L’Ufficio parlamentare di bilancio, cioè l’organismo indipendente istituito – presso le Camere – dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, con funzioni di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio, si inserisce nell’alveo di quegli organismi noti come independent fiscal institution, ovvero come fiscal council o fiscal watchdog, i quali rappresentano una novità relativamente recente per il panorama istituzionale europeo. La loro diffusione ha trovato un sicuro impulso nella necessità delle istituzioni europee di assicurare quel raccordo delle politiche di bilancio che viene ritenuto indispensabile per la salvaguardia, tanto della stabilità finanziaria dell’eurozona, quanto dell’efficacia della politica monetaria della Banca centrale europea. In tal senso, i fiscal conuncil si presentano, da subito, come concepiti in un’ottica strettamente funzionale alle crescenti esigenze di contenimento del bilancio cui gli Stati, sempre con maggiore frequenza e intensità, sono chiamati a rispondere. La definizione strumentale di simili organismi, tuttavia, non vale a dissipare le incertezze teoriche che risultano connotare gli stessi. E proprio in quest’ottica si rivela necessario ricostruire e analizzare le origini, le evoluzioni e alcune esperienze emblematiche che hanno caratterizzato tali organismi, pur sempre concentrandosi sulle vicende che hanno contraddistinto quel peculiare percorso che ha portato l’Italia all’istituzione dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Con riguardo al panorama istituzionale europeo può subito riscontrarsi come, nonostante le prime e limitate espressioni dei fiscal council possano individuarsi già agli inizi del secondo dopoguerra, sarà solo con la crisi economico-finanziaria del 2008 che essi acquisiranno una diffusione e un ruolo di maggiore rilievo. La crisi, infatti, ha svolto un ruolo di sicuro catalizzatore nel convincere la governance economica europea a rafforzare il quadro istituzionale e normativo preposto alla salvaguardia del rispetto dei vincoli di bilancio, non solo attraverso il consolidamento dei meccanismi di convergenza e raccordo, ma anche guardando a un’implementazione degli stessi a livello nazionale. Si pensi al Meccanismo europeo di stabilità, al Six pack, al Two pack, ma anche al Fiscal compact, con il quale per la prima volta in ambito europeo si è richiesto agli Stati di traslare le regole di bilancio europee sul piano nazionale, con normativa «preferibilmente» di natura costituzionale. È proprio nel solco di tali interventi che si è andato a collocare – per gli Stati membri e dunque anche per l’Italia – l’obbligo di istituire al proprio interno quella peculiare tipologia di organismo indipendente di cui l’Ufficio parlamentare di bilancio è espressione. Un obbligo dalle ambizioni assai concrete, che può leggersi quale ulteriore tassello del complesso processo di federalizzazione delle politiche economiche dei paesi dell’eurozona e che ha dato vita a un network interistituzionale di derivazione europea e internazionale che tende, in qualche modo, a rivelarsi strumentale sia ad anticipare a livello nazionale il controllo sul rispetto delle regole di bilancio esercitato dalla Commissione europea, sia a garantire un più alto grado di trasparenza nella gestione dei conti pubblici dei vari Paesi. Con l’imperversare della crisi economico-finanziaria e l’irrigidimento della governance e dei vincoli di bilancio europei sullo sfondo, i vari Stati membri (Francia, Portogallo, Spagna, per citarne alcuni) hanno ottemperato all’obbligo di prevedere al proprio interno un fiscal council con forme e intensità differenti, beneficiando degli ampi margini di discrezionalità loro riconosciuti dalla relativa normativa eurounitaria. Il legislatore italiano, tuttavia, ha optato per quella che potrebbe definirsi una “introduzione forte” del primo fiscal council italiano all’interno dell’ordinamento, ricorrendo a una fonte di rango costituzionale. Al di là degli intenti eurounitari, pertanto, l’istituzione dell’Ufficio parlamentare di bilancio mediante legge costituzionale sembra essere valsa ad attribuire allo stesso un ruolo di primaria importanza anche sul versante nazionale e a prescindere