Francesco Petrarca trascorse buona parte della propria esistenza sotto la protezione di cardinali e di signori laici. A partire dal suo apprendistato presso la corte cardinalizia dei Colonna ebbe modo di ampliare progressivamente le sue competenze curiali e politiche, partecipando ad importanti missioni diplomatiche (talora in veste di oratore) e mettendo la propria abilità di epistolografo al servizio dei sui domini. I signori dell’Italia settentrionale, a partire da Giacomo II da Carrara, mostrarono di considerare il dotto chierico, ben introdotto in Curia ed apprezzato da una schiera di giuristi appartenenti ai ranghi delle amministrazioni signorili, una figura capace di conferire prestigio a chi se ne facesse ospite e protettore. Nell’ampia produzione letteraria di Petrarca, inoltre, sono presenti componimenti poetici di carattere encomiastico, che si affiancano a numerosi passi e lettere dedicati ad una frammentaria ma significativa trattazione de principe. Alcune tra le sue opere più importanti, infine, sono dedicate ai signori e mettono in campo una tematizzazione del rapporto tra poeta e mecenate di stampo classico destinata ad un’ampia fortuna nei due secoli seguenti. A partire da tali vistosi dati biografici e letterari, il volume prende in esame il rapporto tra Petrarca e le corti, articolando la materia in tre capitoli. Il primo capitolo (“Petrarca da commensalis a diplomatico”) prende in esame la carriera cortigiana di Petrarca, di cui si indagano le diverse fasi e le caratteristiche di fondo, seguendo i primi passi in qualità di comensalis di Giovanni Colonna; la progressiva autonomia nei confronti della famiglia romana garantita dal patronage di Clemente VI; il trasferimento in Italia e i soggiorni a Milano, Venezia e Padova. Nell’analisi di tutte e tre le fasi emerge l’importanza rivestita dai perduranti rapporti con protettori in Curia. Il secondo capitolo (“Petrarca, le corti, i signori”) prende in esame i passi dedicati nell’epistolario e nelle altre opere petrarchesche alla vita nelle corti, dalle testimonianze di carattere autobiografico in merito alle missioni diplomatiche e al soggiorno presso i domini sino alle lettere rivolte a delineare l’educazione di un giovane sovrano (Fam. XII 2), le caratteristiche del condottiero ideale (Sen. IV), il ritratto del perfetto princeps (Sen. XIV 1, Rem. I 15-42). Il terzo capitolo (“La produzione letteraria e le corti. Dediche e testi d’occasione”), infine, si concentra su due aspetti che tengono insieme il dato biografico e la produzione letteraria: la ricognizione sull’insieme dei testi poetici occasionali, in latino e in volgare, riconducibili ad un’effettiva partecipazione alla vita cortigiana; lo studio delle dediche di diverse opere letterarie, volte a suscitare un mecenatismo in molti casi piuttosto sognato che effettivo. Il primo paragrafo prende in esame il corpus in questione suddividendolo per generi (testi all’improvviso, epitaffi, carmina e poesie volgari) e destinatari. Il percorso che ne deriva mostra la frequenza, nella prima fase della carriera cortigiana di Petrarca, del ricorso all’omaggio poetico. Allo stesso tempo emergono alcune costanti tematiche, come la pratica dell’invio di simbolici doni campestri e l’invito al signore nel locus amoenus. L’attenzione al paesaggio e il tema oraziano del soggiorno in villa sono funzionali ad evidenziare il nesso tra otium e protezione offerta dai signori. La parte restante del capitolo prende in esame la dedica di tre opere (Africa, De Remediis, De viris illustribus) ad altrettanti domini. Nei paragrafi in questione, la storia compositiva e la struttura delle singole opere sono messe in relazione con il rapporto di Petrarca con i diversi dedicatari: Roberto d’Angiò, Azzo da Correggio, Francesco da Carrara. Il quadro che emerge è quello di una raffinata tematizzazione dei rapporti tra literatus e dominus che più che riflettere le pratiche del tempo delinea i tratti di un mecenatismo ideale. La pratica della dedica diviene allora l’occasione per immaginare una futura rinascita del rapporto tra cesari e poeti praticato nell’età augustea.

Petrarca cortigiano. Francesco Petrarca e le corti da Avignone a Padova / Geri, L.. - (2020).

