ABSTRACT ROBERTO MICCÚ PRIVATIZATION POLICY: RETURN OF THE GOVERNMENTS AND FITNESS FOR RELUCTANT TO INSTITUTIONS OF MAJORITY the Legislature to initiate the privatization process - prior to that object of analysis - the privatization policy has been set and actually implemented by governments 'technical' who acted in exceptional condition, in a situation of weakness of the economic system as much of the political. This condition has allowed the action policy of the Amato and Ciampi governments to be characterized by a strong discontinuity with the past. In fact, in the XI Legislature, a little 'for a bit compulsion' for conscious choice, the method chosen for the implementation of this policy have been strongly anchored to the constituency of the market, and indeed rightly, it could be argued that in some way the Governments have been able to strengthen their weak political legitimacy Representative own making policies "pro-market" (thus relying on a more output-oriented legitimacy than on the traditionally oriented to the input). In other words, if we assume the two constituencies of politics and the market as instances in which the Government of the economy should refer not only because its action has efficacy, but also legitimacy, then we must recognize that in the crisis of the system political institutions that characterized the actions of governments in the years 1992-94, the policy of privatization, also by virtue of its specific and strong symbolic value, has allowed governments to earn an "added value" of legitimacy, reinforced by its function of disintermediation of the economy by the state and political parties. These assumptions seem to have marked effects on the reforming action of the Amato and Ciampi governments, but it also led to certain limits. As it was written: "If the weakening, however transitory, of the politicians who leaned more to the public company was a favorable condition, it was also true that the lack of a real political coalition that supported the reform process has actually been a surmountable obstacle. The low level of initial understanding, with answers and weak with large fluctuations of the economic policy, which is typical of an adaptive response, is manifested initially in the decision on the ownership structure of the privatized companies. In particular, the technical governments need to "win" a political and parliamentary support can not be defined a priori, is a limitation of the reforms that, with regard to privatization, took the form of a limited restructuring of areas of loss, in the failure to competition in public utilities - to the strong opposition of concessionaires - and the difficulty of adopting a clear policy on the ownership structure of privatized firms to a lack of cohesion within the Amato and Ciampi governments. With these premessee, one can understand, then, how the Legislature at the beginning of the twelfth issue was to complete the transition at least as a first step, that is complete in the sense of the definition of the rules and the institutional framework. This "prerequisite" provided, along with a set of rules, the legal and institutional framework still in place. The "prerequisite" was accompanied by a lengthy debate, often loaded with political connotations-partisan, on sales procedures, especially in the initial phase, the steps for the reorganization and restructuring essential to make "," sellable "" industrial enterprises at a loss, natural or de facto monopolies and companies operating under concessions. The debate has overshadowed, however, the lack of clarity of the objectives of their contradictory and uncertain relative importance of those "" positive "" (such as the spread of ownership from the public and the contribution to the transformation of the production system) than those "negative" (which dismantle the direct intervention of the State or t

