L'opera architettonica di Nino Manzone, molteplice e al tempo stesso unitaria, può essere letta più agevolmente se suddivisa nelle otto anime che la compongono e che l'hanno ispirata, non sempre attraverso divisioni temporali cronologicamente distinguibili, ma certamente corrispondenti a otto imperativi che Nino ha seguito in modo profondo e intenso durante tutta la sua vita. La prima anima, che definiremo di influenza scandinava, si concretizza con il progetto per la Camera di Commercio di Ravenna, città che rimane senza dubbio sua più di ogni altra, occidentale e orientale al tempo stesso, metafora del suo continuo peregrinare; la seconda, che si può definire romanica o di rapporto con le preesistenze storiche, è legata soprattutto agli inserimenti, in quella città, dell'Hotel Bisanzio, della casa Roncuzzi e dell'Archivio di Stato; la terza, che chiameremo tecnologica, trova compimento nel progetto per l'Istituto Tecnico Industriale ancora a Ravenna; la quarta, definibile come periodo dei crescents e dei grandi progetti non realizzati si sviluppa, a mio giudizio, a seguito degli stimoli derivanti dal lavoro con Ludovico Quaroni e Marcello d'Olivo e si manifesta nei progetti per la Pineta/Lido di Classe a Ravenna, per il centro residenziale Lido del Sole a Rodi Garganico, per il complesso il Girasole al Lido degli Estensi, con il concorso per il quartiere fieristico a Bologna, con quello per un prototipo di Motel per l'Italia, e infine con il concorso per un parco urbano intitolato alla resistenza a Modena; la quinta, che sviluppa un'idea basata sul diaframma triangolare, trova espressione con i progetti per il residence a Milano Marittima, col l'Hotel Mehari a Tripoli e con il Palazzo per uffici a via Karim Chan e Zand a Teheran; la sesta, definibile come mediorientale, si manifesta nei progetti svolti negli anni della permanenza in Iran e, poi, in Iraq; la settima, che si può chiamare dei concorsi internazionali, è quella del ritorno a Roma, sua città natale, ed è caratterizzata dalla voglia di fare architettura e di misurarsi con i grandi temi di ricomposizione urbana; l'ottava, ed ultima anima di Manzone, è quella dedicata al disegno dei mobili e ai progetti di arredamento. Benché ritenute fondamentali per la comprensione dell'architetto, tuttavia si ritiene utile proporre questa suddivisione dell'opera di Manzone in otto parti esclusivamente nel saggio introduttivo e non anche nella successiva illustrazione dei progetti, perché sono convinto che essa risulterà pertinente e appropriata solo se riuscirà a costituire uno stimolo e un invito a una lettura trasversale dei suoi lavori e non una scelta forzata di un noioso quanto inutile incasellamento degli stessi. Tale suddivisione vuole costituire un momento interpretativo che contribuisce a far cogliere e a rendere più evidenti quelle sfumature, quelle articolazioni linguistiche e quei significati. Il carattere straniante del suo primo progetto, la Camera di Commercio, dovuto alla schetta messa in atto di regole sintattiche chiare, derivanti da una reinterpretazione dell'ampliamento del Palazzo di Giustizia di Göteborg (1934-7) di Erik Gunnar Asplund, nonché all'intensa e nuova colorazione rossa, l'avranno sicuramente resa architettura/oggetto nel paesaggio urbano di Ravenna così fortemente connotato dalla storia. Non appena costruito, l'edificio doveva apparire come una sorta di Pompidou Center di quella città degli anni '50. Quaroni ne ha così scritto nella rivista l'Architettura di Bruno Zevi: "un edificio degnamente moderno, il primo in linea con la civiltà delle grandi industrie.... la sala conferenze è forse la migliore realizzata in Italia, nonostante le evidenti compiacenze 'scandinave', e gli uffici sono un modello, per distribuzione, per impianti e per arredamento, che dovrebbe essere tenuto presente da tutti. Ma servirà questo edificio ad indicara una strada dignitosa all'edilizia della futura città industriale....?"
Manzone Architetto (nota introduttiva/introductive note A. Bruschi) / Lenci, Ruggero. - STAMPA. - 1:(1997), pp. 1-128.
