Sanchez Garcia dichiara di usare la traza come strumento in grado di generare recinti e circoscrivere i luoghi, ri-conoscere un ordine di segni sovrascritti non sempre facili da individuare nella stratificazione della città storica. Esiste una differenza fra una traza superpuesta, invasiva, e una più intrusiva traccia sottoposta, che dà la possibilità di riabitare i luoghi ridefinendo tenuemente solo i loro bordi. Questa è una ‘strategia’ che indirizza il progetto contemporaneo a calarsi nella realtà senza assumere la ‘forza prevaricatrice’ di un nuovo individuo figurativo, ma trasformandosi in una forma debole e di contorno. Il nuovo recinto del Tempio di Diana a Mèrida irrobustisce il perimetro sfrangiato della piazza, non già sovrapponendosi ad essa, ma muovendosi discretamente verso il background, come una scena architettonica per le preesistenze monumentali. Il progetto non lavora sul monumento in sé, ma sull’edilizia minore, come ‘piano di posa’ dinamico per una possibile molteplicità di nuove tracce architettoniche, in contrapposizione all’immutabilità delle tracce monumentali. La traccia-recinto è mediazione tra monumentale e non monumentale, assorbe il dato disomogeneo del luogo e fa dell’incoerenza una virtù operante del progetto. Infine, assolve pienamente il suo compito discreto riconoscendo che il primato della forma non spetta all’edificio, ma alla città intera.
La vitalità discreta della traccia sottoposta. L’adeguamento dell’intorno del tempio di Diana a Mérida / Iossa, ROBERTO VINCENZO. - (2021), pp. 175-184. - DIAP PRINT.
La vitalità discreta della traccia sottoposta. L’adeguamento dell’intorno del tempio di Diana a Mérida
Roberto Vincenzo Iossa
2021
Abstract
Sanchez Garcia dichiara di usare la traza come strumento in grado di generare recinti e circoscrivere i luoghi, ri-conoscere un ordine di segni sovrascritti non sempre facili da individuare nella stratificazione della città storica. Esiste una differenza fra una traza superpuesta, invasiva, e una più intrusiva traccia sottoposta, che dà la possibilità di riabitare i luoghi ridefinendo tenuemente solo i loro bordi. Questa è una ‘strategia’ che indirizza il progetto contemporaneo a calarsi nella realtà senza assumere la ‘forza prevaricatrice’ di un nuovo individuo figurativo, ma trasformandosi in una forma debole e di contorno. Il nuovo recinto del Tempio di Diana a Mèrida irrobustisce il perimetro sfrangiato della piazza, non già sovrapponendosi ad essa, ma muovendosi discretamente verso il background, come una scena architettonica per le preesistenze monumentali. Il progetto non lavora sul monumento in sé, ma sull’edilizia minore, come ‘piano di posa’ dinamico per una possibile molteplicità di nuove tracce architettoniche, in contrapposizione all’immutabilità delle tracce monumentali. La traccia-recinto è mediazione tra monumentale e non monumentale, assorbe il dato disomogeneo del luogo e fa dell’incoerenza una virtù operante del progetto. Infine, assolve pienamente il suo compito discreto riconoscendo che il primato della forma non spetta all’edificio, ma alla città intera.File | Dimensione | Formato | |
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