ABSTRACT ROBERTO MICCÚ LA POLITICA DI PRIVATIZZAZIONI: RENDIMENTO DEI GOVERNI E ADATTAMENTO RILUTTANTE ALLE ISTITUZIONI DEL MAGGIORITARIO Nella Legislatura di avvio del processo di privatizzazioni – precedente a quella oggetto di analisi -, la politica di privatizzazione è stata impostata ed effettivamente implementata da governi “tecnici” che hanno agito in condizioni eccezionali, in una situazione di debolezza tanto del sistema economico quanto di quello politico . Questa condizione ha consentito all’azione di policy dei governi Amato e Ciampi di caratterizzarsi per una forte discontinuità rispetto al passato. Infatti, nella XI Legislatura, un po’ per costrizione un po’ per scelta consapevole, le modalità prescelte per la realizzazione di questa politica sono state fortemente ancorate alla costituency dei mercati ; anzi, a ragione, si è potuto sostenere che in qualche modo i Governi abbiano potuto rafforzare la loro debole legittimazione politico-rappresentativa proprio facendo politiche “pro-mercati” (potendo contare così più su una legittimazione orientata all’output che su quella tradizionalmente orientata all’input) . In altri termini, se assumiamo le due constituencies della politica e del mercato come le istanze alle quali il governo dell’economia deve fare riferimento non solo perché la propria azione abbia efficacia, ma anche legittimità, allora bisogna riconoscere che nella situazione di crisi del sistema politico-istituzionale che ha caratterizzato l’azione dei governi nel biennio 1992-94, la politica di privatizzazione, anche in virtù della sua specifica e forte valenza simbolica, ha consentito ai Governi di guadagnare un “plus-valore” di legittimazione, rafforzato dalla sua funzione di disintermediazione dell’economia dallo Stato e dai partiti politici. Questi presupposti sembrano in effetti aver marcato l’azione riformatrice dei governi Amato e Ciampi, ma ne hanno determinato anche taluni limiti. Come è stato scritto: “se l’indebolimento, peraltro transitorio, dei politici che più si appoggiavano all’impresa pubblica rappresentava una condizione favorevole, era altresì vero che la mancanza di una vera coalizione politica che sostenesse effettivamente il processo di riforma ha costituito un ostacolo non sormontabile. Il basso livello di comprensione iniziale, con risposte deboli e con ampie oscillazioni dell’azione di politica economica, tipico di una risposta adattiva, si è manifestato inizialmente nella decisione sulla struttura proprietaria delle imprese privatizzate . In particolare, nei governi tecnici la necessità di “conquistare” un sostegno politico-parlamentare non definibile a priori, costituisce un limite all’azione di riforma che, per quanto riguarda le privatizzazioni, si è concretizzato in una limitata ristrutturazione delle aree di perdita, nella mancata alla concorrenza nelle public utilities – per la forte opposizione delle società concessionarie – e, nella difficoltà di adottare una chiara politica sulla struttura proprietaria delle imprese privatizzate per una mancata coesione all’interno dei governi Amato e Ciampi . Con queste premessee, si può comprendere, allora, come all’inizio della XII Legislatura il problema fosse quello di completare la transizione almeno quanto ad una prima fase, cioè nel senso di completare la definizione delle regole e del quadro istituzionale. Questa “premessa necessaria” ha fornito, insieme a una serie di norme, il quadro giuridico-istituzionale ancora in atto. La “premessa necessaria” è stata accompagnata da un lungo dibattito, spesso carico di connotati politico-partitici, sulle procedure di vendita, specialmente nella fase iniziale, sui passi da fare per le riorganizzazioni e ristrutturazioni essenziali per rendere "vendibili" imprese industriali in perdita, monopoli naturali o de facto e società operanti in regime di concessione . Il dibattito ha oscurato, però, la poca chiarezza degli obiettivi la loro contraddittorietà e l’incerto rilievo relativo di quelli "positivi" (quali la diffusione della proprietà presso il pubblico e l’apporto alla trasformazione del sistema produttivo) rispetto a quelli “negativi” (quali smantellare l’intervento diretto dello Stato o il mero “far cassa”) (nel nostro precedente rapporto su Governi ed economia nella XI legislatura la si è definita, per questo, una politica destruens) . All’inizio della XII Legislatura le attese dei mercati erano per una continuità delle politiche di privatizzazione e per alcune scelte di struttura che la debolezza dei precedenti governi non aveva reso possibili. Risulta per questo motivo particolarmente interessante verificare se questa caratteristica si presenta con