Quando alcuni anni fa George Steiner in “The Idea of Europe” scrisse che secondo lui l’Europa è innanzitutto “un caffè pieno di gente e di parole, in cui si scrivono versi, si cospira, si filosofeggia e si pratica la conversazione civile...”, non immaginava che un’emergenza pandemica avrebbe potuto stravolgere e segnare anche lo status dei caffè europei e del loro sistema di relazioni sociali e culturali. Allo stesso modo sarebbe stato per lui difficile prevedere che un altro tratto distintivo dell’identità europea, cioè il paesaggio camminabile e la geografia su misura dei piedi, avrebbe potuto anch’esso subire un profondo mutamento la cui proiezione futura risulta ardua da valutare. Ci siamo sempre regolati con una visione di paesaggio civilizzato, dove la natura non ha mai schiacciato l’essere umano e si è sempre assoggettata alle sue necessità e attitudini, senza mai ostacolarne o paralizzarne il progresso. In luogo dei deserti infuocati del Sahara, delle selve labirintiche dell’Amazzonia, delle pianure ghiacciate e sterili dell’Alaska, l’Europa ha sempre avuto un ambiente naturale amico dell’uomo, che ne ha facilitato il sostentamento, favorendo la comunicazione tra popoli e culture diversi con il dono di una sensibilità e di una immaginazione più profonde. Anche quando gli Europei si massacravano per ragioni religiose o politiche, il paesaggio non tendeva ad allontanarli, bensì li avvicinava. Un tratto dell’identità europea, forse il più inquietante di tutti, oggi riaffiora prepotentemente: il vecchio continente ha sempre pensato di dover morire, conscio che, dopo il conseguimento di un certo apogeo, rovina e fine ineluttabilmente sopraggiungeranno. Dalla “morte delle civiltà” di Valéry al “tramonto dell’occidente” di Spengler, ma già nella teoria della storia di Hegel, questo fatalismo escatologico sembra oggi riguadagnare fondamento.

Città fragili. Bari, Bergamo, Bologna, Catanzaro, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, ai tempi del Coronavirus / Toppetti, Fabrizio. - (2020).

Città fragili. Bari, Bergamo, Bologna, Catanzaro, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, ai tempi del Coronavirus

Fabrizio Toppetti
2020

Abstract

Quando alcuni anni fa George Steiner in “The Idea of Europe” scrisse che secondo lui l’Europa è innanzitutto “un caffè pieno di gente e di parole, in cui si scrivono versi, si cospira, si filosofeggia e si pratica la conversazione civile...”, non immaginava che un’emergenza pandemica avrebbe potuto stravolgere e segnare anche lo status dei caffè europei e del loro sistema di relazioni sociali e culturali. Allo stesso modo sarebbe stato per lui difficile prevedere che un altro tratto distintivo dell’identità europea, cioè il paesaggio camminabile e la geografia su misura dei piedi, avrebbe potuto anch’esso subire un profondo mutamento la cui proiezione futura risulta ardua da valutare. Ci siamo sempre regolati con una visione di paesaggio civilizzato, dove la natura non ha mai schiacciato l’essere umano e si è sempre assoggettata alle sue necessità e attitudini, senza mai ostacolarne o paralizzarne il progresso. In luogo dei deserti infuocati del Sahara, delle selve labirintiche dell’Amazzonia, delle pianure ghiacciate e sterili dell’Alaska, l’Europa ha sempre avuto un ambiente naturale amico dell’uomo, che ne ha facilitato il sostentamento, favorendo la comunicazione tra popoli e culture diversi con il dono di una sensibilità e di una immaginazione più profonde. Anche quando gli Europei si massacravano per ragioni religiose o politiche, il paesaggio non tendeva ad allontanarli, bensì li avvicinava. Un tratto dell’identità europea, forse il più inquietante di tutti, oggi riaffiora prepotentemente: il vecchio continente ha sempre pensato di dover morire, conscio che, dopo il conseguimento di un certo apogeo, rovina e fine ineluttabilmente sopraggiungeranno. Dalla “morte delle civiltà” di Valéry al “tramonto dell’occidente” di Spengler, ma già nella teoria della storia di Hegel, questo fatalismo escatologico sembra oggi riguadagnare fondamento.
2020
città, lockdown, pandemia
Toppetti, Fabrizio
06 Curatela::06a Curatela
Città fragili. Bari, Bergamo, Bologna, Catanzaro, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia, ai tempi del Coronavirus / Toppetti, Fabrizio. - (2020).
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