In questo capitolo si toccherà uno spettro assai ampio di fenomeni con un arco temporale di circa 13 anni: un periodo che si può a pieno titolo definire “gli anni delle crisi”. Sono stati anni difficili, caratterizzati dalla stasi di molte grandezze aggregate, ma con un dinamismo interno particolarmente accentuato, come evidenziato dalle elaborazioni successive. La scelta è stata quella di mettere il più possibile a disposizione un apparato informativo particolarmente ricco e fornire una chiave di lettura delineata dalla volontà di presentare variabili indicative delle scelte strategiche delle imprese, dei fattori fondamentali che le caratterizzano (capitale umano, strutture e risorse finanziarie, scelte di mercato e relazioni con altre imprese) e di aspetti di criticità, di vincoli allo sviluppo e di potenziali strategie di policy. L’indagine e il Rapporto hanno l’obiettivo di fornire una prospettiva microeconomica sull’evoluzione del sistema industriale italiano tra le grandi crisi (2008-2020) e sulle eterogeneità che lo hanno contraddistinto. L’intento è quello di enfatizzare non solo elementi strutturali ampiamente considerati nel dibattito di policy, ma anche e soprattutto quelle componenti strategiche in grado di garantire incrementi di produttività e performance come i percorsi innovativi, di ricerca e internazionalizzazione. Nel complesso l’analisi mostra sostanziali aggiustamenti nei comportamenti delle imprese dal 2008 a oggi, con una crescente consapevolezza della rilevanza delle strategie identificate come driver (Innovazione, Ricerca, Ampliamento dei mercati) per il successo aziendale. Queste dinamiche vanno ben oltre le mere fluttuazioni congiunturali, anticipando spesso l’inversione del ciclo economico; segno che le imprese identificano nelle proprie scelte strategiche una chiave per rilanciare la competitività e per conquistare nuove fette di mercato. Le differenze che contraddistinguono la diffusione di tali strategie sono rilevantissime, e il più delle volte prevedibili; ma eccellenze e comportamenti estremamente dinamici si riscontrano in tutti i segmenti del mercato, anche in imprese di dimensioni minori (che per esempio presentano il maggiore sforzo innovativo negli anni immediatamente successivi alla crisi). L’integrazione simultanea di innovazione, ricerca ed export è un fenomeno in forte crescita ma ancora raro (5,7% delle imprese nel 2019), sebbene riguardi un segmento essenziale per l’economia aggregata che ha mostrato la maggiore capacità di resistere e persino di espandersi nelle varie fasi della crisi. L’adozione parziale di tali strategie ha invece presentato fluttuazioni sostanziali lungo il ciclo, dimezzandosi nel 2011, per poi crescere fino al 44,3% delle imprese nel 2019. Questi continui fenomeni di upgrading e downgrading strategico hanno una serie di effetti estremamente significativi. Le nostre stime mostrano come le scelte di upgrade abbiano apportato un contribuito alla crescita media del valore aggiunto aggregato che supera il 12% nel 2015-2017, mentre la riduzione della gamma di strategie dinamiche ha comportato una caduta di circa il 9%. Questo effetto di ricomposizione del sistema supera addirittura il 5% se stimato sul fatturato aggregato. In aggiunta, l’introduzione di strategie dinamiche, specialmente se attività strutturate come la ricerca e sviluppo, ha anche la possibilità di generare effetti di diffusione sulla probabilità di integrazione di strategie addizionali, aumentando pertanto la competitività di impresa persino in un’ottica dinamica. Tali processi di integrazione non seguono però un sentiero lineare e univoco. I percorsi ottimali talvolta ipotizzati (R&S – Innovazione – Export) sono adatti a spiegare il comportamento di una quota solo marginale dell’industria italiana, quelle aziende di maggiori dimensioni che operano in settori ad alta competitività e in cui le dinamiche di efficienza giocano un ruolo essenziale per il successo aziendale. Le imprese che non rientrano in questi schemi non rinunciano tuttavia a strategie virtuose per la crescita, sebbene non optino per percorsi tradizionali. L’introduzione di innovazioni meno radicali, non accompagnate da R&S, o la proiezione diretta sui mercati esteri rappresentano due vie alternative; delle modalità meno drastiche di modificare il proprio modo di fare impresa, ma che possono incrementare la competitività sui mercati, o consentire di sopravvivere a un periodo di crisi. Quale percorso seguire riguarda scelte che sono differenziate tra le varie imprese e che mutano a seconda delle condizioni economiche del periodo di riferimento. In questo contesto, un’analisi dei percorsi intrapresi rappresenta un elemento essenziale per fornire indicazioni di policy fondate non esclusivamente su argomentazioni teoriche, ma piuttosto sulle esperienze di crescita delle aziende stesse. Nel periodo in considerazione, la maggioranza delle imprese ha avviato il proprio processo di upgrading strategico attraverso l’introduzione