La ricerca si propone di interpretare, attraverso un'analisi di dati primari rilevati tramite interviste a testimoni privilegiati quali sono gli operatori presso i centri di accoglienza, il funzionamento di questi ultimi in Italia ed in particolare nel territorio romano. Termine di paragone ed anche di riferimento sono, dunque, gli studi condotti sul lavoro che gli operatori e agenti di polizia svolgono lungo le frontiere, inserendosi in quella che Goffman definisce 'drammatizzazione del potere'. In questo senso, la frontiera non può essere considerata solo come una divisione geografica ma anche come una divisione culturale, epistemologica e sociale che avvia processi di soggettivizzazione e produzione di nuove soggettività. Per questo motivo, il contributo che proponiamo si accorda alla definizione di 'humanitarian borderland', dove ancora le frontiere confermano le differenze o distruggono quell'unità, definendo, classificando e comunicando processi e relazioni di potere e diventando, allo stesso modo, i siti di maggiore cambiamento etico. La ricerca si focalizza, principalmente, sulla complessità morale, sulla tensione tra la sicurezza e i diritti umani, sulle pratiche segmentate tra 'policy' e 'human agency', utilizzate all'interno di una struttura di accoglienza dove anche il lavoro di un operatore sociale interagisce con frontiere pre-definite (territori nazionali e sovra-nazionali, regioni, Questure, Prefetture), l'ammininistrazione delle frontiere (border managment) e l'asimmetria di potere che produce differenze (borders as instruments of differentation).
Gli operatori dell’accoglienza. Un’indagine sul territorio romano / D'Ambrosio, Gabriella; D'Ambrosio, Giovanna. - (2020), pp. 156-161.
Gli operatori dell’accoglienza. Un’indagine sul territorio romano
Gabriella D'Ambrosio;
2020
Abstract
La ricerca si propone di interpretare, attraverso un'analisi di dati primari rilevati tramite interviste a testimoni privilegiati quali sono gli operatori presso i centri di accoglienza, il funzionamento di questi ultimi in Italia ed in particolare nel territorio romano. Termine di paragone ed anche di riferimento sono, dunque, gli studi condotti sul lavoro che gli operatori e agenti di polizia svolgono lungo le frontiere, inserendosi in quella che Goffman definisce 'drammatizzazione del potere'. In questo senso, la frontiera non può essere considerata solo come una divisione geografica ma anche come una divisione culturale, epistemologica e sociale che avvia processi di soggettivizzazione e produzione di nuove soggettività. Per questo motivo, il contributo che proponiamo si accorda alla definizione di 'humanitarian borderland', dove ancora le frontiere confermano le differenze o distruggono quell'unità, definendo, classificando e comunicando processi e relazioni di potere e diventando, allo stesso modo, i siti di maggiore cambiamento etico. La ricerca si focalizza, principalmente, sulla complessità morale, sulla tensione tra la sicurezza e i diritti umani, sulle pratiche segmentate tra 'policy' e 'human agency', utilizzate all'interno di una struttura di accoglienza dove anche il lavoro di un operatore sociale interagisce con frontiere pre-definite (territori nazionali e sovra-nazionali, regioni, Questure, Prefetture), l'ammininistrazione delle frontiere (border managment) e l'asimmetria di potere che produce differenze (borders as instruments of differentation).File | Dimensione | Formato | |
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