E’ venuto il momento di valutare l’adeguatezza delle istituzioni economiche europee. Con il consolidamento e l’allargamento dell’UE, il ruolo delle istituzioni ereditate dal passato tende a diminuire e si può valutare correttamente l’operato di quelle create negli anni novanta. Ci troviamo in effetti in un periodo nel quale servono le riflessioni di natura costituzionale. La necessità di ripensare l’appropriatezza delle istituzioni europee è particolarmente sentita dal punto di vista dell’influenza che esse esercitano sulla performance di lungo termine, se si accetta la proposizione che le istituzioni contano per la crescita (Acemoglu et al, 2004). Alcune delle principali istituzioni dell’UE sono state dichiaratamente create con lo scopo di assicurare la stabilità e la crescita. Invece, tendono ad inseguire molto la stabilità e poco la crescita. Nella migliore delle ipotesi, combattono le battaglie degli anni novanta, non quelle della nuova era. Nell’anno 2000 il Consiglio d’Europa di Lisbona ha deciso di fissare un nuovo obiettivo strategico per il successivo decennio, cioè ‘di diventare l’economia fondata sulle conoscenze più competitiva e più dinamica al mondo, in grado di conseguire una crescita economica sostenibile, con un maggior numero di migliori posti di lavoro e maggiore coesione sociale’. E’ evidente che per raggiungere questo obiettivo è necessaria un’azione sia economica che sociale. L’insieme di iniziative UE nei settori economici e sociali mirate al raggiungimento di questo obiettivo è stato chiamato la ‘strategia di Lisbona’. Il traguardo ambizioso stabilito a Lisbona per l’innovazione europea contrasta nettamente con la realtà del punto di partenza e anche con la direzione presa dall’economia europea da quando la strategia è stata enunciata. Trasformare l’Europa nello stato più innovativo al mondo ha due distinte implicazioni. La prima implicazione è che l’obiettivo di azzerare il distacco tecnologico con gli Stati Uniti – quindi, con l’Europa nel ruolo di imitatore – deve cedere il posto alla vera innovazione. La seconda implicazione è che l’Europa deve costruire istituzioni che siano coerenti con l’innovazione (Aghion, 2004), piuttosto che con l’imitazione. La questione della coerenza fra gli obiettivi di Lisbona e le istituzioni europee esistenti costituisce uno dei punti focali di questo articolo. Per motivi storici molte istituzioni europee – in particolare, l’Unione Monetaria Europea (UME) e il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) – furono create non per promuovere la crescita ma per evitare l’instabilità economica. Esistevano molte giustificazioni per tale scelta all’epoca della loro fondazione. Ora ciò che appare di estrema necessità è porsi l’obiettivo della crescita. Va, perciò, esaltato il ruolo di quelle istituzioni e politiche che sono più adatte al nuovo traguardo, a scapito – in caso di trade-off – di quelle istituzioni e politiche concepite per assicurare la stabilità economica. Esistono numerose politiche in favore della crescita. Esse sono di natura sia microeconomica sia macroeconomica. In questa sede ci occupiamo soltanto di queste ultime. Esse non hanno un ruolo diretto, ma soltanto collaterale, nel favorire la crescita. Nonostante ciò, esse assumono una notevole rilevanza. Questa loro funzione può essere in conflitto con quella che può essere – ed è stata – loro attribuita, cioè il compito di assicurare la stabilità economica. La banca centrale conservatrice è la prima di queste istituzioni. L’argomento tradizionale a suo favore riguarda il bisogno di evitare le conseguenze negative di una politica debole sull’inflazione e sulla disoccupazione in un mondo dove prevalgono le aspettative rivolte al futuro. Per affrontare direttamente il problema dello sperpero nella politica fiscale, si possono imporre dei limiti all’azione dei governi; questo è stato fatto sotto forma di SGP, che si può considerare un’alternativa alla banca centrale conservatrice. Si ritiene che la banca centrale conservatrice è in grado di affrontare possa far fronte ai fallimenti delle istituzioni nel campo del mercato del lavoro. Possiamo valutare l’adeguatezza di queste istituzioni per lo scopo per il quale sono state create, cioè la stabilità. Esploreremo anche la possibilità di trovare un insieme alternativo di istituzioni che svolgono lo stesso compito, ma risultano più compatibili con la crescita, anzi ad essa favorevoli.

È tempo di riformare le istituzioni economiche europee per favorire la crescita / Acocella, Nicola; DI BARTOLOMEO, Giovanni. - STAMPA. - (2006), pp. 32-65.