elementi di continuità anche nei governi della XI Legislatura, di cui soprattutto il primo, il governo Berlusconi nasce all’insegna di una ritrovata legittimazione politico-elettorale, godendo almeno sulla carta di una maggioranza parlamentare. (alcuni degli elementi istituzionali di novità che la caratterizzavano e che sembravano marcarne la discontinuità rispetto al passato . Il complesso degli elementi sopra delineati induce la maggior parte degli attori politici, soprattutto quelli appartenenti alla coalizione vincente, nonché la maggior parte dei commentatori, ad enfatizzare le caratteristiche di novità e di rottura del sistema precedente collegate con l’adozione del sistema elettorale maggioritario. Non essendosi proceduto, tuttavia, ad altre riforme istituzionali oltre a quella del sistema elettorale, per tutta la legislatura si assiste ad una permanente tensione dialettica tra “maggioritario proclamato” e “maggioritario incompiuto”. In questo contesto, l’analisi del se e del come la politica di privatizzazione viene portata avanti nella XII Legislatura si conferma luogo privilegiato per verificare quei paradigmi teorici che sottolineano l’intreccio tra comportamenti elaborati dall’analisi economica per spiegare l’azione politica e, nel contempo, il rilievo del contesto e delle istituzioni politiche in cui i processi economici hanno luogo: politica ed economia sono intrecciate in modo inestricabile . Il primo settore dove si rendeva necessaria l’opera di interventi istituzionali è quello finanziario, che si presentava con la pesante eredità di una liberalizzazione ritardata, di una presenza pubblica ingombrante e di un mercato di borsa poco sviluppato. Emblematico di come i ritardi istituzionali possano compromettere un processo di privatizzazione è il caso delle imprese che producono servizi di pubblica utilità e quindi vanno regolamentate. Istituzioni regolamentari con elevati livelli di discrezionalità, inserite nell’esecutivo o comunque da questo fortemente dipendenti, scoraggiano l’investimento dei privati, rendono poco credibile l’azione del governo nelle privatizzazioni, incentivano comportamenti tesi alla ricerca o al mantenimento di posizioni di rendita. In assenza di una giustificazione generale della scelta di procedere alla privatizzazione di imprese che devono essere regolamentate, la desiderabilità di assetti di controllo privati dipende proprio dall’efficacia dei comportamenti dei regolatori . L’altro vincolo forte, come si è visto nel precedente saggio sulla XI Legislatura, è stato rappresentato dal quadro di fatto e di diritto rappresentato dalla “costituzione economica europea”. Si è potuto registrare come per la prima volta sia soprattutto il contesto internazionale ed in particolare europeo a delineare le politiche economiche che si possono fare. Si tratta anche di verificare se, una volta diminuita la pressione internazionale per il risanamento finanziario e politico che ha determinato l’avvio del processo di privatizzazione con il governo Amato dopo la crisi del 92, la spinta alla riduzione della presenza pubblica in economia non subisca una frenata, e, anche in virtù di una presunta ritrovata legittimazione politico-elettorale, non si ripresenti la prospettiva di intrusione della politica nelle attività economiche. Contemporaneamente, si tratta di capire in che misura, anche nel campo della politica di privatizzazione – coerentemente ad un disegno complessivo di governo dell’economia - sia proseguito il processo di “adattamento” ad un sistema di maggioritario compiuto, sia con riferimento ai circuiti decisionali del policy making sia con riguardo specifico alla stabilizzazione di quegli organismi indipendenti di garanzia e regolazione di settore, autentica cartina di tornasole per capire il “rendimento” del maggioritario nel sistema delle istituzioni dell’economia. Infatti, nella transizione dal “vecchio” sistema di intervento pubblico nell’economia attraverso le partecipazioni statali al “nuovo” sistema generato dalle privatizzazioni (formali/sostanziali e, limitatamente, dalle liberalizzazioni dei servizi pubblici) si è prodotta chiaramente già nella XI Legislatura una interruzione di quel flusso di informazioni in precedenza assicurato dalla gestione pubblica di rilevanti ed