Gli spazi del welfare sono spesso spazi poco funzionali, brutti, tristi, incapaci di rappresentare quei valori che pure li animano, di testimoniare l’impegno, la dedizione e l’innovazione portata avanti da chi quotidianamente si occupa di fragilità, con convinzioni scientifiche, intuizioni personali e azioni sperimentali quasi clandestine rispetto ai quadri normativi di riferimento. ervizi sociali di contrasto alla marginalità. Servizi innovativi e sperimentali come i laboratori socio-occupazionali, le attività di supporto allo sviluppo di imprese sociali e all’aumento dell’occupazione di categorie deboli, i condomini solidali, le diverse forme di agricoltura sociale, richiedono spazi flessibili, funzionali e adattabili ad una pluralità di attività e usi collettivi, in continuo cambiamento, permeabili allo scambio con il territorio e con lo spazio aperto, naturale e coltivato. D’altra parte la grande disponibilità di spazi dismessi, abbandonati, obliterati dai rapidi cambiamenti della città contemporanea sembrano suggerire forme creative di riuso, meno legate a logiche speculative e orientate ad un uso sociale. Questa prospettiva di ricerca e di progetto è animata da motivazioni di carattere etico e dalla volontà di trasformare spazi esclusi dai circuiti vitali, in spazi di contrasto all’esclusione sociale, culturale e lavorativa, fortemente presenti nel dibattito contemporaneo sull’utilità sociale dell’architettura. Si tratta anche di una prospettiva necessaria a contrastare l’abbandono di edifici e spazi urbani che, “svuotati delle precedenti funzioni, restano per lungo tempo inutilizzati stretti, tra la complessità dei processi di decisione e di progettazione interni all’amministrazione e le attese speculative dettate dalle attese del mercato e finiscono per essere al contempo risorse sottratte alla città e luoghi di insicurezza. Il titolo del libro, Spazi re-attivi, allude alla possibilità che gli spazi recuperati possano funzionare come un reagente chimico, trasformandosi in elementi con un ruolo di innesco della reazione collettiva, capaci cioè di sviluppare energie di attivazione e di produrre cambiamenti. Spazi che non sono soltanto oggetti ma soggetti della riattivazione spaziale, sociale, culturale
Introduzione. Spazi re-attivi / Imbroglini, Cristina. - (2021), pp. 10-15.
Introduzione. Spazi re-attivi
Cristina Imbroglini
2021
Abstract
Gli spazi del welfare sono spesso spazi poco funzionali, brutti, tristi, incapaci di rappresentare quei valori che pure li animano, di testimoniare l’impegno, la dedizione e l’innovazione portata avanti da chi quotidianamente si occupa di fragilità, con convinzioni scientifiche, intuizioni personali e azioni sperimentali quasi clandestine rispetto ai quadri normativi di riferimento. ervizi sociali di contrasto alla marginalità. Servizi innovativi e sperimentali come i laboratori socio-occupazionali, le attività di supporto allo sviluppo di imprese sociali e all’aumento dell’occupazione di categorie deboli, i condomini solidali, le diverse forme di agricoltura sociale, richiedono spazi flessibili, funzionali e adattabili ad una pluralità di attività e usi collettivi, in continuo cambiamento, permeabili allo scambio con il territorio e con lo spazio aperto, naturale e coltivato. D’altra parte la grande disponibilità di spazi dismessi, abbandonati, obliterati dai rapidi cambiamenti della città contemporanea sembrano suggerire forme creative di riuso, meno legate a logiche speculative e orientate ad un uso sociale. Questa prospettiva di ricerca e di progetto è animata da motivazioni di carattere etico e dalla volontà di trasformare spazi esclusi dai circuiti vitali, in spazi di contrasto all’esclusione sociale, culturale e lavorativa, fortemente presenti nel dibattito contemporaneo sull’utilità sociale dell’architettura. Si tratta anche di una prospettiva necessaria a contrastare l’abbandono di edifici e spazi urbani che, “svuotati delle precedenti funzioni, restano per lungo tempo inutilizzati stretti, tra la complessità dei processi di decisione e di progettazione interni all’amministrazione e le attese speculative dettate dalle attese del mercato e finiscono per essere al contempo risorse sottratte alla città e luoghi di insicurezza. Il titolo del libro, Spazi re-attivi, allude alla possibilità che gli spazi recuperati possano funzionare come un reagente chimico, trasformandosi in elementi con un ruolo di innesco della reazione collettiva, capaci cioè di sviluppare energie di attivazione e di produrre cambiamenti. Spazi che non sono soltanto oggetti ma soggetti della riattivazione spaziale, sociale, culturaleFile | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Imbroglini_Intro-spazi-reattivi_2021.pdf
solo gestori archivio
Tipologia:
Versione editoriale (versione pubblicata con il layout dell'editore)
Licenza:
Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione
8.67 MB
Formato
Adobe PDF
|
8.67 MB | Adobe PDF | Contatta l'autore |
Imbroglini_Intro-spazi-reattivi_cover_2021.pdf
solo gestori archivio
Tipologia:
Versione editoriale (versione pubblicata con il layout dell'editore)
Licenza:
Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione
2.68 MB
Formato
Adobe PDF
|
2.68 MB | Adobe PDF | Contatta l'autore |
Imbroglini_Intro-spazi-reattivi_referaggio_2021.pdf
solo gestori archivio
Tipologia:
Altro materiale allegato
Licenza:
Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione
663.88 kB
Formato
Adobe PDF
|
663.88 kB | Adobe PDF | Contatta l'autore |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.