Petrarca cortigiano. Francesco Petrarca e le corti da Avignone a Padova

GERI L.
2020

Abstract

Francesco Petrarca trascorse buona parte della propria esistenza sotto la protezione di cardinali e di signori laici. A partire dal suo apprendistato presso la corte cardinalizia dei Colonna ebbe modo di ampliare progressivamente le sue competenze curiali e politiche, partecipando ad importanti missioni diplomatiche (talora in veste di oratore) e mettendo la propria abilità di epistolografo al servizio dei sui domini. I signori dell’Italia settentrionale, a partire da Giacomo II da Carrara, mostrarono di considerare il dotto chierico, ben introdotto in Curia ed apprezzato da una schiera di giuristi appartenenti ai ranghi delle amministrazioni signorili, una figura capace di conferire prestigio a chi se ne facesse ospite e protettore. Nell’ampia produzione letteraria di Petrarca, inoltre, sono presenti componimenti poetici di carattere encomiastico, che si affiancano a numerosi passi e lettere dedicati ad una frammentaria ma significativa trattazione de principe. Alcune tra le sue opere più importanti, infine, sono dedicate ai signori e mettono in campo una tematizzazione del rapporto tra poeta e mecenate di stampo classico destinata ad un’ampia fortuna nei due secoli seguenti. A partire da tali vistosi dati biografici e letterari, il volume prende in esame il rapporto tra Petrarca e le corti, articolando la materia in tre capitoli. Il primo capitolo (“Petrarca da commensalis a diplomatico”) prende in esame la carriera cortigiana di Petrarca, di cui si indagano le diverse fasi e le caratteristiche di fondo, seguendo i primi passi in qualità di comensalis di Giovanni Colonna; la progressiva autonomia nei confronti della famiglia romana garantita dal patronage di Clemente VI; il trasferimento in Italia e i soggiorni a Milano, Venezia e Padova. Nell’analisi di tutte e tre le fasi emerge l’importanza rivestita dai perduranti rapporti con protettori in Curia. Il secondo capitolo (“Petrarca, le corti, i signori”) prende in esame i passi dedicati nell’epistolario e nelle altre opere petrarchesche alla vita nelle corti, dalle testimonianze di carattere autobiografico in merito alle missioni diplomatiche e al soggiorno presso i domini sino alle lettere rivolte a delineare l’educazione di un giovane sovrano (Fam. XII 2), le caratteristiche del condottiero ideale (Sen. IV), il ritratto del perfetto princeps (Sen. XIV 1, Rem. I 15-42). Il terzo capitolo (“La produzione letteraria e le corti. Dediche e testi d’occasione”), infine, si concentra su due aspetti che tengono insieme il dato biografico e la produzione letteraria: la ricognizione sull’insieme dei testi poetici occasionali, in latino e in volgare, riconducibili ad un’effettiva partecipazione alla vita cortigiana; lo studio delle dediche di diverse opere letterarie, volte a suscitare un mecenatismo in molti casi piuttosto sognato che effettivo. Il primo paragrafo prende in esame il corpus in questione suddividendolo per generi (testi all’improvviso, epitaffi, carmina e poesie volgari) e destinatari. Il percorso che ne deriva mostra la frequenza, nella prima fase della carriera cortigiana di Petrarca, del ricorso all’omaggio poetico. Allo stesso tempo emergono alcune costanti tematiche, come la pratica dell’invio di simbolici doni campestri e l’invito al signore nel locus amoenus. L’attenzione al paesaggio e il tema oraziano del soggiorno in villa sono funzionali ad evidenziare il nesso tra otium e protezione offerta dai signori. La parte restante del capitolo prende in esame la dedica di tre opere (Africa, De Remediis, De viris illustribus) ad altrettanti domini. Nei paragrafi in questione, la storia compositiva e la struttura delle singole opere sono messe in relazione con il rapporto di Petrarca con i diversi dedicatari: Roberto d’Angiò, Azzo da Correggio, Francesco da Carrara. Il quadro che emerge è quello di una raffinata tematizzazione dei rapporti tra literatus e dominus che più che riflettere le pratiche del tempo delinea i tratti di un mecenatismo ideale. La pratica della dedica diviene allora l’occasione per immaginare una futura rinascita del rapporto tra cesari e poeti praticato nell’età augustea.
2020
978-88-6897-189-2
Francesco Petrarca; Umanesimo; Corti; Curia; Signorie
03 Monografia::03a Saggio, Trattato Scientifico
Petrarca cortigiano. Francesco Petrarca e le corti da Avignone a Padova / Geri, L.. - (2020).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1413274
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