si riallaccia la reazione tardo-ottocentesca al naturalismo psicologista che aveva cercato l’alleanza tra filosofia, psicologia e scienze della natura. Nella storia della querelle tra psicologisti e antipsicologisti, Herder rappresenta un caso interessante per il suo tentativo di saldare la prospettiva psicologica con quella storico-sociale, il piano soggettivo con quello intersoggettivo, la funzione cognitiva del linguaggio con quella comunicativa, l’interno con l’esterno. Ne deriva una forma di psicologismo non ingenuo che sfugge alle grandi dicotomie che ancora oggi sembrano dominare lo scontro tra gli opposti orientamenti di ricerca. Proprio nel confronto con Kant egli introduce, infatti, argomenti che, ad un secolo di distanza, varranno come «antipsicologistici»: 1) il riconoscimento che gli elementi del linguaggio sono, almeno in parte, determinati non dal pensiero privato ma dalla situazione comunicativa; 2) la distinzione tra il significato e la rappresentazione mentale; 3) il passaggio da un’analisi centrata sul parlante ad una analisi che comprende l’interlocutore e il mondo esterno. Ma l’orientamento generale è psicologistico, perché è un tentativo di naturalizzazione della mente e del linguaggio.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.