Con l’avanzare della modernità la città ottocentesca fondata sulla produzione industriale catalizza l’attenzione del pensiero sociologico classico, come testimoniano gli studi di Ferdinand Tönnies, Émile Durkheim, Georg Simmel e Max Weber, per poi diventare il focus della riflessione della Scuola di Chicago, conosciuta anche come Scuola dell’ecologia sociale urbana. Lo spazio urbano dei primi del Novecento assume nuove sembianze, trasformandosi in una metropoli eterogenea e contraddittoria, capace di accogliere in sé una pluralità di habitus e di linguaggi, come pure nuove forme di diversità socio-culturali, religiose ed etniche. La città si espande rapidamente e altrettanto rapidamente si apre alla diversità e alla complessità. Questa nuova fisionomia complessiva comporta la rottura definitiva con i canoni classici della città tradizionale, che si era fondata sui principi comunitari dell’unità, della solidarietà e della sicurezza sociale. Sempre più cosmopolita e plurale, nel corso del XX secolo la nuova metropoli segue affannosamente l’imporsi della cultura post-industriale, la crescita demografica planetaria e il graduale processo di globalizzazione, facendo i conti con destini separati, distinti, che gravitano attorno ad una pluralità di luoghi. Da questa considerazione preliminare si muove l’analisi dell’autrice, per poi concentrarsi sulla città contemporanea: uno spazio sociale e urbano mobile, capace di riflettere su di sé e reinventarsi lungo un continuum territoriale diffuso, che non è più definibile secondo la classica dicotomia centro-periferia e sfugge ai principi-cardine urbanistici di ordine e razionalità. Il motore della civiltà contemporanea diviene ora la fluidità, nella individuazione di percorsi, mappe, mete, nella dinamica di eventi in costante divenire, che inghiotte anche il tempo e lo spazio: il criterio di connessione e di accessibilità tende a sostituire quello di distanza e il concetto di rete diviene centrale per ridefinire analiticamente il territorio. La topografia territoriale urbana non si sviluppa più lungo direttrici fisse, ma viene continuamente ridisegnata in base alle esigenze e alle abitudini dei suoi city users, che geolocalizzano il loro vissuto muovendosi con una inaudita libertà tra la realtà materiale e quella virtuale. Trasformazioni così radicali e accelerate esigono da parte degli studiosi e degli specialisti delle varie discipline afferenti prospettive di studio altrettanto nuove rispetto a quelle tradizionali, poiché sia il centro della città che il continuum urbano diffuso sono realtà fisiche con caratteri e stili di vita assolutamente inediti. La città neo- moderna si dirama a tal punto da assumere identità plurime, cangianti, soggettive: fare esperienza del territorio metropolitano significa per l’individuo dover tracciare una propria topografia, quella che Michael Foucault definisce reticolare, puntiforme, “mentale”. L’ipertorfia del transito cittadino odierno coinvolge tutte le sfere, da quella lavorativa a quella ludica, dalla flânerie al comportamento di consumo, e di questi percorsi la città è la scena, ma anche lo strumento e il prodotto poiché riflette – sul piano organizzativo e spaziale – i desideri e gli interessi contingenti delle persone. I luoghi della città devono garantire al singolo la possibilità di fare esperienza, la quale significa – a livello sociologico – strutturare la propria identità individuale e sociale: due componenti umane fortemente radicate nello spazio. A questo proposito l’autrice riporta alcuni esempi di luoghi che sono ancora capaci di stimolare il genius loci: quartieri “segnati” e resuscitati dalla street art a Roma, il Superkilen di Copenaghen e l’High Line Park di New York. Si tratta di spazi ri-definiti nelle loro funzioni territoriali, capaci di narrazione o permeati da una socialità realmente condivisa. L’analisi della città contemporanea si conclude con quella della sua condizione di abitabilità, attraverso la riflessione sulle principali distonie della vita quotidiana nelle metropoli: problematiche attinenti alla viabilità, alla fruibilità degli spazi pubblici e alla qualità della vita in genere. Nell’ottica di un miglioramento di quest’ultima si ipotizzano nuovi comportamenti, già consolidati nella vision e nelle politiche riconducibili alla cultura della mobilità dolce: un fenomeno ormai diffuso in molte città del Nord Europa e dell’America, e sperimentato in quelle aree dell’Italia del nord la cui morfologia territoriale risulta più congeniale. Una nuova cultura che presuppone l’idea del corpo e dell’energia fisica quali motori puliti e non inquinanti, con indubbi effetti sul benessere psicofisico dei cittadini.

L'abitabilità della città contemporanea / Ciampi, Marina. - (2020), pp. 39-47. - DIAP PRINT.

