Spesso considerato e percepito come un mero spazio di provincia, se non semplicisticamente una periferia di importanza secondaria, l’Abruzzo costiero e pedemontano ha in realtà costituito per tutti i secoli centrali del Medioevo una sorta di avanguardia nei processi di territorializzazione messi in atto dai diversi attori che, nel corso del tempo, hanno rivolto il loro sguardo su questa ampia zona collocata tra i più alti rilievi dell’Appennino e il mare Adriatico. In particolar modo, attraverso l’analisi tanto delle fonti documentarie quanto di quelle narrative, risulta evidente come l’approccio dei diversi detentori del potere, dalle comunità monastiche extraregionali (come Montecassino e San Vincenzo al Volturno) a quelle locali (su tutte San Clemente a Casauria), dalla curia romana agli imperatori fino alla piccola nobiltà locale laica ed ecclesiastica, sia stato particolarmente rivolto alle dinamiche insediative o, più nello specifico, al controllo diretto di quest’area. La particolare morfologia del milieu naturale, in effetti, i cui settori collinari vengono scanditi dal corso di fiumi più o meno importanti per il contesto zonale, svolge un ruolo chiave ancora oggi nelle dinamiche di relazione tra i diversi insediamenti e costituisce un parametro imprescindibile con cui misurarsi per comprendere l’agire territoriale delle popolazioni che hanno reificato e vissuto tali luoghi tra il IX e il XII secolo. La ricostruzione topografica che è possibile far emergere dalla documentazione consente dunque di approcciarsi allo studio di un intero territorio sottolineando l’importanza della dimensione geografica nella mentalità degli uomini vissuti in un’epoca di profonda transizione istituzionale e, al tempo stesso, di tentata conservazione dei poteri locali, soprattutto quelli legati all’edificazione e alla gestione dei monasteri: una serie di momenti particolarmente vivaci in un contesto territoriale di grande importanza strategica per i destini delle aree frontaliere e delle terre contese dell’Italia centromeridionale, la trasformazione di un territorio passata attraverso una rete di relazioni fondata soprattutto sull’insediamento monastico locale.
La territorialità locale nel sistema dei poteri universali: ricostruire le reti monastiche dell'Abruzzo adriatico medievale attraverso la documentazione / DEL GUSTO, Davide. - (2020), pp. 107-119. - STUDI VULTURNENSI.
La territorialità locale nel sistema dei poteri universali: ricostruire le reti monastiche dell'Abruzzo adriatico medievale attraverso la documentazione
Davide Del Gusto
2020
Abstract
Spesso considerato e percepito come un mero spazio di provincia, se non semplicisticamente una periferia di importanza secondaria, l’Abruzzo costiero e pedemontano ha in realtà costituito per tutti i secoli centrali del Medioevo una sorta di avanguardia nei processi di territorializzazione messi in atto dai diversi attori che, nel corso del tempo, hanno rivolto il loro sguardo su questa ampia zona collocata tra i più alti rilievi dell’Appennino e il mare Adriatico. In particolar modo, attraverso l’analisi tanto delle fonti documentarie quanto di quelle narrative, risulta evidente come l’approccio dei diversi detentori del potere, dalle comunità monastiche extraregionali (come Montecassino e San Vincenzo al Volturno) a quelle locali (su tutte San Clemente a Casauria), dalla curia romana agli imperatori fino alla piccola nobiltà locale laica ed ecclesiastica, sia stato particolarmente rivolto alle dinamiche insediative o, più nello specifico, al controllo diretto di quest’area. La particolare morfologia del milieu naturale, in effetti, i cui settori collinari vengono scanditi dal corso di fiumi più o meno importanti per il contesto zonale, svolge un ruolo chiave ancora oggi nelle dinamiche di relazione tra i diversi insediamenti e costituisce un parametro imprescindibile con cui misurarsi per comprendere l’agire territoriale delle popolazioni che hanno reificato e vissuto tali luoghi tra il IX e il XII secolo. La ricostruzione topografica che è possibile far emergere dalla documentazione consente dunque di approcciarsi allo studio di un intero territorio sottolineando l’importanza della dimensione geografica nella mentalità degli uomini vissuti in un’epoca di profonda transizione istituzionale e, al tempo stesso, di tentata conservazione dei poteri locali, soprattutto quelli legati all’edificazione e alla gestione dei monasteri: una serie di momenti particolarmente vivaci in un contesto territoriale di grande importanza strategica per i destini delle aree frontaliere e delle terre contese dell’Italia centromeridionale, la trasformazione di un territorio passata attraverso una rete di relazioni fondata soprattutto sull’insediamento monastico locale.File | Dimensione | Formato | |
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