di innovazioni, spesso di natura più marginale (ad eccezione del biennio 2009-2011, in cui la scelta maggiormente adottata è stata attività di export), mentre l’attività di R&S rappresenta il più delle volte l’ultimo tassello del mosaico. Talvolta questi primi tentativi di transitare verso modelli di business dinamici presentano elementi di fragilità e portano a un immediato ripiegamento verso profili più statici, con conseguenti effetti perversi su efficienza e performance. Nel recente passato, questo fenomeno è stato particolarmente rilevante per imprese con innovazioni marginali, bassi investimenti in R&S e che svolgono ricerca esclusivamente con soggetti esterni (non intra-muros). In un’ottica di policy, questi fenomeni di downgrade hanno una rilevanza ridotta se derivano da una scelta razionale dell’impresa; ma se la cancellazione è causata da frizioni esterne all’azienda, interventi volti alla rimozione di tali vincoli possono essere particolarmente desiderabili in una prospettiva di crescita. Questo capitolo si articola come segue. In una prima sezione vengono analizzate le dinamiche temporali delle attività di innovazione, di ricerca e export, cercando di fornire un livello di dettaglio tale da consentire la valorizzazione dell’elevato grado di eterogeneità del sistema italiano. Una seconda sezione si concentra sulla simultaneità delle strategie adottate, categorizzando le imprese in base a “classi di dinamismo” e collegando queste ultime a una serie di fattori aziendali strategici e strutturali come gli investimenti in industria 4.0, l’appartenenza a reti e catene del valore, questioni legate al management e al controllo societario. Nell’ultima sezione si discute infine più nel dettaglio l’evoluzione del dinamismo. Dopo aver delineato i percorsi di integrazione delle strategie e la sequenzialità adottata nelle varie fasi della crisi, ci si concentra nello specifico sugli effetti dei fenomeni di upgrading dinamico. Dapprima attraverso uno studio della persistenza delle strategie e degli effetti di spillover che possono indurre una crescente integrazione strategica; inseguito con un’analisi econometrica che stimi gli effetti di upgrading e downgrading su produttività e performance, e fornisca le basi per una quantificazione del contributo della ricomposizione strategica sulla dinamica nazionale aggregata.
I driver dello sviluppo microeconomico. Evoluzione e dinamica / Brancati, E.; Giammei, L.. - (2021).
I driver dello sviluppo microeconomico. Evoluzione e dinamica
Brancati E.
;Giammei L.
2021
Abstract
In questo capitolo si toccherà uno spettro assai ampio di fenomeni con un arco temporale di circa 13 anni: un periodo che si può a pieno titolo definire “gli anni delle crisi”. Sono stati anni difficili, caratterizzati dalla stasi di molte grandezze aggregate, ma con un dinamismo interno particolarmente accentuato, come evidenziato dalle elaborazioni successive. La scelta è stata quella di mettere il più possibile a disposizione un apparato informativo particolarmente ricco e fornire una chiave di lettura delineata dalla volontà di presentare variabili indicative delle scelte strategiche delle imprese, dei fattori fondamentali che le caratterizzano (capitale umano, strutture e risorse finanziarie, scelte di mercato e relazioni con altre imprese) e di aspetti di criticità, di vincoli allo sviluppo e di potenziali strategie di policy. L’indagine e il Rapporto hanno l’obiettivo di fornire una prospettiva microeconomica sull’evoluzione del sistema industriale italiano tra le grandi crisi (2008-2020) e sulle eterogeneità che lo hanno contraddistinto. L’intento è quello di enfatizzare non solo elementi strutturali ampiamente considerati nel dibattito di policy, ma anche e soprattutto quelle componenti strategiche in grado di garantire incrementi di produttività e performance come i percorsi innovativi, di ricerca e internazionalizzazione. Nel complesso l’analisi mostra sostanziali aggiustamenti nei comportamenti delle imprese dal 2008 a oggi, con una crescente consapevolezza della rilevanza delle strategie identificate come driver (Innovazione, Ricerca, Ampliamento dei mercati) per il successo aziendale. Queste dinamiche vanno ben oltre le mere fluttuazioni congiunturali, anticipando spesso l’inversione del ciclo economico; segno che le imprese identificano nelle proprie scelte strategiche una chiave per rilanciare la competitività e per conquistare nuove fette di mercato. Le differenze che contraddistinguono la diffusione di tali strategie sono rilevantissime, e il più delle volte prevedibili; ma eccellenze e comportamenti estremamente dinamici si riscontrano in tutti i segmenti del mercato, anche in imprese di dimensioni minori (che per esempio presentano il maggiore sforzo innovativo negli anni immediatamente successivi alla crisi). L’integrazione simultanea di innovazione, ricerca ed export è un fenomeno in forte crescita ma ancora raro (5,7% delle imprese nel 2019), sebbene riguardi un segmento