dalla sua connotazione euronitaria(-mente necessaria). Il riconoscimento dell’Ufficio parlamentare di bilancio quale organismo di rilievo costituzionale – assimilabile a quelli “ausiliari” previsti dall’art. 100 Cost. (Consiglio di Stato e Corte dei conti) – nonché la suscettibilità dello stesso di configurarsi quale potere dello Stato ai fini di un eventuale confitto di attribuzione tra poteri dinanzi alla Corte costituzionale rappresentano solo alcuni degli aspetti che il nuovo organismo impone di indagare. Anche la sua peculiare fisionomia, infatti, ha fatto sì che lo stesso andasse a costituire un vero e proprio unicum nel panorama dei fiscal council.L’Ufficio parlamentare di bilancio è un fiscal council di tipo parlamentare – ossia istituito presso le Camere – ma con un vertice collegiale e non monocratico, al contrario di quanto registrato nelle analoghe esperienze di altri paesi. Circostanza che assume tanto più rilievo se si considera che il principale modello di riferimento adottato dal legislatore italiano sembra essere stato il Congressional Budget Office statunitense, il quale, fra i vari fiscal council, si distingue per il rappresentare l’esperienza maggiormente riuscita e di successo (fatta eccezione per il fiscal council olandese, che, però, ha potuto beneficiare di un contesto storicoculturale assai più favorevole), ma che si contraddistingue per avere un vertice di tipo monocratico. Al di là della diversa composizione del vertice, il richiamo al Congressional Budget Office è utile a evidenziare la peculiare fisionomia dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Tanto il fisacl council italiano quanto quello statunitense condividono, infatti, una collocazione di tipo parlamentare nonostante si innestino in forme di governo e contesti profondamente differenti. Il Congressional Budget Office, invero, ben si inserisce in un presidenzialismo che vede nella titolarità del power of the purse il più aspro e ampio terreno di scontro tra Presidente e Congresso. Al contrario, appaiono maggiormente esigui gli spazi dell’Ufficio parlamentare di bilancio in una forma di governo parlamentare, la quale si contraddistingue per la presenza di un governo che trova la propria ragion d’essere in una maggioranza parlamentare che difficilmente tenderà a esercitare sul primo un controllo tanto pervasivo nella gestione delle finanze pubbliche. Alla luce di simili considerazioni e della conclusione del primo mandato del fiscal council italiano, pertanto, appare necessario analizzare le virtualità che possono riconoscersi all’Ufficio parlamentare di bilancio, sia sul versante interno – nei riguardi dei vari attori istituzionali, quali il Parlamento, il Governo, ma anche il Presidente della Repubblica, la Corte costituzionale e, più in generale, l’elettorato – che su quello esterno – rispetto alla Commissione europea, al FMI, all’OCSE e agli operatori economici e finanziari in generale – per verificare se sia effettivamente da escludere l’eventualità che l’istituzione di un simile organismo possa espletare le proprie funzioni anche in un ottica di rafforzamento del continuum Parlamento-Governo, magari portando a nuovo equilibrio i rapporti tra di essi e responsabilizzando le politiche di spesa in un’ottica di razionalizzazione e sostenibilità del debito pubblico. È infatti in questa prospettiva che sembrano potersi recuperare i margini di funzionalità – nazionale – dell’Ufficio parlamentare di bilancio: la neutralizzazione di un deficit informativo che, tradizionalmente, contraddistingue il Parlamento rispetto al Governo nella gestione della finanza pubblica, che si riveli strumentale tanto all’inveramento del principio della separazione tra poteri e delle prerogative di indirizzo e controllo dell’assemblea rappresentativa, quanto al recupero di una rappresentanza politica effettiva e responsabilizzata attraverso il pubblico dibattito. Un obiettivo certamente ambizioso, ma che appare d’altronde del tutto in linea con le sfide cui oggi il costituzionalismo moderno è chiamato a dare risposta.
L’Ufficio parlamentare di bilancio. Il nuovo organo ausiliare alla prova del primo mandato e della forma di governo / Vernata, Andrea. - (2020), pp. 1-250.
