La storia dell’Iran è indubbiamente legata ai rapporti dello Stato con gli āyatollāh, fino allo scoppio della Rivoluzione Islamica del 1979 dove il loro ruolo divenne totalmente centrale. A tal proposito, questo saggio intende affrontare il controverso contributo dato dal clero sciita negli eventi della Rivoluzione costituzionale persiana del 1906, ovvero il sorprendente scambio di capitale umano avvenuto tra la classe ecclesiastica – notoriamente conservatrice – e la nuova classe di intellettuali influenzati dalle ideologie di matrice europea – i roshanfekr. Analizzando il ruolo e i rapporti tra religione e politica nei processi di modernizzazione della Persia, si nota l’esistenza di un sistema di “doppia sovranità”: vale a dire una sorta di legge non scritta che obbligava i sovrani Qājār – privi di legittimazione dovuta da una discendenza dal Profeta – a condividere il potere con gli āyatollāh. Quest’ultimi, di conseguenza, in assenza di un’autorità centrale forte, divennero sempre più autorevoli fino ad assumere un ruolo politico-decisionale nelle diverse questioni giudiziarie, sociali ed economiche, consolidando la loro influenza sugli abitanti della Persia, creando un sistema in cui il monarca, pur formalmente dotato di ampi poteri, dipendeva di fatto dal clero sciita. Tuttavia, questo saggio intende delineare come, durante l’evoluzione degli eventi che porteranno allo scoppio della rivolta, sarà determinante la decisione degli ecclesiastici di supportare gli intellettuali rivoluzionari che chiedevano un governo costituzionale di stampo europeo, chiarificando come sia stato possibile che gli āyatollāh sostenessero la democrazia, notoriamente un’innovazione occidentale, e che contemporaneamente considerassero tutte le ideologie di matrice europea contrarie al loro pensiero.
Il clero sciita nel processo di democratizzazione della Rivoluzione costituzionale persiana / Rahiminia, Dariush. - (2021), pp. 417-442.
Il clero sciita nel processo di democratizzazione della Rivoluzione costituzionale persiana
Dariush Rahiminia
Primo
2021
Abstract
La storia dell’Iran è indubbiamente legata ai rapporti dello Stato con gli āyatollāh, fino allo scoppio della Rivoluzione Islamica del 1979 dove il loro ruolo divenne totalmente centrale. A tal proposito, questo saggio intende affrontare il controverso contributo dato dal clero sciita negli eventi della Rivoluzione costituzionale persiana del 1906, ovvero il sorprendente scambio di capitale umano avvenuto tra la classe ecclesiastica – notoriamente conservatrice – e la nuova classe di intellettuali influenzati dalle ideologie di matrice europea – i roshanfekr. Analizzando il ruolo e i rapporti tra religione e politica nei processi di modernizzazione della Persia, si nota l’esistenza di un sistema di “doppia sovranità”: vale a dire una sorta di legge non scritta che obbligava i sovrani Qājār – privi di legittimazione dovuta da una discendenza dal Profeta – a condividere il potere con gli āyatollāh. Quest’ultimi, di conseguenza, in assenza di un’autorità centrale forte, divennero sempre più autorevoli fino ad assumere un ruolo politico-decisionale nelle diverse questioni giudiziarie, sociali ed economiche, consolidando la loro influenza sugli abitanti della Persia, creando un sistema in cui il monarca, pur formalmente dotato di ampi poteri, dipendeva di fatto dal clero sciita. Tuttavia, questo saggio intende delineare come, durante l’evoluzione degli eventi che porteranno allo scoppio della rivolta, sarà determinante la decisione degli ecclesiastici di supportare gli intellettuali rivoluzionari che chiedevano un governo costituzionale di stampo europeo, chiarificando come sia stato possibile che gli āyatollāh sostenessero la democrazia, notoriamente un’innovazione occidentale, e che contemporaneamente considerassero tutte le ideologie di matrice europea contrarie al loro pensiero.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.