Dopo lo scoppio della bomba atomica il 6 agosto 1945, al “dopo Auschwitz” è stato aggiunto il “dopo Hiroshima”. “Dopo Aushwitz e Hiroshima” è stato detto, coniando così un binomio indissolubile e destinato a essere pensato, a essere interpretato da molti filosofi nella sua totalità o distinguendo i due disastri che portano i nomi di quei luoghi. C’è stato chi, come T. W. Adorno si è soffermato sul primo, sul “dopo Auschwitz” e sul nuovo imperativo categorico del “mai più Auschwitz”, senza però tralasciare di parlare del disastro atomico, e chi invece, come Günther Anders ha dedicato tutta la sua speculazione e perfino la sua vita a pensare soprattutto il “dopo Hiroshima” e ad ammonire, nella prassi come nella teoria, sul “mai più Hiroshima”, non dimenticando però di fare la sua “discesa all’Ade” e di meditare anche su Auschwitz. Ed è proprio su questi due autori che vorrò soffermarmi in questo intervento. Senza indagare i loro rapporti personali e intellettuali – poco friendly a quanto pare –, vorrei invece considerare i punti essenziali che entrambi hanno colto, sebbene molto diversamente, circa le catastrofi che si sono impiantate nel cuore dell’Europa nel XX secolo e le possibilità di coglierne filosoficamente cause e conseguenze. C’è una stessa tonalità cromatica nei loro scritti, una stessa “darkness” nei loro pensieri che però non arriva mai a cedere alla rassegnazione: al contrario, il loro appello è rivolto a tutti, e ai giovani in particolare, alla resistenza e a “un mai più”. Ed è proprio questa loro resistenza nella lucidità, fatta di consapevolezza e di attitudine critica nei confronti dell’accaduto e di quello che può ancora avvenire che mi sembra oggi necessario rileggerli e in qualche modo ripercorrere alcune tappe delle loro riflessioni.
Il mondo oscurato. A partire da Gunther Anders e Theodor W. Adorno / Ombrosi, Orietta. - (2020), pp. 147-164. - JASPERSIANA.
Il mondo oscurato. A partire da Gunther Anders e Theodor W. Adorno
Orietta Ombrosi
2020
Abstract
Dopo lo scoppio della bomba atomica il 6 agosto 1945, al “dopo Auschwitz” è stato aggiunto il “dopo Hiroshima”. “Dopo Aushwitz e Hiroshima” è stato detto, coniando così un binomio indissolubile e destinato a essere pensato, a essere interpretato da molti filosofi nella sua totalità o distinguendo i due disastri che portano i nomi di quei luoghi. C’è stato chi, come T. W. Adorno si è soffermato sul primo, sul “dopo Auschwitz” e sul nuovo imperativo categorico del “mai più Auschwitz”, senza però tralasciare di parlare del disastro atomico, e chi invece, come Günther Anders ha dedicato tutta la sua speculazione e perfino la sua vita a pensare soprattutto il “dopo Hiroshima” e ad ammonire, nella prassi come nella teoria, sul “mai più Hiroshima”, non dimenticando però di fare la sua “discesa all’Ade” e di meditare anche su Auschwitz. Ed è proprio su questi due autori che vorrò soffermarmi in questo intervento. Senza indagare i loro rapporti personali e intellettuali – poco friendly a quanto pare –, vorrei invece considerare i punti essenziali che entrambi hanno colto, sebbene molto diversamente, circa le catastrofi che si sono impiantate nel cuore dell’Europa nel XX secolo e le possibilità di coglierne filosoficamente cause e conseguenze. C’è una stessa tonalità cromatica nei loro scritti, una stessa “darkness” nei loro pensieri che però non arriva mai a cedere alla rassegnazione: al contrario, il loro appello è rivolto a tutti, e ai giovani in particolare, alla resistenza e a “un mai più”. Ed è proprio questa loro resistenza nella lucidità, fatta di consapevolezza e di attitudine critica nei confronti dell’accaduto e di quello che può ancora avvenire che mi sembra oggi necessario rileggerli e in qualche modo ripercorrere alcune tappe delle loro riflessioni.File | Dimensione | Formato | |
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