L’Ufficio parlamentare di bilancio. Il nuovo organo ausiliare alla prova del primo mandato e della forma di governo
Andrea Vernata
Primo
2020
Abstract
L’Ufficio parlamentare di bilancio, cioè l’organismo indipendente istituito – presso le Camere – dalla legge costituzionale n. 1 del 2012, con funzioni di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio, si inserisce nell’alveo di quegli organismi noti come independent fiscal institution, ovvero come fiscal council o fiscal watchdog, i quali rappresentano una novità relativamente recente per il panorama istituzionale europeo. La loro diffusione ha trovato un sicuro impulso nella necessità delle istituzioni europee di assicurare quel raccordo delle politiche di bilancio che viene ritenuto indispensabile per la salvaguardia, tanto della stabilità finanziaria dell’eurozona, quanto dell’efficacia della politica monetaria della Banca centrale europea. In tal senso, i fiscal conuncil si presentano, da subito, come concepiti in un’ottica strettamente funzionale alle crescenti esigenze di contenimento del bilancio cui gli Stati, sempre con maggiore frequenza e intensità, sono chiamati a rispondere. La definizione strumentale di simili organismi, tuttavia, non vale a dissipare le incertezze teoriche che risultano connotare gli stessi. E proprio in quest’ottica si rivela necessario ricostruire e analizzare le origini, le evoluzioni e alcune esperienze emblematiche che hanno caratterizzato tali organismi, pur sempre concentrandosi sulle vicende che hanno contraddistinto quel peculiare percorso che ha portato l’Italia all’istituzione dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Con riguardo al panorama istituzionale europeo può subito riscontrarsi come, nonostante le prime e limitate espressioni dei fiscal council possano individuarsi già agli inizi del secondo dopoguerra, sarà solo con la crisi economico-finanziaria del 2008 che essi acquisiranno una diffusione e un ruolo di maggiore rilievo. La crisi, infatti, ha svolto un ruolo di sicuro catalizzatore nel convincere la governance economica europea a rafforzare il quadro istituzionale e normativo preposto alla salvaguardia del rispetto dei vincoli di bilancio, non solo attraverso il consolidamento dei meccanismi di convergenza e raccordo, ma anche guardando a un’implementazione degli stessi a livello nazionale. Si pensi al Meccanismo europeo di stabilità, al Six pack, al Two pack, ma anche al Fiscal compact, con il quale per la prima volta in ambito europeo si è richiesto agli Stati di traslare le regole di bilancio europee sul piano nazionale, con normativa «preferibilmente» di natura costituzionale. È proprio nel solco di tali interventi che si è andato a collocare – per gli Stati membri e dunque anche per l’Italia – l’obbligo di istituire al proprio interno quella peculiare tipologia di organismo indipendente di cui l’Ufficio parlamentare di bilancio è espressione. Un obbligo dalle ambizioni assai concrete, che può leggersi quale ulteriore tassello del complesso processo di federalizzazione delle politiche economiche dei paesi dell’eurozona e che ha dato vita a un network interistituzionale di derivazione europea e internazionale che tende, in qualche modo, a rivelarsi strumentale sia ad anticipare a livello nazionale il controllo sul rispetto delle regole di bilancio esercitato dalla Commissione europea, sia a garantire un più alto grado di trasparenza nella gestione dei conti pubblici dei vari Paesi. Con l’imperversare della crisi economico-finanziaria e l’irrigidimento della governance e dei vincoli di bilancio europei sullo sfondo, i vari Stati membri (Francia, Portogallo, Spagna, per citarne alcuni) hanno ottemperato all’obbligo di prevedere al proprio interno un fiscal council con forme e intensità differenti, beneficiando degli ampi margini di discrezionalità loro riconosciuti dalla relativa normativa eurounitaria. Il legislatore italiano, tuttavia, ha optato per quella che potrebbe definirsi una “introduzione forte” del primo fiscal council italiano all’interno dell’ordinamento, ricorrendo a una fonte di rango costituzionale. Al di là degli intenti eurounitari, pertanto, l’istituzione dell’Ufficio parlamentare di bilancio mediante legge costituzionale sembra essere