The ceaseless hermeneutic effort that regulates the relationship between words and meanings is an expression of the critical spirit of Western Modern culture, which has changed the way we speak according to epoch and geo-cultural context. As in other fields of expertise, the lexicon of restoration plays an important role, as it expresses origins and purposes of ideas and actions aimed at preserving the memory of the past: in Europe, the desire to define restoration may be considered a consequence of the scientific development of the discipline. Therefore, because terminology plays such an important role in the field of restoration, the effort of translating in different idioms other than the one in which our thoughts originate, seems today crucial. It is otherwise evident that difficulties in translating are not a sign of linguistic (in)compatibility but of cultural diversity; they should therefore be welcomed as they compel a strict reflection about today’s significance of words, and about the reverberations they produce bouncing from one language to another and from one culture to another. This paper stresses the translatability of the restoration lexicon against clichés according to which translations contain inherent limit, which instead comply to our ability/will to communicate, and draws back in cause the aforementioned critical approach which, as the culture of conservation (and life itself) teaches, offers awareness of ours being in the world.

Parlare, e scrivere, di restauro in un idioma piuttosto che in un altro non è cosa facile poiché le parole sono veicolo di idee e significati ben precisi, ad essi sottesi e sedimentatisi secondo la cultura che li esprime. Com'è noto, già tradurre il termine 'restauro' nell'inglese 'restoration', nel francese 'restauration', nello spagnolo 'restauración' oppure nel portoghese 'restauração' non significa affatto, per dirla con Umberto Eco, "dire quasi la stessa cosa"; e la questione non cambia, anzi diviene ancora più complessa, se ci si addentra nelle lingue orientali. La traduzione in lingua, nel campo del restauro, tuttavia, ci porta a due considerazioni. Tradurre implica, innanzitutto, una riflessione sul significato che la terminologia del restauro assume nel linguaggio contemporaneo, specialistico e non: si pensi a parole 'chiave' come 'restauro', 'conservazione' e 'monumento'. Nei primi due capitoli di Avvicinamento al restauro. Teoria, storia, monumenti (Liguori, Napoli 1997) Giovanni Carbonara affronta le diverse declinazioni che la terminologia del restauro ha assunto nel corso del Novecento, procedendo ad un indispensabile 'chiarimento' lessicale, anche in considerazione delle diverse correnti di pensiero che si sono andate definendo in Italia e nel mondo. Tradurre significa, altresì, soppesare i pro e i contro della diffusione della cultura del restauro ad un pubblico straniero, dovendo far uso di idiomi, come l'inglese, che non sempre si prestano a fare da 'tramite'. D'altra parte, la riflessione italiana aveva trovato una diffusione internazionale già nel 1964 con la pubblicazione della Carta Internazionale del Restauro di Venezia dove si proponeva una piattaforma europea d’intendimenti sulla conservazione dei monumenti del passato nelle quattro lingue - italiano, francese, inglese, russo - che all'epoca rispecchiavano il bacino culturale occidentale. Ma la questione si è ulteriormente ampliata e complicata nel corso degli scorsi vent'anni che hanno visto l'estensione trans-continentale, dal 'culto dei monumenti' al 'patrimonio culturale', fino ad includere oggetti e ambiti molto diversi, con una conseguente con-fusione del restauro e della conservazione con altri contesti e significati inediti e non sempre consoni. Oggi la situazione è tale da far emergere la natura 'politico-strategica' - piuttosto che culturale ed educativa - delle organizzazioni inter-governative volte alla tutela del patrimonio culturale, preoccupate di perseguire finalità di peace-keeping a scala mondiale, piuttosto che di rispetto per la traduzione della memoria che ogni civiltà coltiva per sé stessa; non v'è dubbio che l'attività di tali organizzazioni sia veicolate dall'uso, anche politico, della lingua inglese. Nel contesto internazionale e interculturale, ad esempio, la specificità del restauro 'italiano' fatica ad emergere anche a causa del sempre minore ricorso alla lingua italiana per comunicarne e diffonderne le idee e i principi. A questa progressiva perdita di significato concorre anche l'uso pervasivo e non sempre corretto della lingua inglese, anche per comunicare tout court concetti che richiederebbero ampie parafrasi per essere tradotti nel pieno rispetto dei significati. Ci si chiede, dunque, se il ricorso alla lingua inglese 'uccida' inevitabilmente contenuti e significati del nostro (e di altri) ambiti disciplinari. Sono varie e diversamente motivate le posizioni contrarie e a favore di questa tesi, e da esse riverberano i riflessi della condizione attuale del restauro nel mondo e in Italia. Resta tuttavia il fatto che nell'attuale congiuntura globale, che esige di rintracciare sinergie e punti di forza comuni, la comunicazione rappresenta una risorsa ineludibile; il territorio del confronto culturale non può dunque essere altro che trans-nazionale, seppure a costo di rendere indispensabile l'impiego di un idioma 'di transizione' e ampiamente diffuso, come l'inglese. Il contributo propone di far luce sul tema e inquadrandone gli aspetti salienti nel contesto della cultura contemporanea del restauro.

Lost in translation. Com'è cambiato il linguaggio del restauro (e il restauro) dalla Carta di Venezia ad oggi / Salvo, Simona Maria Carmela. - (2020), pp. 271-278.

Lost in translation. Com'è cambiato il linguaggio del restauro (e il restauro) dalla Carta di Venezia ad oggi.

