L’immaginario correlato all'innovazione tecnologica si mostra in tempi e forme diversi, tra letteratura, cinema e televisione. Più precisamente, la modificazione del corpo umano, il suo miglioramento attraverso il progresso tecnologico, ha scatenato storie del calibro di Frankenstein, i racconti di Asimov, fino alla grande ondata cyberpunk degli anni ’80, che intravedeva un mondo interlacciato alle tecnologie, quasi dipendente da esse. Uno dei leit motiv dei prodotti di finzione è l’innesto artificiale sull'essere umano, ovvero dispositivi atti a migliorare le capacità umane, come in Robocop (1987) o Io, Robot (2004). Donna Haraway, in Manifesto cyborg (1985), ha per prima considerato tali processi come possibili, sottolineando la vanificazione di un dualismo umano/macchina e naturale/artificiale. Ad oggi è possibile impiantare dei dispositivi sul corpo umano, distinguendone l’utilità medico- curativa da quella hobbistica. La seconda categoria è la branca che più volge lo sguardo alla fusione tra uomo e dispositivo e fa parte delle pratiche di biohacking, con l’intenzione di ingannare e manipolare la biologia umana. Il movimento dei biohacker, che si occupa anche di sperimentazione indipendente di cure e editing genetico DIY, nasce tra gli anni ’90 e 2000 come sottocultura collegata all'idea grinder di alterazione del corpo, e vede i primi esperimenti nel 1998 (Warwick, 2003) con i primi chip sottocutanei RFID, fino al Manifesto Biopunk (Patterson, 2010). Ad oggi è una pratica diffusa, commercializzata ed economica, con propri rischi ed ampie prospettive future.
Biohacking device e transumanesimo. Umani aumentati tra fiction e realtà / Quercia, Grazia. - (2020), pp. 133-140.
Biohacking device e transumanesimo. Umani aumentati tra fiction e realtà
Grazia Quercia
2020
Abstract
L’immaginario correlato all'innovazione tecnologica si mostra in tempi e forme diversi, tra letteratura, cinema e televisione. Più precisamente, la modificazione del corpo umano, il suo miglioramento attraverso il progresso tecnologico, ha scatenato storie del calibro di Frankenstein, i racconti di Asimov, fino alla grande ondata cyberpunk degli anni ’80, che intravedeva un mondo interlacciato alle tecnologie, quasi dipendente da esse. Uno dei leit motiv dei prodotti di finzione è l’innesto artificiale sull'essere umano, ovvero dispositivi atti a migliorare le capacità umane, come in Robocop (1987) o Io, Robot (2004). Donna Haraway, in Manifesto cyborg (1985), ha per prima considerato tali processi come possibili, sottolineando la vanificazione di un dualismo umano/macchina e naturale/artificiale. Ad oggi è possibile impiantare dei dispositivi sul corpo umano, distinguendone l’utilità medico- curativa da quella hobbistica. La seconda categoria è la branca che più volge lo sguardo alla fusione tra uomo e dispositivo e fa parte delle pratiche di biohacking, con l’intenzione di ingannare e manipolare la biologia umana. Il movimento dei biohacker, che si occupa anche di sperimentazione indipendente di cure e editing genetico DIY, nasce tra gli anni ’90 e 2000 come sottocultura collegata all'idea grinder di alterazione del corpo, e vede i primi esperimenti nel 1998 (Warwick, 2003) con i primi chip sottocutanei RFID, fino al Manifesto Biopunk (Patterson, 2010). Ad oggi è una pratica diffusa, commercializzata ed economica, con propri rischi ed ampie prospettive future.File | Dimensione | Formato | |
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