ampi settori dell’economia nazionale e dal particolare rapporto di direzione, indirizzo e controllo che legava le diverse tipologie di imprese pubbliche agli organi dello Stato, “funzionalizzandole” ad esigenze di politica industriale ed ad altro. Come gli studiosi più attenti hanno sottolineato, la sottrazione della funzione parlamentare di controllo alla regola di maggioranza si concepisce sempre più, nei parlamenti moderni, in termini di sottrazione - sia all’indirizzo di governo sia all’indirizzo parlamentare - di determinate aree, in quanto considerate indisponibili al principio di maggioranza. Per questo «si è formata nei moderni Stati di diritto una galassia di competenze, una specie di zona protetta rispetto al normale conflitto politico e insieme una neo-magistratura, con caratteri di terzietà e attribuzioni pretorie (ad intendere l’intreccio tra potere di vigilanza e potere di regolazione). Resta però centrale - per lo stesso equilibrio dello Stato - la capacità funzionale del parlamento di mantenere ben tesa e senza smagliature la rete di collegamento con questi controlli “altri”: sia che essi si svolgano attraverso autorità indipendenti sia attraverso autorità sovranazionali» . Il filo rosso di questa analisi è comunque rappresentato dalla verifica di un rapporto di continuità-rottura rispetto alla politica di privatizzazione inaugurata nella XI Legislatura, in particolare nel cercare una legittimazione anche attraverso i mercati, con una analisi dei programmi, degli obiettivi e dei risultati dell’azione di governo. Si cercherà quindi di valutare il rendimento nell’azione di politica di privatizzazione dei governi che si sono succeduti in questa legislatura, cercando, per il possibile, di tener conto tanto delle azioni quanto – a posteriori - delle omissioni .

La politica delle privatizzazioni. Governi a basso rendimento e adattamento debole alle istituzioni non-maggioritarie / Miccu', Roberto. - (2006), pp. 189-223.

La politica delle privatizzazioni. Governi a basso rendimento e adattamento debole alle istituzioni non-maggioritarie

MICCU', Roberto
2006

Abstract

ABSTRACT ROBERTO MICCÚ PRIVATIZATION POLICY: RETURN OF THE GOVERNMENTS AND FITNESS FOR RELUCTANT TO INSTITUTIONS OF MAJORITY the Legislature to initiate the privatization process - prior to that object of analysis - the privatization policy has been set and actually implemented by governments 'technical' who acted in exceptional condition, in a situation of weakness of the economic system as much of the political. This condition has allowed the action policy of the Amato and Ciampi governments to be characterized by a strong discontinuity with the past. In fact, in the XI Legislature, a little 'for a bit compulsion' for conscious choice, the method chosen for the implementation of this policy have been strongly anchored to the constituency of the market, and indeed rightly, it could be argued that in some way the Governments have been able to strengthen their weak political legitimacy Representative own making policies "pro-market" (thus relying on a more output-oriented legitimacy than on the traditionally oriented to the input). In other words, if we assume the two constituencies of politics and the market as instances in which the Government of the economy should refer not only because its action has efficacy, but also legitimacy, then we must recognize that in the crisis of the system political institutions that characterized the actions of governments in the years 1992-94, the policy of privatization, also by virtue of its specific and strong symbolic value, has allowed governments to earn an "added value" of legitimacy, reinforced by its function of disintermediation of the economy by the state and political parties. These assumptions seem to have marked effects on the reforming action of the Amato and Ciampi governments, but it also led to certain limits. As it was written: "If the weakening, however transitory, of the politicians who leaned more to the public company was a favorable condition, it was also true that the lack of a real political coalition that supported the reform process has actually been a surmountable obstacle. The low level of initial understanding, with answers and weak with large fluctuations of the economic