La carenza di legittimazione del PM produce conseguenze differenti, a seconda che si tratti di "agire” ovvero di “indagare”. Nel primo caso il concetto assume un significato forte, che incide negativamente sul potere di incardinare un processo, nel secondo un'accezione debole che si estrinseca in un dovere di astenersi che non determina l’invalidità degli atti compiuti. Qualora l'ufficio inquirente ritenga che l’eventuale giudizio debba celebrarsi innanzi ad un giudice diverso da quello presso il quale esercita le sue funzioni, è tenuto (art. 54, comma 1 c.p.p.) a trasmettere gli atti alla procura incardinata presso tale ufficio; ove il destinatario recepisca l’indicazione del collega remittente non si configura ancora un contrasto ma un meccanismo di risoluzione spontanea. Un contrasto si delinea, invece, solo momento in cui il destinatario rispedisca gli atti al mittente (contrasto negativo regolamentato dal 2° comma dell’art. 54 c.p.p.) etermnando, così, una potenziale stasi delle indagini. In tal caso l’ufficio procedente è tenuto a informare il PG presso la Corte d’appello, ovvero presso la Corte di cassazione (a seconda che sia emerso un contrasto fra procure appartenenti al medesimo o a distretti diversi) e a trasmettergli contestualmente tutti gli atti del procedimento (anche in copia, in modo tale da poter espletare gli eventuali atti urgenti, destinati a mantenere validità). Alle parti private non è consentito attivare tale meccanismo essendo loro solo consentito ex art. 54-quater c.p.p. formulare istanza all'organo inquirente affinché trasmetta gli atti all'ufficio ritenuto competente. Se uno degli uffici recede dalla posizione assunta e afferma la propria titolarità, il contrasto si definisce consensualmente; in caso contrario il PG lo risolve indicando l’ufficio che dovrà procedere. L’intervento dirimente delle procure generali non deriva da un vero potere di sovraordinazione gerarchica rispetto alle procure ma la disciplina dei contrasti appare comunque ispirata a criteri verticistici, che privilegiano il ruolo direttivo dei procuratori generali sulle attività d’indagine. La decisione così adottata non ha natura giurisdizionale né vincola la competenza nei provvedimenti giudiziari adottati medio tempore o sui giudici investiti della cognizione. Nell'ipotesi in cui sia intervenuta la trasmissione del fascicolo, gli atti di indagine compiuti conservano piena valenza investigativa mentre l'uso probatorio (art. 54 comma 3 c.p.p.) è consentito “nei casi e nei modi stabiliti dalla legge” e a condizione che siano stati compiuti in epoca antecedente rispetto all'individuazione dell’organo competente ai sensi dei c. 1 e 2. Le misure cautelari disposte su richiesta del PM non più legittimato mantengono, invece, stabile efficacia non essendo applicabile, in tali situazioni, la decadenza di cui all'art. 27 c.p.p. Oggi non sono più configurabili conflitti eterogenei tra giudici e PM. La Cassazione ha sempre dichiarato inammissibili, infatti, i conflitti c.d. “fittizi” in quanto preordinati non a stabilire la titolarità territoriale a investigare, ma a dirimere certe disparità di vedute fra uffici inquirenti e organi giudicanti.
Art. 54. Contrasti negativi tra pubblici ministeri / Bruno, Pierfrancesco. - (2017). - COMMENTARI IPSOA.
Art. 54. Contrasti negativi tra pubblici ministeri
Bruno Pierfrancesco
2017
Abstract
La carenza di legittimazione del PM produce conseguenze differenti, a seconda che si tratti di "agire” ovvero di “indagare”. Nel primo caso il concetto assume un significato forte, che incide negativamente sul potere di incardinare un processo, nel secondo un'accezione debole che si estrinseca in un dovere di astenersi che non determina l’invalidità degli atti compiuti. Qualora l'ufficio inquirente ritenga che l’eventuale giudizio debba celebrarsi innanzi ad un giudice diverso da quello presso il quale esercita le sue funzioni, è tenuto (art. 54, comma 1 c.p.p.) a trasmettere gli atti alla procura incardinata presso tale ufficio; ove il destinatario recepisca l’indicazione del collega remittente non si configura ancora un contrasto ma un meccanismo di risoluzione spontanea. Un contrasto si delinea, invece, solo momento in cui il destinatario rispedisca gli atti al mittente (contrasto negativo regolamentato dal 2° comma dell’art. 54 c.p.p.) etermnando, così, una potenziale stasi delle indagini. In tal caso l’ufficio procedente è tenuto a informare il PG presso la Corte d’appello, ovvero presso la Corte di cassazione (a seconda che sia emerso un contrasto fra procure appartenenti al medesimo o a distretti diversi) e a trasmettergli contestualmente tutti gli atti del procedimento (anche in copia, in modo tale da poter espletare gli eventuali atti urgenti, destinati a mantenere validità). Alle parti private non è consentito attivare tale meccanismo essendo loro solo consentito ex art. 54-quater c.p.p. formulare istanza all'organo inquirente affinché trasmetta gli atti all'ufficio ritenuto competente. Se uno degli uffici recede dalla posizione assunta e afferma la propria titolarità, il contrasto si definisce consensualmente; in caso contrario il PG lo risolve indicando l’ufficio che dovrà procedere. L’intervento dirimente delle procure generali non deriva da un vero potere di sovraordinazione gerarchica rispetto alle procure ma la disciplina dei contrasti appare comunque ispirata a criteri verticistici, che privilegiano il ruolo direttivo dei procuratori generali sulle attività d’indagine. La decisione così adottata non ha natura giurisdizionale né vincola la competenza nei provvedimenti giudiziari adottati medio tempore o sui giudici investiti della cognizione. Nell'ipotesi in cui sia intervenuta la trasmissione del fascicolo, gli atti di indagine compiuti conservano piena valenza investigativa mentre l'uso probatorio (art. 54 comma 3 c.p.p.) è consentito “nei casi e nei modi stabiliti dalla legge” e a condizione che siano stati compiuti in epoca antecedente rispetto all'individuazione dell’organo competente ai sensi dei c. 1 e 2. Le misure cautelari disposte su richiesta del PM non più legittimato mantengono, invece, stabile efficacia non essendo applicabile, in tali situazioni, la decadenza di cui all'art. 27 c.p.p. Oggi non sono più configurabili conflitti eterogenei tra giudici e PM. La Cassazione ha sempre dichiarato inammissibili, infatti, i conflitti c.d. “fittizi” in quanto preordinati non a stabilire la titolarità territoriale a investigare, ma a dirimere certe disparità di vedute fra uffici inquirenti e organi giudicanti.File | Dimensione | Formato | |
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