Il saggio propone l'analisi di un breve passo di un classico rinascimentale, la Cortigiana di Pietro Aretino, riconoscendovi una contratta parodia di immagini tratte dal Cantico dei cantici biblico, testo poetico celebrativo dell’amore carnale, che le tradizioni esegetiche ebraiche e cristiane avevano per quasi due millenni sistematicamente interpretato come suprema allegoria del desiderio di Dio, dei più santi misteri liturgici, dell’estasi mistica. Nella commedia di Aretino, cortigiano dei due papi medicei, emerge una paradossale performance ermeneutica, che vive di un “doppio gioco” o “doppio ribaltamento” parodico, tipicamente rinascimentale: la tradizionale interpretazione mistico-allegorica dell’amore carnale è rovesciata in sarcastica metafora della pulsione erotica, sicché la restituzione letterale del testo biblico, comunque segnata dalla simbologia teologica che l’aveva cristianizzato, finisce per essere un’originalissima esaltazione “sacrale” del meraviglioso, davvero anarchico pulsare della vita, nella quale inganno, violenza, follia emergono come indominabile rovescio della norma civile e religiosa. Lo studio di questo testo perviene così a restituire un esempio di “secolarizzazione” attiva, nel contesto storico del papato mediceo, ai vertici della cultura rinascimentale italiana, intenta a celebrare l’autonomia di senso del reale, attraverso l’utilizzazione parodistica di registri teologici, decontestualizzati e riassemblati.
«I più ladri versi e le più ribalde parole…». Una parodia del Cantico dei cantici nella Cortigiana di Pietro Aretino / Lettieri, Gaetano. - (2021), pp. 431-438. - FLUMEN SAPIENTIAE. [10.4399/978882554026012].
«I più ladri versi e le più ribalde parole…». Una parodia del Cantico dei cantici nella Cortigiana di Pietro Aretino
Lettieri Gaetano
2021
Abstract
Il saggio propone l'analisi di un breve passo di un classico rinascimentale, la Cortigiana di Pietro Aretino, riconoscendovi una contratta parodia di immagini tratte dal Cantico dei cantici biblico, testo poetico celebrativo dell’amore carnale, che le tradizioni esegetiche ebraiche e cristiane avevano per quasi due millenni sistematicamente interpretato come suprema allegoria del desiderio di Dio, dei più santi misteri liturgici, dell’estasi mistica. Nella commedia di Aretino, cortigiano dei due papi medicei, emerge una paradossale performance ermeneutica, che vive di un “doppio gioco” o “doppio ribaltamento” parodico, tipicamente rinascimentale: la tradizionale interpretazione mistico-allegorica dell’amore carnale è rovesciata in sarcastica metafora della pulsione erotica, sicché la restituzione letterale del testo biblico, comunque segnata dalla simbologia teologica che l’aveva cristianizzato, finisce per essere un’originalissima esaltazione “sacrale” del meraviglioso, davvero anarchico pulsare della vita, nella quale inganno, violenza, follia emergono come indominabile rovescio della norma civile e religiosa. Lo studio di questo testo perviene così a restituire un esempio di “secolarizzazione” attiva, nel contesto storico del papato mediceo, ai vertici della cultura rinascimentale italiana, intenta a celebrare l’autonomia di senso del reale, attraverso l’utilizzazione parodistica di registri teologici, decontestualizzati e riassemblati.File | Dimensione | Formato | |
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