policy, which is typical of an adaptive response, is manifested initially in the decision on the ownership structure of the privatized companies. In particular, the technical governments need to "win" a political and parliamentary support can not be defined a priori, is a limitation of the reforms that, with regard to privatization, took the form of a limited restructuring of areas of loss, in the failure to competition in public utilities - to the strong opposition of concessionaires - and the difficulty of adopting a clear policy on the ownership structure of privatized firms to a lack of cohesion within the Amato and Ciampi governments. With these premessee, one can understand, then, how the Legislature at the beginning of the twelfth issue was to complete the transition at least as a first step, that is complete in the sense of the definition of the rules and the institutional framework. This "prerequisite" provided, along with a set of rules, the legal and institutional framework still in place. The "prerequisite" was accompanied by a lengthy debate, often loaded with political connotations-partisan, on sales procedures, especially in the initial phase, the steps for the reorganization and restructuring essential to make "," sellable "" industrial enterprises at a loss, natural or de facto monopolies and companies operating under concessions. The debate has overshadowed, however, the lack of clarity of the objectives of their contradictory and uncertain relative importance of those "" positive "" (such as the spread of ownership from the public and the contribution to the transformation of the production system) than those "negative" (which dismantle the direct intervention of the State or t
2006
Governi ed Economia. II. La transizione discontinua
9788813261948
ABSTRACT ROBERTO MICCÚ LA POLITICA DI PRIVATIZZAZIONI: RENDIMENTO DEI GOVERNI E ADATTAMENTO RILUTTANTE ALLE ISTITUZIONI DEL MAGGIORITARIO Nella Legislatura di avvio del processo di privatizzazioni – precedente a quella oggetto di analisi -, la politica di privatizzazione è stata impostata ed effettivamente implementata da governi “tecnici” che hanno agito in condizioni eccezionali, in una situazione di debolezza tanto del sistema economico quanto di quello politico . Questa condizione ha consentito all’azione di policy dei governi Amato e Ciampi di caratterizzarsi per una forte discontinuità rispetto al passato. Infatti, nella XI Legislatura, un po’ per costrizione un po’ per scelta consapevole, le modalità prescelte per la realizzazione di questa politica sono state fortemente ancorate alla costituency dei mercati ; anzi, a ragione, si è potuto sostenere che in qualche modo i Governi abbiano potuto rafforzare la loro debole legittimazione politico-rappresentativa proprio facendo politiche “pro-mercati” (potendo contare così più su una legittimazione orientata all’output che su quella tradizionalmente orientata all’input) . In altri termini, se assumiamo le due constituencies della politica e del mercato come le istanze alle quali il governo dell’economia deve fare riferimento non solo perché la propria azione abbia efficacia, ma anche legittimità, allora bisogna riconoscere che nella situazione di crisi del sistema politico-istituzionale che ha caratterizzato l’azione dei governi nel biennio 1992-94, la politica di privatizzazione, anche in virtù della sua specifica e forte valenza simbolica, ha consentito ai Governi di guadagnare un “plus-valore” di legittimazione, rafforzato dalla sua funzione di disintermediazione dell’economia dallo Stato e dai partiti politici. Questi presupposti sembrano in effetti aver marcato l’azione riformatrice dei governi Amato e Ciampi, ma ne hanno determinato anche taluni limiti. Come è stato scritto: “se l’indebolimento, peraltro transitorio, dei politici che più si appoggiavano all’impresa pubblica rappresentava una condizione favorevole, era altresì vero che la mancanza di una vera coalizione politica che sostenesse effettivamente il processo di riforma ha costituito un ostacolo non sormontabile. Il basso livello di comprensione iniziale, con risposte deboli e con ampie oscillazioni dell’azione di politica economica, tipico di una risposta adattiva, si è manifestato inizialmente nella decisione sulla struttura