I sistemi politici contemporanei sono caratterizzati dalla crescente diffusione di movimenti populisti, che sfruttano la crisi della democrazia, di cui costituiscono chiari sintomi, pur rappresentandosi in termini di “rimedi” alle più evidenti criticità della democrazia stessa (Ionescu, Gellner 1969; Canovan 1981; Taggart 2000; Mény, Surel 2000; Taguieff 2006; Laclau 2008). Molti di essi sono caratterizzati dalla presenza di alcuni tratti idealtipici, quali: appello a una comunità-popolo omogenea – che si percepisce come detentrice esclusiva della sovranità popolare ed esprime un atteggiamento anti-establishment (Mudde 2004); forte semplificazione del discorso politico, basato su retoriche di respiro manicheista del “noi vs. loro”, su verità “emotive” piuttosto che su “verità di fatto” (Arendt 1972) e su logiche del complotto; elogio del “nuovo” e dell'“uomo comune” (con relativo disprezzo per formazione, esperienza ed intermediazione), sostituzione dell'ideologia con l'exemplum biografico (storie di vita di outsiders della politica che si presume possano “far meglio” dei politici di professione); costruzione emotiva e im-mediata dell'appartenenza tra leader carismatico ed elettori (Müller 2017; Revelli 2017). Ne deriva soprattutto l'esaperazione del senso del confine e del conflitto, con uno slittamento dalla tradizionale dialettica orizzontale tra culture politiche diverse, proprie di attori situati su un piano di eguaglianza (di rango), tipica della modernità inaugurata dalla Rivoluzione francese (es: coppia destra-sinistra) a una contrapposizione verticale (logica alto-basso) tra l'unità del popolo “vero” nella sua purezza originaria e una qualche entità che si pone, indebitamente, al di sopra (un'élite usurpatrice, una congrega di privilegiati, un potere occulto) o al di sotto (gli immigrati, gli stranieri, ecc.) di esso. In ultima analisi, ciò genera una tendenza alla riduzione del pluralismo, che si declina nella delegittimazione degli avversari e nella pretesa di rappresentatività esclusiva del popolo (Müller 2017); Queste note intendono gettare luce anche su alcune dinamiche sociali, politiche e culturali che figurano spesso all'origine dei neopopulismi contemporanei, quali polarizzazione sociale (Ellner, Hellinger 2004; Anselmi 2017), crisi di rappresentanza, backlash culturale (Norris, Inglehart 2016), diminuzione della presenza dei partiti all'interno della società vs. crescente presenza degli stessi nelle istituzioni (Massari 2004), crescente disaffezione verso élite e contenuti delle policies, soprattutto a livello internazionale. Infine, si ipotizzano alcuni possibili “antidoti” alla retorica populista, tra cui la programmazione di politiche tendenzialmente più riformiste e redistributive contro le crescenti tendenze alla polarizzazione sociale (impoverimento del ceto medio, inasprimento delle diseguaglianze) (Revelli 2017); la rivalutazione di una cultura dell’intermediazione, che restituisca senso alla democrazia rappresentativa, recuperando il valore della formazione e dell’esperienza e investendo, al contempo, nella crescita culturale della cittadinanza; il costante monitoraggio della dimensione pluralistica del sistema politico (sostanziale vigenza dello Stato di diritto, pluralismo dell’informazione, sviluppo della dimensione liberale, e non meramente elettorale della democrazia) (Dahl 1971, Rokkan 1970, Diamond 1999).

L'esasperazione del confine nella retorica populista: alcune riflessioni / Antonini, Erica. - (2018). (Intervento presentato al convegno Festival della Sociologia di Narni - II edizione - 2018 - 'Confini e convivenze' tenutosi a Narni (TR), Italia).

L'esasperazione del confine nella retorica populista: alcune riflessioni

Antonini Erica
2018

Abstract

I sistemi politici contemporanei sono caratterizzati dalla crescente diffusione di movimenti populisti, che sfruttano la crisi della democrazia, di cui costituiscono chiari sintomi, pur rappresentandosi in termini di “rimedi” alle più evidenti criticità della democrazia stessa (Ionescu, Gellner 1969; Canovan 1981; Taggart 2000; Mény, Surel 2000; Taguieff 2006; Laclau 2008). Molti di essi sono caratterizzati dalla presenza di alcuni tratti idealtipici, quali: appello a una comunità-popolo omogenea – che si percepisce come detentrice esclusiva della sovranità popolare ed esprime un atteggiamento anti-establishment (Mudde 2004); forte semplificazione del discorso politico, basato su retoriche di respiro manicheista del “noi vs. loro”, su verità “emotive” piuttosto che su “verità di fatto” (Arendt 1972) e su logiche del complotto; elogio del “nuovo” e dell'“uomo comune” (con relativo disprezzo per formazione, esperienza ed intermediazione), sostituzione dell'ideologia con l'exemplum biografico (storie di vita di outsiders della politica che si presume possano “far meglio” dei politici di professione); costruzione emotiva e im-mediata dell'appartenenza tra leader carismatico ed elettori (Müller 2017; Revelli 2017). Ne deriva soprattutto l'esaperazione del senso del confine e del conflitto, con uno slittamento dalla tradizionale dialettica orizzontale tra culture politiche diverse, proprie di attori situati su un piano di eguaglianza (di rango), tipica della modernità inaugurata dalla Rivoluzione francese (es: coppia destra-sinistra) a una contrapposizione verticale (logica alto-basso) tra l'unità del popolo “vero” nella sua purezza originaria e una qualche entità che si pone, indebitamente, al di sopra (un'élite usurpatrice, una congrega di privilegiati, un potere occulto) o al di sotto (gli immigrati, gli stranieri, ecc.) di esso. In ultima analisi, ciò genera una tendenza alla riduzione del pluralismo, che si declina nella delegittimazione degli avversari e nella pretesa di rappresentatività esclusiva del popolo (Müller 2017); Queste note intendono gettare luce anche su alcune dinamiche sociali, politiche e culturali che figurano spesso all'origine dei neopopulismi contemporanei, quali polarizzazione sociale (Ellner, Hellinger 2004; Anselmi 2017), crisi di rappresentanza, backlash culturale (Norris, Inglehart 2016), diminuzione della presenza dei partiti all'interno della società vs. crescente presenza degli stessi nelle istituzioni (Massari 2004), crescente disaffezione verso élite e contenuti delle policies, soprattutto a livello internazionale. Infine, si ipotizzano alcuni possibili “antidoti” alla retorica populista, tra cui la programmazione di politiche tendenzialmente più riformiste e redistributive contro le crescenti tendenze alla polarizzazione sociale (impoverimento del ceto medio, inasprimento delle diseguaglianze) (Revelli 2017); la rivalutazione di una cultura dell’intermediazione, che restituisca senso alla democrazia rappresentativa, recuperando il valore della formazione e dell’esperienza e investendo, al contempo, nella crescita culturale della cittadinanza; il costante monitoraggio della dimensione pluralistica del sistema politico (sostanziale vigenza dello Stato di diritto, pluralismo dell’informazione, sviluppo della dimensione liberale, e non meramente elettorale della democrazia) (Dahl 1971, Rokkan 1970, Diamond 1999).
2018
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1357535
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