L'abitabilità della città contemporanea

Ciampi
2020

Abstract

Con l’avanzare della modernità la città ottocentesca fondata sulla produzione industriale catalizza l’attenzione del pensiero sociologico classico, come testimoniano gli studi di Ferdinand Tönnies, Émile Durkheim, Georg Simmel e Max Weber, per poi diventare il focus della riflessione della Scuola di Chicago, conosciuta anche come Scuola dell’ecologia sociale urbana. Lo spazio urbano dei primi del Novecento assume nuove sembianze, trasformandosi in una metropoli eterogenea e contraddittoria, capace di accogliere in sé una pluralità di habitus e di linguaggi, come pure nuove forme di diversità socio-culturali, religiose ed etniche. La città si espande rapidamente e altrettanto rapidamente si apre alla diversità e alla complessità. Questa nuova fisionomia complessiva comporta la rottura definitiva con i canoni classici della città tradizionale, che si era fondata sui principi comunitari dell’unità, della solidarietà e della sicurezza sociale. Sempre più cosmopolita e plurale, nel corso del XX secolo la nuova metropoli segue affannosamente l’imporsi della cultura post-industriale, la crescita demografica planetaria e il graduale processo di globalizzazione, facendo i conti con destini separati, distinti, che gravitano attorno ad una pluralità di luoghi. Da questa considerazione preliminare si muove l’analisi dell’autrice, per poi concentrarsi sulla città contemporanea: uno spazio sociale e urbano mobile, capace di riflettere su di sé e reinventarsi lungo un continuum territoriale diffuso, che non è più definibile secondo la classica dicotomia centro-periferia e sfugge ai principi-cardine urbanistici di ordine e razionalità. Il motore della civiltà contemporanea diviene ora la fluidità, nella individuazione di percorsi, mappe, mete, nella dinamica di eventi in costante divenire, che inghiotte anche il tempo e lo spazio: il criterio di connessione e di accessibilità tende a sostituire quello di distanza e il concetto di rete diviene centrale per ridefinire analiticamente il territorio. La topografia territoriale urbana non si sviluppa più lungo direttrici fisse, ma viene continuamente ridisegnata in base alle esigenze e alle abitudini dei suoi city users, che geolocalizzano il loro vissuto muovendosi con una inaudita libertà tra la realtà materiale e quella virtuale. Trasformazioni così radicali e accelerate esigono da parte degli studiosi e degli specialisti delle varie discipline afferenti prospettive di studio altrettanto nuove rispetto a quelle tradizionali, poiché sia il centro della città che il continuum urbano diffuso sono realtà fisiche con caratteri e stili di vita assolutamente inediti. La città neo- moderna si dirama a tal punto da assumere identità plurime, cangianti, soggettive: fare esperienza del territorio metropolitano significa per l’individuo dover tracciare una propria topografia, quella che Michael Foucault definisce reticolare, puntiforme, “mentale”. L’ipertorfia del transito cittadino odierno coinvolge tutte le sfere, da quella lavorativa a quella ludica, dalla flânerie al comportamento di consumo, e di questi percorsi la città è la scena, ma anche lo strumento e il prodotto poiché riflette – sul piano organizzativo e spaziale – i desideri e gli interessi contingenti delle persone. I luoghi della città devono garantire al singolo la possibilità di fare esperienza, la quale significa – a livello sociologico – strutturare la propria identità individuale e sociale: due componenti umane fortemente radicate nello spazio. A questo proposito l’autrice riporta alcuni esempi di luoghi che sono ancora capaci di stimolare il genius loci: quartieri “segnati” e resuscitati dalla street art a Roma, il Superkilen di Copenaghen e l’High Line Park di New York. Si tratta di spazi ri-definiti nelle loro funzioni territoriali, capaci di narrazione o permeati da una socialità realmente condivisa. L’analisi della città contemporanea si conclude con quella della sua condizione di abitabilità, attraverso la riflessione sulle principali distonie della vita quotidiana nelle metropoli: problematiche attinenti alla viabilità, alla fruibilità degli spazi pubblici e alla qualità della vita in genere. Nell’ottica di un miglioramento di quest’ultima si ipotizzano nuovi comportamenti, già consolidati nella vision e nelle politiche riconducibili alla cultura della mobilità dolce: un fenomeno ormai diffuso in molte città del Nord Europa e dell’America, e sperimentato in quelle aree dell’Italia del nord la cui morfologia territoriale risulta più congeniale. Una nuova cultura che presuppone l’idea del corpo e dell’energia fisica quali motori puliti e non inquinanti, con indubbi effetti sul benessere psicofisico dei cittadini.
2020
Stili di vita e città del futuro. Roma e Montréal: due realtà a confronto
978-88-229-0291-7
spazio sociale e urbano, città contemporanea, vita quotidiana metropolitana, mobilità
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
L'abitabilità della città contemporanea / Ciampi, Marina. - (2020), pp. 39-47. - DIAP PRINT.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1397181
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