È tempo di riformare le istituzioni economiche europee per favorire la crescita

ACOCELLA, Nicola;DI BARTOLOMEO, Giovanni
2006

Abstract

E’ venuto il momento di valutare l’adeguatezza delle istituzioni economiche europee. Con il consolidamento e l’allargamento dell’UE, il ruolo delle istituzioni ereditate dal passato tende a diminuire e si può valutare correttamente l’operato di quelle create negli anni novanta. Ci troviamo in effetti in un periodo nel quale servono le riflessioni di natura costituzionale. La necessità di ripensare l’appropriatezza delle istituzioni europee è particolarmente sentita dal punto di vista dell’influenza che esse esercitano sulla performance di lungo termine, se si accetta la proposizione che le istituzioni contano per la crescita (Acemoglu et al, 2004). Alcune delle principali istituzioni dell’UE sono state dichiaratamente create con lo scopo di assicurare la stabilità e la crescita. Invece, tendono ad inseguire molto la stabilità e poco la crescita. Nella migliore delle ipotesi, combattono le battaglie degli anni novanta, non quelle della nuova era. Nell’anno 2000 il Consiglio d’Europa di Lisbona ha deciso di fissare un nuovo obiettivo strategico per il successivo decennio, cioè ‘di diventare l’economia fondata sulle conoscenze più competitiva e più dinamica al mondo, in grado di conseguire una crescita economica sostenibile, con un maggior numero di migliori posti di lavoro e maggiore coesione sociale’. E’ evidente che per raggiungere questo obiettivo è necessaria un’azione sia economica che sociale. L’insieme di iniziative UE nei settori economici e sociali mirate al raggiungimento di questo obiettivo è stato chiamato la ‘strategia di Lisbona’. Il traguardo ambizioso stabilito a Lisbona per l’innovazione europea contrasta nettamente con la realtà del punto di partenza e anche con la direzione presa dall’economia europea da quando la strategia è stata enunciata. Trasformare l’Europa nello stato più innovativo al mondo ha due distinte implicazioni. La prima implicazione è che l’obiettivo di azzerare il distacco tecnologico con gli Stati Uniti – quindi, con l’Europa nel ruolo di imitatore – deve cedere il posto alla vera innovazione. La seconda implicazione è che l’Europa deve costruire istituzioni che siano coerenti con l’innovazione (Aghion, 2004), piuttosto che con l’imitazione. La questione della coerenza fra gli obiettivi di Lisbona e le istituzioni europee esistenti costituisce uno dei punti focali di questo articolo. Per motivi storici molte istituzioni europee – in particolare, l’Unione Monetaria Europea (UME) e il Patto di Stabilità e Crescita (PSC) – furono create non per promuovere la crescita ma per evitare l’instabilità economica. Esistevano molte giustificazioni per tale scelta all’epoca della loro fondazione. Ora ciò che appare di estrema necessità è porsi l’obiettivo della crescita. Va, perciò, esaltato il ruolo di quelle istituzioni e politiche che sono più adatte al nuovo traguardo, a scapito – in caso di trade-off – di quelle istituzioni e politiche concepite per assicurare la stabilità economica. Esistono numerose politiche in favore della crescita. Esse sono di natura sia microeconomica sia macroeconomica. In questa sede ci occupiamo soltanto di queste ultime. Esse non hanno un ruolo diretto, ma soltanto collaterale, nel favorire la crescita. Nonostante ciò, esse assumono una notevole rilevanza. Questa loro funzione può essere in conflitto con quella che può essere – ed è stata – loro attribuita, cioè il compito di assicurare la stabilità economica. La banca centrale conservatrice è la prima di queste istituzioni. L’argomento tradizionale a suo favore riguarda il bisogno di evitare le conseguenze negative di una politica debole sull’inflazione e sulla disoccupazione in un mondo dove prevalgono le aspettative rivolte al futuro. Per affrontare direttamente il problema dello sperpero nella politica fiscale, si possono imporre dei limiti all’azione dei governi; questo è stato fatto sotto forma di SGP, che si può considerare un’alternativa alla banca centrale conservatrice. Si ritiene che la banca centrale conservatrice è in grado di affrontare possa far fronte ai fallimenti delle istituzioni nel campo del mercato del lavoro. Possiamo valutare l’adeguatezza di queste istituzioni per lo scopo per il quale sono state create, cioè la stabilità. Esploreremo anche la possibilità di trovare un insieme alternativo di istituzioni che svolgono lo stesso compito, ma risultano più compatibili con la crescita, anzi ad essa favorevoli.
2006
Sviluppo dualistico e mezzogiorno d'Europa
istituzioni economiche europee; crescita
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
È tempo di riformare le istituzioni economiche europee per favorire la crescita / Acocella, Nicola; DI BARTOLOMEO, Giovanni. - STAMPA. - (2006), pp. 32-65.
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