Simona Maria Carmela SALVO
2020

Abstract

The ceaseless hermeneutic effort that regulates the relationship between words and meanings is an expression of the critical spirit of Western Modern culture, which has changed the way we speak according to epoch and geo-cultural context. As in other fields of expertise, the lexicon of restoration plays an important role, as it expresses origins and purposes of ideas and actions aimed at preserving the memory of the past: in Europe, the desire to define restoration may be considered a consequence of the scientific development of the discipline. Therefore, because terminology plays such an important role in the field of restoration, the effort of translating in different idioms other than the one in which our thoughts originate, seems today crucial. It is otherwise evident that difficulties in translating are not a sign of linguistic (in)compatibility but of cultural diversity; they should therefore be welcomed as they compel a strict reflection about today’s significance of words, and about the reverberations they produce bouncing from one language to another and from one culture to another. This paper stresses the translatability of the restoration lexicon against clichés according to which translations contain inherent limit, which instead comply to our ability/will to communicate, and draws back in cause the aforementioned critical approach which, as the culture of conservation (and life itself) teaches, offers awareness of ours being in the world.
2020
Realtà dell'Architettura fra materia e immagine. Per Giovanni Carbonara: studi e ricerche
9788891312501
Parlare, e scrivere, di restauro in un idioma piuttosto che in un altro non è cosa facile poiché le parole sono veicolo di idee e significati ben precisi, ad essi sottesi e sedimentatisi secondo la cultura che li esprime. Com'è noto, già tradurre il termine 'restauro' nell'inglese 'restoration', nel francese 'restauration', nello spagnolo 'restauración' oppure nel portoghese 'restauração' non significa affatto, per dirla con Umberto Eco, "dire quasi la stessa cosa"; e la questione non cambia, anzi diviene ancora più complessa, se ci si addentra nelle lingue orientali. La traduzione in lingua, nel campo del restauro, tuttavia, ci porta a due considerazioni. Tradurre implica, innanzitutto, una riflessione sul significato che la terminologia del restauro assume nel linguaggio contemporaneo, specialistico e non: si pensi a parole 'chiave' come 'restauro', 'conservazione' e 'monumento'. Nei primi due capitoli di Avvicinamento al restauro. Teoria, storia, monumenti (Liguori, Napoli 1997) Giovanni Carbonara affronta le diverse declinazioni che la terminologia del restauro ha assunto nel corso del Novecento, procedendo ad un indispensabile 'chiarimento' lessicale, anche in considerazione delle diverse correnti di pensiero che si sono andate definendo in Italia e nel mondo. Tradurre significa, altresì, soppesare i pro e i contro della diffusione della cultura del restauro ad un pubblico straniero, dovendo far uso di idiomi, come l'inglese, che non sempre si prestano a fare da 'tramite'. D'altra parte, la riflessione italiana aveva trovato una diffusione internazionale già nel 1964 con la pubblicazione della Carta Internazionale del Restauro di Venezia dove si proponeva una piattaforma europea d’intendimenti sulla conservazione dei monumenti del passato nelle quattro lingue - italiano, francese, inglese, russo - che all'epoca rispecchiavano il bacino culturale occidentale. Ma la questione si è ulteriormente ampliata e complicata nel corso degli scorsi vent'anni che hanno visto l'estensione trans-continentale, dal 'culto dei monumenti' al 'patrimonio culturale', fino ad includere oggetti e ambiti molto diversi, con una conseguente con-fusione del restauro e della conservazione con altri contesti e significati inediti e non sempre consoni. Oggi la situazione è tale da far emergere la natura 'politico-strategica' - piuttosto che culturale ed educativa - delle organizzazioni inter-governative volte alla tutela del patrimonio culturale, preoccupate di perseguire finalità di peace-keeping a scala mondiale, piuttosto che di rispetto per la traduzione della memoria che ogni civiltà coltiva per sé stessa; non v'è dubbio che l'attività di tali organizzazioni sia veicolate dall'uso, anche politico, della lingua inglese. Nel contesto internazionale e interculturale, ad esempio, la specificità del restauro 'italiano' fatica ad emergere anche a causa del sempre minore ricorso alla lingua italiana per comunicarne e diffonderne le idee e i principi. A questa progressiva perdita di significato concorre anche l'uso pervasivo e non sempre corretto della lingua inglese, anche per comunicare tout court concetti che richiederebbero ampie parafrasi per essere tradotti nel pieno rispetto dei significati. Ci si chiede, dunque, se il ricorso alla lingua inglese 'uccida' inevitabilmente contenuti e significati del nostro (e di altri) ambiti disciplinari. Sono varie e diversamente motivate le posizioni contrarie e a favore di questa tesi, e da esse riverberano i riflessi della condizione attuale del restauro nel mondo e in Italia. Resta tuttavia il fatto che nell'attuale congiuntura globale, che esige di rintracciare sinergie e punti di forza comuni, la comunicazione rappresenta una risorsa ineludibile; il territorio del confronto culturale non può dunque essere altro che trans-nazionale, seppure a costo di rendere indispensabile l'impiego di un idioma 'di transizione' e ampiamente diffuso, come l'inglese. Il contributo propone di far luce sul tema e inquadrandone gli aspetti salienti nel contesto della cultura contemporanea del restauro.
restauro; italiano inglese; traduzione; internazionalizzazione
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Lost in translation. Com'è cambiato il linguaggio del restauro (e il restauro) dalla Carta di Venezia ad oggi / Salvo, Simona Maria Carmela. - (2020), pp. 271-278.
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