Lo scritto traccia, in primo luogo, un ampio profilo storico sull’evoluzione delle idee in materia di concorrenza economica e dei relativi principi giuridici. Come risultato di tale analisi storica, l’a. rileva che la “concorrenza degli antichi” era intesa essenzialmente come “libertà di commercio”, i.e. libertà di comprare e vendere nei mercati, sì da contribuire alla formazione del “giusto prezzo”. A questa idea di concorrenza, che ha sempre avuto una valenza ideale positiva, si contrapponeva il concetto di monopolium, figura di delitto già presente nel diritto romano, e consistente in pratiche, individuali o collettive, dirette all’alterazione artificiosa del giusto prezzo di mercato. A questa nozione di concorrenza, che ha radici antiche, che permeano la stessa analisi economica neoclassica e le sue ricadute sul terreno dell’analisi economica del diritto, l’a. contrappone una “concorrenza dei moderni”, concepita come processo dinamico di competizione nei mercati da parte di imprese (organizzazioni stabili e complesse, non individui) tendenti a differenziare la propria offerta. Obiettivo della politica di concorrenza diviene dunque non tanto la formazione del giusto prezzo, quanto piuttosto il sostegno allo sviluppo economico e al relativo incremento del benessere collettivo globale. La costanza, nel tempo, del processo concorrenziale dinamico non è tuttavia garantita dal semplice riconoscimento della libertà di commercio e dall’evoluzione spontanea dei mercati: questa tende invece a cristallizzare posizioni di monopolio o di cartello, e richiede perciò un intervento correttivo permanente del potere pubblico, affidato ad apposite autorità di vigilanza sul funzionamento dei mercati. Questa concezione, secondo l’a., si fonda su una sintesi di diversi filoni del pensiero economico e politico europeo, apparentemente distanti fra loro; fra questi assumono un peso prevalente la scuola economica austriaca e il pensiero ordoliberale. La ricaduta normativa di questa sintesi viene letta nella formula della “economia sociale di mercato altamente competitiva”, dettata dall’art. 3 del T.F.U.E. In questa prospettiva, l’a. ritiene che la tradizione europea, che affida ad autorità amministrative la vigilanza sul processo concorrenziale nei mercati, con poteri di intervento articolati, sia più moderna e potenzialmente più efficiente rispetto all’approccio della politica antitrust americana che, almeno nella sua impostazione iniziale (Sherman Act, 1890) è legato ad una visione esclusivamente punitiva della politica contro i monopoli. L’a. afferma inoltre che la tutela della libertà di scelta del consumatore, su cui è incentrata la disciplina delle pratiche commerciali scorrette, costituisce parte integrante indispensabile del modello di economia di mercato (che sarebbe privo di legittimazione politica, se non fosse garantita la libertà di scelta degli individui). Infine, l’a. sostiene che il bene giuridico “concorrenza” sia identico sia con riferimento alla disciplina antitrust, sia con riferimento alle norme sulla concorrenza sleale.
Concorrenza / Libertini, Mario. - STAMPA. - (2010), pp. 191-247.
Concorrenza
LIBERTINI, Mario
2010
Abstract
Lo scritto traccia, in primo luogo, un ampio profilo storico sull’evoluzione delle idee in materia di concorrenza economica e dei relativi principi giuridici. Come risultato di tale analisi storica, l’a. rileva che la “concorrenza degli antichi” era intesa essenzialmente come “libertà di commercio”, i.e. libertà di comprare e vendere nei mercati, sì da contribuire alla formazione del “giusto prezzo”. A questa idea di concorrenza, che ha sempre avuto una valenza ideale positiva, si contrapponeva il concetto di monopolium, figura di delitto già presente nel diritto romano, e consistente in pratiche, individuali o collettive, dirette all’alterazione artificiosa del giusto prezzo di mercato. A questa nozione di concorrenza, che ha radici antiche, che permeano la stessa analisi economica neoclassica e le sue ricadute sul terreno dell’analisi economica del diritto, l’a. contrappone una “concorrenza dei moderni”, concepita come processo dinamico di competizione nei mercati da parte di imprese (organizzazioni stabili e complesse, non individui) tendenti a differenziare la propria offerta. Obiettivo della politica di concorrenza diviene dunque non tanto la formazione del giusto prezzo, quanto piuttosto il sostegno allo sviluppo economico e al relativo incremento del benessere collettivo globale. La costanza, nel tempo, del processo concorrenziale dinamico non è tuttavia garantita dal semplice riconoscimento della libertà di commercio e dall’evoluzione spontanea dei mercati: questa tende invece a cristallizzare posizioni di monopolio o di cartello, e richiede perciò un intervento correttivo permanente del potere pubblico, affidato ad apposite autorità di vigilanza sul funzionamento dei mercati. Questa concezione, secondo l’a., si fonda su una sintesi di diversi filoni del pensiero economico e politico europeo, apparentemente distanti fra loro; fra questi assumono un peso prevalente la scuola economica austriaca e il pensiero ordoliberale. La ricaduta normativa di questa sintesi viene letta nella formula della “economia sociale di mercato altamente competitiva”, dettata dall’art. 3 del T.F.U.E. In questa prospettiva, l’a. ritiene che la tradizione europea, che affida ad autorità amministrative la vigilanza sul processo concorrenziale nei mercati, con poteri di intervento articolati, sia più moderna e potenzialmente più efficiente rispetto all’approccio della politica antitrust americana che, almeno nella sua impostazione iniziale (Sherman Act, 1890) è legato ad una visione esclusivamente punitiva della politica contro i monopoli. L’a. afferma inoltre che la tutela della libertà di scelta del consumatore, su cui è incentrata la disciplina delle pratiche commerciali scorrette, costituisce parte integrante indispensabile del modello di economia di mercato (che sarebbe privo di legittimazione politica, se non fosse garantita la libertà di scelta degli individui). Infine, l’a. sostiene che il bene giuridico “concorrenza” sia identico sia con riferimento alla disciplina antitrust, sia con riferimento alle norme sulla concorrenza sleale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.