valsa ad attribuire allo stesso un ruolo di primaria importanza anche sul versante nazionale e a prescindere dalla sua connotazione euronitaria(-mente necessaria). Il riconoscimento dell’Ufficio parlamentare di bilancio quale organismo di rilievo costituzionale – assimilabile a quelli “ausiliari” previsti dall’art. 100 Cost. (Consiglio di Stato e Corte dei conti) – nonché la suscettibilità dello stesso di configurarsi quale potere dello Stato ai fini di un eventuale confitto di attribuzione tra poteri dinanzi alla Corte costituzionale rappresentano solo alcuni degli aspetti che il nuovo organismo impone di indagare. Anche la sua peculiare fisionomia, infatti, ha fatto sì che lo stesso andasse a costituire un vero e proprio unicum nel panorama dei fiscal council.L’Ufficio parlamentare di bilancio è un fiscal council di tipo parlamentare – ossia istituito presso le Camere – ma con un vertice collegiale e non monocratico, al contrario di quanto registrato nelle analoghe esperienze di altri paesi. Circostanza che assume tanto più rilievo se si considera che il principale modello di riferimento adottato dal legislatore italiano sembra essere stato il Congressional Budget Office statunitense, il quale, fra i vari fiscal council, si distingue per il rappresentare l’esperienza maggiormente riuscita e di successo (fatta eccezione per il fiscal council olandese, che, però, ha potuto beneficiare di un contesto storicoculturale assai più favorevole), ma che si contraddistingue per avere un vertice di tipo monocratico. Al di là della diversa composizione del vertice, il richiamo al Congressional Budget Office è utile a evidenziare la peculiare fisionomia dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Tanto il fisacl council italiano quanto quello statunitense condividono, infatti, una collocazione di tipo parlamentare nonostante si innestino in forme di governo e contesti profondamente differenti. Il Congressional Budget Office, invero, ben si inserisce in un presidenzialismo che vede nella titolarità del power of the purse il più aspro e ampio terreno di scontro tra Presidente e Congresso. Al contrario, appaiono maggiormente esigui gli spazi dell’Ufficio parlamentare di bilancio in una forma di governo parlamentare, la quale si contraddistingue per la presenza di un governo che trova la propria ragion d’essere in una maggioranza parlamentare che difficilmente tenderà a esercitare sul primo un controllo tanto pervasivo nella gestione delle finanze pubbliche. Alla luce di simili considerazioni e della conclusione del primo mandato del fiscal council italiano, pertanto, appare necessario analizzare le virtualità che possono riconoscersi all’Ufficio parlamentare di bilancio, sia sul versante interno – nei riguardi dei vari attori istituzionali, quali il Parlamento, il Governo, ma anche il Presidente della Repubblica, la Corte costituzionale e, più in generale, l’elettorato – che su quello esterno – rispetto alla Commissione europea, al FMI, all’OCSE e agli operatori economici e finanziari in generale – per verificare se sia effettivamente da escludere l’eventualità che l’istituzione di un simile organismo possa espletare le proprie funzioni anche in un ottica di rafforzamento del continuum Parlamento-Governo, magari portando a nuovo equilibrio i rapporti tra di essi e responsabilizzando le politiche di spesa in un’ottica di razionalizzazione e sostenibilità del debito pubblico. È infatti in questa prospettiva che sembrano potersi recuperare i margini di funzionalità – nazionale – dell’Ufficio parlamentare di bilancio: la neutralizzazione di un deficit informativo che, tradizionalmente, contraddistingue il Parlamento rispetto al Governo nella gestione della finanza pubblica, che si riveli strumentale tanto all’inveramento del principio della separazione tra poteri e delle prerogative di indirizzo e controllo dell’assemblea rappresentativa, quanto al recupero di una rappresentanza politica effettiva e responsabilizzata attraverso il pubblico dibattito. Un obiettivo certamente ambizioso, ma che appare d’altronde del tutto in linea con le sfide cui oggi il costituzionalismo moderno è chiamato a dare risposta.File | Dimensione | Formato | |
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