Mosca agosto 2017, un anno prima del campionato mondiale di calcio. La città è in fermento, è un immenso cantiere. Un numero impressionante di squadre di operai lavora senza sosta negli spazi pubblici. Il programma è lo stesso per tutti. Recinti mobili e trasparenti, delimitano piccole aree pulite e ordinate, che si susseguono a distanza di poche centinaia di metri l’una dall’altra lungo le strade, sugli slarghi e nelle piazze. Turni continui, giorno e notte, poche maestranze, poche attrezzature e materiali stoccati: leganti, lastre di granito di due tre tagli al massimo, cordoli e (ove previsto dai progetti) alberi o arbusti da mettere a dimora e rotoli di prato da stendere per assicurare un pronto effetto. A mano a mano che vengono completate le opere si procede a sistemare, liberare gli spazi e scorrere avanti, fino a raggiungere il punto di attacco a sua volta ultimato, secondo le stesse modalità, da un’altra impresa. Un programma rigoroso e un’organizzazione senza smagliature (sovietica verrebbe da dire), impostati sulla semplificazione degli obiettivi, delle componenti e delle lavorazioni, consentono di procedere speditamente, moltiplicando attraverso la gestione parallela di piccoli appalti il tempo a disposizione così da utilizzare nel migliore dei modi i pochi mesi estivi. Di fatto dunque è in corso un’imponente operazione (sistemica e sistematica) di ridefinizione del disegno dei suoli urbani, all’insegna della sobrietà, basata su una riqualificazione complessiva – caratterizzata in rari casi da aggettivazioni minime e quasi sempre ben calibrate: una pensilina, un sistema di sedute, un playground – ma soprattutto su una ridistribuzione degli spazi in favore delle persone.
Mosca RUS. Una rivoluzione urbana. Incredibile, eppure niente di straordinario / Toppetti, Fabrizio. - (2020), pp. 179-187.
Mosca RUS. Una rivoluzione urbana. Incredibile, eppure niente di straordinario
Fabrizio Toppetti
2020
Abstract
Mosca agosto 2017, un anno prima del campionato mondiale di calcio. La città è in fermento, è un immenso cantiere. Un numero impressionante di squadre di operai lavora senza sosta negli spazi pubblici. Il programma è lo stesso per tutti. Recinti mobili e trasparenti, delimitano piccole aree pulite e ordinate, che si susseguono a distanza di poche centinaia di metri l’una dall’altra lungo le strade, sugli slarghi e nelle piazze. Turni continui, giorno e notte, poche maestranze, poche attrezzature e materiali stoccati: leganti, lastre di granito di due tre tagli al massimo, cordoli e (ove previsto dai progetti) alberi o arbusti da mettere a dimora e rotoli di prato da stendere per assicurare un pronto effetto. A mano a mano che vengono completate le opere si procede a sistemare, liberare gli spazi e scorrere avanti, fino a raggiungere il punto di attacco a sua volta ultimato, secondo le stesse modalità, da un’altra impresa. Un programma rigoroso e un’organizzazione senza smagliature (sovietica verrebbe da dire), impostati sulla semplificazione degli obiettivi, delle componenti e delle lavorazioni, consentono di procedere speditamente, moltiplicando attraverso la gestione parallela di piccoli appalti il tempo a disposizione così da utilizzare nel migliore dei modi i pochi mesi estivi. Di fatto dunque è in corso un’imponente operazione (sistemica e sistematica) di ridefinizione del disegno dei suoli urbani, all’insegna della sobrietà, basata su una riqualificazione complessiva – caratterizzata in rari casi da aggettivazioni minime e quasi sempre ben calibrate: una pensilina, un sistema di sedute, un playground – ma soprattutto su una ridistribuzione degli spazi in favore delle persone.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.