Nel marzo del 1601, il tribunale ecclesiastico di Casteldurante (oggi Urbania) istruì una causa contro Giorgio Picchi (1555 ca.-1605), accusato di aver tentato di distruggere gli affreschi realizzati attorno al 1558 dal più anziano Giustino Episcopi (1520 ca.-1609) nell’altare maggiore della chiesa di S. Chiara della stessa terra. Gli atti del corposo processo si sono dimostrati una fonte eloquente e foriera di molteplici riflessioni sull’applicazione delle determinazioni del Concilio di Trento nelle diocesi particolari. Trattate in altra sede le vicende biografiche dei due artisti, la discussione sulle procedure di committenza all’interno del convento e sull’incerta convenienza di alcuni soggetti rappresentati da Giustino Episcopi, il presente contributo si sofferma sull’atteggiamento difensivo assunto dalle monache davanti alla corte ecclesiastica la quale, al di là dei reati ipotizzati – come la violazione della regola claustrale – intese verificare il pensiero delle consacrate in merito alla loro capacità, in quanto donne, di esprimere un valido giudizi su rappresentazioni pittoriche o sulla qualità di un artista.
«Non è mia professione come donna intendermi delle pitture» un'indagine sulla vita religiosa e sulla facoltà di giudizio delle donne negli atti di un processo del 1601 / Moretti, Massimo. - (2020), pp. 55-96.
«Non è mia professione come donna intendermi delle pitture» un'indagine sulla vita religiosa e sulla facoltà di giudizio delle donne negli atti di un processo del 1601
Massimo Moretti
2020
Abstract
Nel marzo del 1601, il tribunale ecclesiastico di Casteldurante (oggi Urbania) istruì una causa contro Giorgio Picchi (1555 ca.-1605), accusato di aver tentato di distruggere gli affreschi realizzati attorno al 1558 dal più anziano Giustino Episcopi (1520 ca.-1609) nell’altare maggiore della chiesa di S. Chiara della stessa terra. Gli atti del corposo processo si sono dimostrati una fonte eloquente e foriera di molteplici riflessioni sull’applicazione delle determinazioni del Concilio di Trento nelle diocesi particolari. Trattate in altra sede le vicende biografiche dei due artisti, la discussione sulle procedure di committenza all’interno del convento e sull’incerta convenienza di alcuni soggetti rappresentati da Giustino Episcopi, il presente contributo si sofferma sull’atteggiamento difensivo assunto dalle monache davanti alla corte ecclesiastica la quale, al di là dei reati ipotizzati – come la violazione della regola claustrale – intese verificare il pensiero delle consacrate in merito alla loro capacità, in quanto donne, di esprimere un valido giudizi su rappresentazioni pittoriche o sulla qualità di un artista.File | Dimensione | Formato | |
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