Manzone Architetto (nota introduttiva/introductive note A. Bruschi)
LENCI, Ruggero
1997
Abstract
L'opera architettonica di Nino Manzone, molteplice e al tempo stesso unitaria, può essere letta più agevolmente se suddivisa nelle otto anime che la compongono e che l'hanno ispirata, non sempre attraverso divisioni temporali cronologicamente distinguibili, ma certamente corrispondenti a otto imperativi che Nino ha seguito in modo profondo e intenso durante tutta la sua vita. La prima anima, che definiremo di influenza scandinava, si concretizza con il progetto per la Camera di Commercio di Ravenna, città che rimane senza dubbio sua più di ogni altra, occidentale e orientale al tempo stesso, metafora del suo continuo peregrinare; la seconda, che si può definire romanica o di rapporto con le preesistenze storiche, è legata soprattutto agli inserimenti, in quella città, dell'Hotel Bisanzio, della casa Roncuzzi e dell'Archivio di Stato; la terza, che chiameremo tecnologica, trova compimento nel progetto per l'Istituto Tecnico Industriale ancora a Ravenna; la quarta, definibile come periodo dei crescents e dei grandi progetti non realizzati si sviluppa, a mio giudizio, a seguito degli stimoli derivanti dal lavoro con Ludovico Quaroni e Marcello d'Olivo e si manifesta nei progetti per la Pineta/Lido di Classe a Ravenna, per il centro residenziale Lido del Sole a Rodi Garganico, per il complesso il Girasole al Lido degli Estensi, con il concorso per il quartiere fieristico a Bologna, con quello per un prototipo di Motel per l'Italia, e infine con il concorso per un parco urbano intitolato alla resistenza a Modena; la quinta, che sviluppa un'idea basata sul diaframma triangolare, trova espressione con i progetti per il residence a Milano Marittima, col l'Hotel Mehari a Tripoli e con il Palazzo per uffici a via Karim Chan e Zand a Teheran; la sesta, definibile come mediorientale, si manifesta nei progetti svolti negli anni della permanenza in Iran e, poi, in Iraq; la settima, che si può chiamare dei concorsi internazionali, è quella del ritorno a Roma, sua città natale, ed è caratterizzata dalla voglia di fare architettura e di misurarsi con i grandi temi di ricomposizione urbana; l'ottava, ed ultima anima di Manzone, è quella dedicata al disegno dei mobili e ai progetti di arredamento. Benché ritenute fondamentali per la comprensione dell'architetto, tuttavia si ritiene utile proporre questa suddivisione dell'opera di Manzone in otto parti esclusivamente nel saggio introduttivo e non anche nella successiva illustrazione dei progetti, perché sono convinto che essa risulterà pertinente e appropriata solo se riuscirà a costituire uno stimolo e un invito a una lettura trasversale dei suoi lavori e non una scelta forzata di un noioso quanto inutile incasellamento degli stessi. Tale suddivisione vuole costituire un momento interpretativo che contribuisce a far cogliere e a rendere più evidenti quelle sfumature, quelle articolazioni linguistiche e quei significati. Il carattere straniante del suo primo progetto, la Camera di Commercio, dovuto alla schetta messa in atto di regole sintattiche chiare, derivanti da una reinterpretazione dell'ampliamento del Palazzo di Giustizia di Göteborg (1934-7) di Erik Gunnar Asplund, nonché all'intensa e nuova colorazione rossa, l'avranno sicuramente resa architettura/oggetto nel paesaggio urbano di Ravenna così fortemente connotato dalla storia. Non appena costruito, l'edificio doveva apparire come una sorta di Pompidou Center di quella città degli anni '50. Quaroni ne ha così scritto nella rivista l'Architettura di Bruno Zevi: "un edificio degnamente moderno, il primo in linea con la civiltà delle grandi industrie.... la sala conferenze è forse la migliore realizzata in Italia, nonostante le evidenti compiacenze 'scandinave', e gli uffici sono un modello, per distribuzione, per impianti e per arredamento, che dovrebbe essere tenuto presente da tutti. Ma servirà questo edificio ad indicara una strada dignitosa all'edilizia della futura città industriale....?"I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.