Nella sua Nota delli Musei, Librerie, Galerie et ornamenti di statue e pitture [...] di Roma (1664) Giovan Pietro Bellori registrava che «non solo li dotti claustri de' Religiosi, le famiglie di titolo, e de' Sacri Porporati, ma quasi ciascun'altra Casa honesta, e civile serba qualche pregio memorabile, et di stima». Nel costatare la straordinaria diffusione (e qualità) delle collezioni artistiche romane, il grande critico non poteva però esimersi dal lamentare che «alcuni spregiando le lettere, l'arti, e l'honorate memorie alienano, e spogliano se stessi de gli ornamenti de' loro maggiori, e fanno peregrinare altrove la gloria, e la meraviglia delle cose». Le recenti ricerche sul collezionismo romano hanno dato decisivi contributi per ricostruire l'entità e i percorsi di formazione di quelle ingenti raccolte e, al tempo stesso, ne hanno documentato le vendite e le conseguenti dispersioni. È noto, infatti, che non poche delle collezioni d'arte e di antichità già allora emigravano da Roma, avviando un processo di depauperamento che conobbe un apice dopo il Trattato di Tolentino (1797) e purtroppo si protrasse nel corso dell'Ottocento e nella prima metà del Novecento. Si pensi, ad esempio, alla dispersione dell'immenso patrimonio artistico posseduto dai vari rami della famiglia Barberini, con il passaggio dei 3/8 delle opere alla collezione Corsini di Firenze (dopo il 1881), le clamorose vendite della collezione di Palazzo Sciarra (nel 1892 e nel 1899) e la nefasta legge del 1934 che permise l'alienazione e l'esportazione di buona parte delle opere raccolte nella residenza barberiniana alle Quattro Fontane, fino ad allora tutelate dal vincolo fidecommissario. Dal secondo dopoguerra non poche sono state le iniziative volte ad arginare queste “emorragie” (tra le quali va ricordato il tenace impegno di Rodolfo Siviero per riportare in Italia i capolavori trafugati dai nazisti) e a colmare le lacune del patrimonio artistico romano. Delle azioni intraprese dagli organismi statali, basti citare l'acquisto di Palazzo Barberini, nel 1949, per farne la sede della Galleria Nazionale di Arte Antica e, nel 1952, dei 112 dipinti ancora in possesso della medesima famiglia, nonché le successive acquisizioni di singoli capolavori e il paziente lavoro di recupero di opere d'arte da tempo assegnate ad ambasciate e altre sedi istituzionali. Va tenuto presente, inoltre, che tale indirizzo in controtendenza è stato favorito anche dall'iniziativa di “privati”: collezionisti, mecenati e antiquari che hanno riportato pezzi notevoli nel nostro Paese e formato raccolte di grande interesse. In questa virtuosa prospettiva si iscrivono la creazione della prestigiosa Collezione d'Arte della Fondazione Roma e la sua stabile esposizione nello storico Palazzo Sciarra al Corso, l'una e l'altra fortemente volute dal Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele durante la sua Presidenza. Si tratta del Museo di un'istituzione privata a vocazione filantropica – qual è la Fondazione Roma – ma di destinazione pubblica, aperta cioè alla fruizione dei romani e dei moltissimi appassionati d'arte che visitano la nostra città: tale scelta lo distingue da altre raccolte private di recente formazione, per lo più di non facile accesso. Ricca di pregevoli dipinti, sculture e altri manufatti artistici che vanno dall'età rinascimentale al contemporaneo, l'esposizione permanente della Fondazione è centrata su Roma e documenta in particolare l'attività degli artisti che vi hanno soggiornato e lavorato, cosí da aggiungere nuovi tasselli allo straordinario patrimonio artistico capitolino, integrandosi con le opere custodite nei musei, nelle gallerie, nelle chiese, nei palazzi e in altri luoghi della città. Con la pubblicazione del