proprietaria delle imprese privatizzate . In particolare, nei governi tecnici la necessità di “conquistare” un sostegno politico-parlamentare non definibile a priori, costituisce un limite all’azione di riforma che, per quanto riguarda le privatizzazioni, si è concretizzato in una limitata ristrutturazione delle aree di perdita, nella mancata alla concorrenza nelle public utilities – per la forte opposizione delle società concessionarie – e, nella difficoltà di adottare una chiara politica sulla struttura proprietaria delle imprese privatizzate per una mancata coesione all’interno dei governi Amato e Ciampi . Con queste premessee, si può comprendere, allora, come all’inizio della XII Legislatura il problema fosse quello di completare la transizione almeno quanto ad una prima fase, cioè nel senso di completare la definizione delle regole e del quadro istituzionale. Questa “premessa necessaria” ha fornito, insieme a una serie di norme, il quadro giuridico-istituzionale ancora in atto. La “premessa necessaria” è stata accompagnata da un lungo dibattito, spesso carico di connotati politico-partitici, sulle procedure di vendita, specialmente nella fase iniziale, sui passi da fare per le riorganizzazioni e ristrutturazioni essenziali per rendere "vendibili" imprese industriali in perdita, monopoli naturali o de facto e società operanti in regime di concessione . Il dibattito ha oscurato, però, la poca chiarezza degli obiettivi la loro contraddittorietà e l’incerto rilievo relativo di quelli "positivi" (quali la diffusione della proprietà presso il pubblico e l’apporto alla trasformazione del sistema produttivo) rispetto a quelli “negativi” (quali smantellare l’intervento diretto dello Stato o il mero “far cassa”) (nel nostro precedente rapporto su Governi ed economia nella XI legislatura la si è definita, per questo, una politica destruens) . All’inizio della XII Legislatura le attese dei mercati erano per una continuità delle politiche di privatizzazione e per alcune scelte di struttura che la debolezza dei precedenti governi non aveva reso possibili. Risulta per questo motivo particolarmente interessante verificare se questa caratteristica si presenta con elementi di continuità anche nei governi della XI Legislatura, di cui soprattutto il primo, il governo Berlusconi nasce all’insegna di una ritrovata legittimazione politico-elettorale, godendo almeno sulla carta di una maggioranza parlamentare. (alcuni degli elementi istituzionali di novità che la caratterizzavano e che sembravano marcarne la discontinuità rispetto al passato . Il complesso degli elementi sopra delineati induce la maggior parte degli attori politici, soprattutto quelli appartenenti alla coalizione vincente, nonché la maggior parte dei commentatori, ad enfatizzare le caratteristiche di novità e di rottura del sistema precedente collegate con l’adozione del sistema elettorale maggioritario. Non essendosi proceduto, tuttavia, ad altre riforme istituzionali oltre a quella del sistema elettorale, per tutta la legislatura si assiste ad una permanente tensione dialettica tra “maggioritario proclamato” e “maggioritario incompiuto”. In questo contesto, l’analisi del se e del come la politica di privatizzazione viene portata avanti nella XII Legislatura si conferma luogo privilegiato per verificare quei paradigmi teorici che sottolineano l’intreccio tra comportamenti elaborati dall’analisi economica per spiegare l’azione politica e, nel contempo, il rilievo del contesto e delle istituzioni politiche in cui i processi economici hanno luogo: politica ed economia sono intrecciate in modo inestricabile . Il primo settore dove si rendeva necessaria l’opera di interventi istituzionali è quello finanziario, che si presentava con la pesante eredità di una liberalizzazione ritardata, di una presenza pubblica ingombrante e di un mercato di borsa poco sviluppato. Emblematico di come i ritardi istituzionali possano compromettere un processo di privatizzazione è il caso delle imprese che producono servizi di pubblica utilità e quindi vanno regolamentate. Istituzioni regolamentari con elevati livelli di discrezionalità, inserite nell’esecutivo o comunque da questo fortemente dipendenti, scoraggiano l’investimento dei privati, rendono poco credibile l’azione del governo nelle