essenziale per l’economia aggregata che ha mostrato la maggiore capacità di resistere e persino di espandersi nelle varie fasi della crisi. L’adozione parziale di tali strategie ha invece presentato fluttuazioni sostanziali lungo il ciclo, dimezzandosi nel 2011, per poi crescere fino al 44,3% delle imprese nel 2019. Questi continui fenomeni di upgrading e downgrading strategico hanno una serie di effetti estremamente significativi. Le nostre stime mostrano come le scelte di upgrade abbiano apportato un contribuito alla crescita media del valore aggiunto aggregato che supera il 12% nel 2015-2017, mentre la riduzione della gamma di strategie dinamiche ha comportato una caduta di circa il 9%. Questo effetto di ricomposizione del sistema supera addirittura il 5% se stimato sul fatturato aggregato. In aggiunta, l’introduzione di strategie dinamiche, specialmente se attività strutturate come la ricerca e sviluppo, ha anche la possibilità di generare effetti di diffusione sulla probabilità di integrazione di strategie addizionali, aumentando pertanto la competitività di impresa persino in un’ottica dinamica. Tali processi di integrazione non seguono però un sentiero lineare e univoco. I percorsi ottimali talvolta ipotizzati (R&S – Innovazione – Export) sono adatti a spiegare il comportamento di una quota solo marginale dell’industria italiana, quelle aziende di maggiori dimensioni che operano in settori ad alta competitività e in cui le dinamiche di efficienza giocano un ruolo essenziale per il successo aziendale. Le imprese che non rientrano in questi schemi non rinunciano tuttavia a strategie virtuose per la crescita, sebbene non optino per percorsi tradizionali. L’introduzione di innovazioni meno radicali, non accompagnate da R&S, o la proiezione diretta sui mercati esteri rappresentano due vie alternative; delle modalità meno drastiche di modificare il proprio modo di fare impresa, ma che possono incrementare la competitività sui mercati, o consentire di sopravvivere a un periodo di crisi. Quale percorso seguire riguarda scelte che sono differenziate tra le varie imprese e che mutano a seconda delle condizioni economiche del periodo di riferimento. In questo contesto, un’analisi dei percorsi intrapresi rappresenta un elemento essenziale per fornire indicazioni di policy fondate non esclusivamente su argomentazioni teoriche, ma piuttosto sulle esperienze di crescita delle aziende stesse. Nel periodo in considerazione, la maggioranza delle imprese ha avviato il proprio processo di upgrading strategico attraverso l’introduzione di innovazioni, spesso di natura più marginale (ad eccezione del biennio 2009-2011, in cui la scelta maggiormente adottata è stata attività di export), mentre l’attività di R&S rappresenta il più delle volte l’ultimo tassello del mosaico. Talvolta questi primi tentativi di transitare verso modelli di business dinamici presentano elementi di fragilità e portano a un immediato ripiegamento verso profili più statici, con conseguenti effetti perversi su efficienza e performance. Nel recente passato, questo fenomeno è stato particolarmente rilevante per imprese con innovazioni marginali, bassi investimenti in R&S e che svolgono ricerca esclusivamente con soggetti esterni (non intra-muros). In un’ottica di policy, questi fenomeni di downgrade hanno una rilevanza ridotta se derivano da una scelta razionale dell’impresa; ma se la cancellazione è causata da frizioni esterne all’azienda, interventi volti alla rimozione di tali vincoli possono essere particolarmente desiderabili in una prospettiva di crescita. Questo capitolo si articola come segue. In una prima sezione vengono analizzate le dinamiche temporali delle attività di innovazione, di ricerca e export, cercando di fornire un livello di dettaglio tale da consentire la valorizzazione dell’elevato grado di eterogeneità del sistema italiano. Una seconda sezione si concentra sulla simultaneità delle strategie adottate, categorizzando le imprese in base a “classi di dinamismo” e collegando queste ultime a una serie di fattori aziendali strategici e strutturali come gli investimenti in industria 4.0, l’appartenenza a reti e catene del valore, questioni legate al management e al controllo societario. Nell’ultima sezione si discute infine più nel dettaglio l’evoluzione del dinamismo. Dopo aver delineato i percorsi di integrazione delle strategie e la sequenzialità adottata nelle varie fasi della crisi, ci si concentra nello specifico sugli effetti dei fenomeni di upgrading dinamico. Dapprima attraverso uno studio della persistenza delle strategie e degli effetti di spillover che possono indurre una crescente integrazione strategica; inseguito con un’analisi econometrica che stimi gli effetti di upgrading e downgrading su produttività e performance, e fornisca le basi per una quantificazione del contributo della ricomposizione strategica sulla dinamica nazionale aggregata.File | Dimensione | Formato | |
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