Nell’ambito degli atti di un convegno in cui si è discusso, a un trentennio dalla sua scomparsa, sui molteplici aspetti dell’eredità intellettuale di una personalità complessa e poliedrica come quella di Alessandro Bausani, il presente articolo si propone di rilanciare le linee di fondo della sua impostazione dell’islamistica, identificandovi un antidoto all’attuale tendenza a un’eccessiva compartimentazione di un ambito del sapere di cui egli seppe più di ogni altro allargare gli orizzonti, evidenziando le profonde interconnessioni tra le sue più varie manifestazioni culturali. Muovendo dalla constatazione del carattere pionieristico di molte delle intuizioni di Bausani, alcune delle quali aspettano ancora di essere raccolte, l’articolo si interroga innanzitutto su quali aspetti del suo pensiero risultino oggi datati e quali invece si rivelino ancora fecondi. Ne conclude che la sua definizione dell’Islam (e di ciò che ha da intendersi per “islamico”) in termini ampi ed inclusivi, non circoscritti all’ambito religioso stricto sensu, e l’approccio olistico alla disciplina che ne consegue, sebbene formulati in un linguaggio che oggi, a un primo livello di lettura, rischia di essere facilmente scambiato per essenzialista, mantengono, a una lettura più attenta, un potenziale euristico che gli indirizzi teorici e metodologici attualmente in voga rischiano di disperdere. In tale prospettiva, l’importanza attribuita da Bausani allo studio dei margini, siano essi geografici, dottrinali o disciplinari, viene qui identificata (attraverso vari esempi) come la chiave di volta di tutta la sua impostazione metodologica, e come l’aspetto che merita maggiormente di essere rilanciato, a partire dalla constatazione dei limiti e delle contraddizioni di approcci più settoriali. Il seguito dell’articolo discute delle implicazioni di tale impostazione in vari ambiti, da quello linguistico-letterario all’antropologia dell’islam, e ne analizza le ricadute politiche, anticoloniali in senso lato e profondo e per molti versi anticipatrici, specialmente nella critica rivolta da Bausani sia a un certo retaggio coloniale presente negli studi islamici, sia a quello che egli definiva l’inconsapevole “autocolonialismo” delle nuove élites musulmane. Nella sezione finale si prendono in esame gli ostacoli che attualmente si frappongono al rilancio di una simile impostazione, accennando anche ad alcune possibili soluzioni.
Comprendere il centro a partire dai margini: l'impostazione bausaniana degli studi sull'Islam come antidoto alla loro crescente compartimentazione / Zappa, Francesco. - (2021), pp. 237-260. - ACCADEMIA NAZIONALE DEI LINCEI. FONDAZIONE LEONE CAETANI.
Comprendere il centro a partire dai margini: l'impostazione bausaniana degli studi sull'Islam come antidoto alla loro crescente compartimentazione
Francesco Zappa
2021
Abstract
Nell’ambito degli atti di un convegno in cui si è discusso, a un trentennio dalla sua scomparsa, sui molteplici aspetti dell’eredità intellettuale di una personalità complessa e poliedrica come quella di Alessandro Bausani, il presente articolo si propone di rilanciare le linee di fondo della sua impostazione dell’islamistica, identificandovi un antidoto all’attuale tendenza a un’eccessiva compartimentazione di un ambito del sapere di cui egli seppe più di ogni altro allargare gli orizzonti, evidenziando le profonde interconnessioni tra le sue più varie manifestazioni culturali. Muovendo dalla constatazione del carattere pionieristico di molte delle intuizioni di Bausani, alcune delle quali aspettano ancora di essere raccolte, l’articolo si interroga innanzitutto su quali aspetti del suo pensiero risultino oggi datati e quali invece si rivelino ancora fecondi. Ne conclude che la sua definizione dell’Islam (e di ciò che ha da intendersi per “islamico”) in termini ampi ed inclusivi, non circoscritti all’ambito religioso stricto sensu, e l’approccio olistico alla disciplina che ne consegue, sebbene formulati in un linguaggio che oggi, a un primo livello di lettura, rischia di essere facilmente scambiato per essenzialista, mantengono, a una lettura più attenta, un potenziale euristico che gli indirizzi teorici e metodologici attualmente in voga rischiano di disperdere. In tale prospettiva, l’importanza attribuita da Bausani allo studio dei margini, siano essi geografici, dottrinali o disciplinari, viene qui identificata (attraverso vari esempi) come la chiave di volta di tutta la sua impostazione metodologica, e come l’aspetto che merita maggiormente di essere rilanciato, a partire dalla constatazione dei limiti e delle contraddizioni di approcci più settoriali. Il seguito dell’articolo discute delle implicazioni di tale impostazione in vari ambiti, da quello linguistico-letterario all’antropologia dell’islam, e ne analizza le ricadute politiche, anticoloniali in senso lato e profondo e per molti versi anticipatrici, specialmente nella critica rivolta da Bausani sia a un certo retaggio coloniale presente negli studi islamici, sia a quello che egli definiva l’inconsapevole “autocolonialismo” delle nuove élites musulmane. Nella sezione finale si prendono in esame gli ostacoli che attualmente si frappongono al rilancio di una simile impostazione, accennando anche ad alcune possibili soluzioni.| File | Dimensione | Formato | |
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