La nozione di “sacro” è tal punto polisemica, a tal punto gravata da significati eterogenei e talora contraddittori, da risultare difficilmente utilizzabile a meno di un difficile e paziente lavoro di chiarificazione concettuale. Nel mio intervento tenterò di muovere qualche passo in questa direzione, sostenendo la tesi secondo cui, ai fini di una comprensione filosofica del religioso, è necessario sostituire alla differenza standard tra “sacro” e “profano” quella, più originaria, tra “sacro” e “santo”. Muoverò da un’analisi critica della prospettiva fenomenologico-religiosa classica, che vede nel “sacro” il correlato intenzionale di un’esperienza del tutto specifica, irriducibile ad ogni esperienza profana e caratterizzata dalla strutturale ambivalenza tra tremendum e fascinans. Facendo reagire la teoria di Rudolf Otto con quelle di René Girard e Emmanuel Levinas, cercherò di mostrare come il divieto di “contatto”, generalmente riconosciuto come un tratto decisivo (e sostanzialmente univoco) dell’esperienza del “sacro”, sia in realtà interpretabile in funzione di due istanze e due logiche – due idee di “separazione” e di “differenza” – profondamente e irriducibilmente diverse: quella del sacro e/o quella del santo.
Sensi e confini del “sacro”: dal “profano” al “santo” / Bancalari, Stefano. - (2021), pp. 43-56.
Sensi e confini del “sacro”: dal “profano” al “santo”
Stefano Bancalari
2021
Abstract
La nozione di “sacro” è tal punto polisemica, a tal punto gravata da significati eterogenei e talora contraddittori, da risultare difficilmente utilizzabile a meno di un difficile e paziente lavoro di chiarificazione concettuale. Nel mio intervento tenterò di muovere qualche passo in questa direzione, sostenendo la tesi secondo cui, ai fini di una comprensione filosofica del religioso, è necessario sostituire alla differenza standard tra “sacro” e “profano” quella, più originaria, tra “sacro” e “santo”. Muoverò da un’analisi critica della prospettiva fenomenologico-religiosa classica, che vede nel “sacro” il correlato intenzionale di un’esperienza del tutto specifica, irriducibile ad ogni esperienza profana e caratterizzata dalla strutturale ambivalenza tra tremendum e fascinans. Facendo reagire la teoria di Rudolf Otto con quelle di René Girard e Emmanuel Levinas, cercherò di mostrare come il divieto di “contatto”, generalmente riconosciuto come un tratto decisivo (e sostanzialmente univoco) dell’esperienza del “sacro”, sia in realtà interpretabile in funzione di due istanze e due logiche – due idee di “separazione” e di “differenza” – profondamente e irriducibilmente diverse: quella del sacro e/o quella del santo.File | Dimensione | Formato | |
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