Se la letteratura, per Calvino, ‘è fatta’ di biblioteche, di contro, le biblioteche sono sistemi per ‘fare’ letteratura, per inventarla, rappresentarla, desiderarla, e classificarla, nella scissione fra un senso di frustrazione e di appagato piacere che ogni tentativo di conoscenza, e di ordine, cela. Ogni biblioteca – interna o esterna, intima o reale –esprime una selezione della mente per costruire un modello possibile di catalogazione. Catalogare, classificare, dividere, separare, distinguere serve a difendersi dal caos del mondo, con una razionalità che è pura forma d’invenzione e creatività. Calvino alla sua morte, nel 1985, ha lasciato due importanti ‘opere interrotte’, biblioteche possibili della letteratura, l’una speculare all’altra: l’una è una ‘biblioteca d’autore’, fatta di libri (la biblioteca di Campo Marzio), l’altra una ‘biblioteca pensata’, fatta di parole (Lezioni americane). Entrambe senza un inizio e senza una fine, non catalogabili, se non nella molteplicità e complessità delle potenzialità; non classificabili perché, in esse, i libri sono, come li considerava Cosimo Piovasco di Rondò «un po’ come degli uccelli»2 e nella vita di una persona non sono ingabbiabili, sono dappertutto, o da nessuna parte, sia fuori che dentro. L’una è un ‘ideale di biblioteca’ proiettato nella rappresentazione di un sistema stratificato di una memoria classificatoria che determina la mappa dei libri, l’altra è una ‘biblioteca ideale’ costruita sfogliando nella memoria immaginativa la propria biblioteca interiore. La biblioteca di Italo Calvino si colloca fra l’una e l’altra: bisogna individuare il punto in cui la biblioteca pensata non coincide con quella vera per trovarla, come la fortezza d’If.
«Una biblioteca mia non riesco mai a tenerla assieme»: gli scaffali reali e ideali di Italo Calvino / DI NICOLA, Laura. - (2020), pp. 99-111.
«Una biblioteca mia non riesco mai a tenerla assieme»: gli scaffali reali e ideali di Italo Calvino
Di Nicola Laura
2020
Abstract
Se la letteratura, per Calvino, ‘è fatta’ di biblioteche, di contro, le biblioteche sono sistemi per ‘fare’ letteratura, per inventarla, rappresentarla, desiderarla, e classificarla, nella scissione fra un senso di frustrazione e di appagato piacere che ogni tentativo di conoscenza, e di ordine, cela. Ogni biblioteca – interna o esterna, intima o reale –esprime una selezione della mente per costruire un modello possibile di catalogazione. Catalogare, classificare, dividere, separare, distinguere serve a difendersi dal caos del mondo, con una razionalità che è pura forma d’invenzione e creatività. Calvino alla sua morte, nel 1985, ha lasciato due importanti ‘opere interrotte’, biblioteche possibili della letteratura, l’una speculare all’altra: l’una è una ‘biblioteca d’autore’, fatta di libri (la biblioteca di Campo Marzio), l’altra una ‘biblioteca pensata’, fatta di parole (Lezioni americane). Entrambe senza un inizio e senza una fine, non catalogabili, se non nella molteplicità e complessità delle potenzialità; non classificabili perché, in esse, i libri sono, come li considerava Cosimo Piovasco di Rondò «un po’ come degli uccelli»2 e nella vita di una persona non sono ingabbiabili, sono dappertutto, o da nessuna parte, sia fuori che dentro. L’una è un ‘ideale di biblioteca’ proiettato nella rappresentazione di un sistema stratificato di una memoria classificatoria che determina la mappa dei libri, l’altra è una ‘biblioteca ideale’ costruita sfogliando nella memoria immaginativa la propria biblioteca interiore. La biblioteca di Italo Calvino si colloca fra l’una e l’altra: bisogna individuare il punto in cui la biblioteca pensata non coincide con quella vera per trovarla, come la fortezza d’If.File | Dimensione | Formato | |
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