Sommario: 1. La sovraesposizione della magistratura penale oltre il repubblicanesimo: specificità di un fenomeno italiano. 2. Lo scenario storico-filosofico della distruzione della ragione classica. 3. La ricerca di valori comuni e la linea Maginot del diritto “che proibisce” una violazione, anziché “fissare il prezzo” per poterla commettere: prohibiting vs. pricing. 4. Verso l’etica pubblica. Tutte le etiche non giuridiche sono visioni private del mondo? 5. Criminally innocent = politically correct. Se l’unica etica pubblica rimasta è quella penalistica. 6. Un pluralismo trasferito nel processo penale e fonte di conflitti giuridici. 7. Incorrotto come competitivo. Quando la lotta alla corruzione istituzionale è presentata come problema utilitaristico e condizione di efficienza economica. 8. Il corrotto come associato per delinquere e l’esenzione del politico da questa qualificazione. 9. Le cause non giuridiche della corruzione istituzionale. 10. Il tipo d’autore politico, tra valore generale della legge e uso della pena come strumento di lotta politica. 11. Perché è necessaria un’etica pubblica non penalistica. ABSTRACT: L’idea che l’etica pubblica sia oggi circoscritta al diritto penale può sembrare una provocazione che risente di una deformazione professionale nel punto di osservazione. Nondimeno, la permanente messa sotto accusa della classe politica, insieme a quella imprenditoriale, da parte della magistratura non è solo segno di una crisi della politica, ma anche espressione del controllo della sua moralità. In un contesto culturale dove ogni etica tradizionale (cattolici, laici, comunisti, socialisti, liberali etc.) è ormai declassata a morale privata, e dove il pluralismo e il multiculturalismo impongono che solo il diritto, mediando tra stranieri morali, sia espressione di un’etica pubblica, che pure, finché giuridica, non obbliga in coscienza, il comando più autoritario ed espressivo di un prohibiting non riducibile a onere o a tassa, è quello penale. Pur non concedendo nulla al pensiero che se una condotta è penalmente irreprensibile sia politicamente corretta, occorre peraltro recuperare le virtù repubblicane senza le quali ogni legge è inerme, come regola senza costume. Tali virtù non sono l’effetto di una macchina giudiziaria, dove tutti sono sottoponibili a un controllo di “moralità pubblica” attraverso un processo penale. Questo stato delle cose ha invece prodotto l’effetto di un uso strumentale del processo penale, e dunque una sorta d’indiretta privatizzazione della giustizia, usata via via da vari protagonisti come strumento di lotta politica. Se non è detto che la ragione pubblica si esprima solo attraverso una qualche Corte suprema, certo sarebbe grave se l’etica pubblica fosse riconosciuta e praticata solo per effetto dei processi penali che la sanciscono.
Il diritto penale come etica pubblica. Considerazioni sul politico quale 'tipo dìautore' / Donini, Massimo. - (2014).
Il diritto penale come etica pubblica. Considerazioni sul politico quale 'tipo dìautore'
DONINI, Massimo
2014
Abstract
Sommario: 1. La sovraesposizione della magistratura penale oltre il repubblicanesimo: specificità di un fenomeno italiano. 2. Lo scenario storico-filosofico della distruzione della ragione classica. 3. La ricerca di valori comuni e la linea Maginot del diritto “che proibisce” una violazione, anziché “fissare il prezzo” per poterla commettere: prohibiting vs. pricing. 4. Verso l’etica pubblica. Tutte le etiche non giuridiche sono visioni private del mondo? 5. Criminally innocent = politically correct. Se l’unica etica pubblica rimasta è quella penalistica. 6. Un pluralismo trasferito nel processo penale e fonte di conflitti giuridici. 7. Incorrotto come competitivo. Quando la lotta alla corruzione istituzionale è presentata come problema utilitaristico e condizione di efficienza economica. 8. Il corrotto come associato per delinquere e l’esenzione del politico da questa qualificazione. 9. Le cause non giuridiche della corruzione istituzionale. 10. Il tipo d’autore politico, tra valore generale della legge e uso della pena come strumento di lotta politica. 11. Perché è necessaria un’etica pubblica non penalistica. ABSTRACT: L’idea che l’etica pubblica sia oggi circoscritta al diritto penale può sembrare una provocazione che risente di una deformazione professionale nel punto di osservazione. Nondimeno, la permanente messa sotto accusa della classe politica, insieme a quella imprenditoriale, da parte della magistratura non è solo segno di una crisi della politica, ma anche espressione del controllo della sua moralità. In un contesto culturale dove ogni etica tradizionale (cattolici, laici, comunisti, socialisti, liberali etc.) è ormai declassata a morale privata, e dove il pluralismo e il multiculturalismo impongono che solo il diritto, mediando tra stranieri morali, sia espressione di un’etica pubblica, che pure, finché giuridica, non obbliga in coscienza, il comando più autoritario ed espressivo di un prohibiting non riducibile a onere o a tassa, è quello penale. Pur non concedendo nulla al pensiero che se una condotta è penalmente irreprensibile sia politicamente corretta, occorre peraltro recuperare le virtù repubblicane senza le quali ogni legge è inerme, come regola senza costume. Tali virtù non sono l’effetto di una macchina giudiziaria, dove tutti sono sottoponibili a un controllo di “moralità pubblica” attraverso un processo penale. Questo stato delle cose ha invece prodotto l’effetto di un uso strumentale del processo penale, e dunque una sorta d’indiretta privatizzazione della giustizia, usata via via da vari protagonisti come strumento di lotta politica. Se non è detto che la ragione pubblica si esprima solo attraverso una qualche Corte suprema, certo sarebbe grave se l’etica pubblica fosse riconosciuta e praticata solo per effetto dei processi penali che la sanciscono.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.