privatizzazioni, incentivano comportamenti tesi alla ricerca o al mantenimento di posizioni di rendita. In assenza di una giustificazione generale della scelta di procedere alla privatizzazione di imprese che devono essere regolamentate, la desiderabilità di assetti di controllo privati dipende proprio dall’efficacia dei comportamenti dei regolatori . L’altro vincolo forte, come si è visto nel precedente saggio sulla XI Legislatura, è stato rappresentato dal quadro di fatto e di diritto rappresentato dalla “costituzione economica europea”. Si è potuto registrare come per la prima volta sia soprattutto il contesto internazionale ed in particolare europeo a delineare le politiche economiche che si possono fare. Si tratta anche di verificare se, una volta diminuita la pressione internazionale per il risanamento finanziario e politico che ha determinato l’avvio del processo di privatizzazione con il governo Amato dopo la crisi del 92, la spinta alla riduzione della presenza pubblica in economia non subisca una frenata, e, anche in virtù di una presunta ritrovata legittimazione politico-elettorale, non si ripresenti la prospettiva di intrusione della politica nelle attività economiche. Contemporaneamente, si tratta di capire in che misura, anche nel campo della politica di privatizzazione – coerentemente ad un disegno complessivo di governo dell’economia - sia proseguito il processo di “adattamento” ad un sistema di maggioritario compiuto, sia con riferimento ai circuiti decisionali del policy making sia con riguardo specifico alla stabilizzazione di quegli organismi indipendenti di garanzia e regolazione di settore, autentica cartina di tornasole per capire il “rendimento” del maggioritario nel sistema delle istituzioni dell’economia. Infatti, nella transizione dal “vecchio” sistema di intervento pubblico nell’economia attraverso le partecipazioni statali al “nuovo” sistema generato dalle privatizzazioni (formali/sostanziali e, limitatamente, dalle liberalizzazioni dei servizi pubblici) si è prodotta chiaramente già nella XI Legislatura una interruzione di quel flusso di informazioni in precedenza assicurato dalla gestione pubblica di rilevanti ed ampi settori dell’economia nazionale e dal particolare rapporto di direzione, indirizzo e controllo che legava le diverse tipologie di imprese pubbliche agli organi dello Stato, “funzionalizzandole” ad esigenze di politica industriale ed ad altro. Come gli studiosi più attenti hanno sottolineato, la sottrazione della funzione parlamentare di controllo alla regola di maggioranza si concepisce sempre più, nei parlamenti moderni, in termini di sottrazione - sia all’indirizzo di governo sia all’indirizzo parlamentare - di determinate aree, in quanto considerate indisponibili al principio di maggioranza. Per questo «si è formata nei moderni Stati di diritto una galassia di competenze, una specie di zona protetta rispetto al normale conflitto politico e insieme una neo-magistratura, con caratteri di terzietà e attribuzioni pretorie (ad intendere l’intreccio tra potere di vigilanza e potere di regolazione). Resta però centrale - per lo stesso equilibrio dello Stato - la capacità funzionale del parlamento di mantenere ben tesa e senza smagliature la rete di collegamento con questi controlli “altri”: sia che essi si svolgano attraverso autorità indipendenti sia attraverso autorità sovranazionali» . Il filo rosso di questa analisi è comunque rappresentato dalla verifica di un rapporto di continuità-rottura rispetto alla politica di privatizzazione inaugurata nella XI Legislatura, in particolare nel cercare una legittimazione anche attraverso i mercati, con una analisi dei programmi, degli obiettivi e dei risultati dell’azione di governo. Si cercherà quindi di valutare il rendimento nell’azione di politica di privatizzazione dei governi che si sono succeduti in questa legislatura, cercando, per il possibile, di tener conto tanto delle azioni quanto – a posteriori - delle omissioni .
Governo dell'economia; Privatizzazioni
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
La politica delle privatizzazioni. Governi a basso rendimento e adattamento debole alle istituzioni non-maggioritarie / Miccu', Roberto. - (2006), pp. 189-223.
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