catalogo scientifico delle opere d'arte oggi raccolte in Palazzo Sciarra, la Collezione della Fondazione Roma è stata assunta nell'ambito di un più vasto progetto di valorizzazione del suo patrimonio artistico, che ha portato a compimento il progetto di creare in Palazzo Sciarra un nuovo e qualificatissimo spazio museale. Al restauro del piano nobile (già risistemato nell'ultimo quarto dell'Ottocento dall'architetto Francesco Settimi per volere di Maffeo Colonna di Sciarra) conclusosi nel 2010, è seguito il ripristino degli ambienti al piano terra per estendere lo spazio espositivo e per accogliere l'Archivio Storico, comprendente l'antico archivio del Monte di Pietà. La disponibilità dei nuovi spazi, dopo l'opportuna messa a punto funzionale del piano terreno e del piano nobile del palazzo, ha consentito di realizzare un Museo permanente, destinato alla collezione di dipinti, sculture, arazzi, medaglie e monete, accessibile ai visitatori e fruibile anche con la dotazione di avanzati ausili tecnologici. L'allestimento permette, dopo un'attenta disamina critica sulla disposizione delle opere, di ottenere una visione d'insieme di chiara leggibilità. Si può cosí apprezzare, attraverso un itinerario cronologico, la ricchezza e la varietà del patrimonio artistico della Fondazione e allargare lo sguardo e la conoscenza di Roma grazie alle vedute della città antica e moderna, ai ritratti di papi, di nobili romani e di illustri “forestieri”, ai numerosi bozzetti preparatori per dipinti e pale d'altare delle chiese, alle limpide vedute del Tevere e della Campagna romana, assieme alle altre creazioni di matrice “romana” che ne documentano i percorsi artistici fino all'età contemporanea. In tal modo, agli occhi dei visitatori si apre l'immagine di una Roma “dipinta”, che si mostra nelle sue molteplici sfaccettature culturali e storico artistiche, in un dialogo costante con quel museo a cielo aperto che è la città stessa, composto – come scriveva nel 1796 Quatremère de Quincy nelle Lettres à Miranda – non solo «di statue, di colossi, di templi, di obelischi, di colonne trionfali, di terme, di circhi, di anfiteatri, di archi di trionfo […] ma altresí di luoghi, di paesaggi, di strade, di vie antiche, di posizioni rispettive delle città dissepolte, di rapporti geografici, di reciproche relazioni tra tutti i reperti, di memorie, di tradizioni locali, di usanze ancora in vita, di paragoni e di raffronti che non possono che farsi sul posto». Era stata questa, del resto, l'impressione avuta da Goethe nel novembre del 1786, a pochi giorni dal suo arrivo a Roma: «a poco a poco si precisa nel mio animo un'idea generale di questa città. La percorriamo in ogni senso con scrupolo; io mi familiarizzo con la topografia dell'antica e della nuova Roma, osservo rovine e edifizî, esploro questa e quell'altra villa, lentamente m'accosto alle maggiori bellezze e non faccio che aprire gli occhi e guardare, che andare e venire, giacché solo a Roma ci si può preparare a comprendere Roma». La Collezione d'Arte della Fondazione Roma, basata su un nucleo originario proveniente dalle raccolte del Monte di Pietà e della Cassa di Risparmio di Roma (riacquisito dall'Unicredit grazie alla cordialità dei rapporti intrattenuti dal Presidente Emanuele con Dieter Rampl e Federico Ghizzoni, a quel tempo rispettivamente Presidente e AD di Unicredit), è stata notevolmente incrementata con un'oculata campagna di grandi acquisti promossa dallo stesso Emanuele. Cosí ampliata e notevolmente arricchita essa è divenuta una raccolta unica nel suo genere per lo spessore storico della sua formazione e per la consistenza e qualità delle opere che custodisce. Il Palazzo Sciarra, che deve la sua importanza anche alla posizione strategica lungo la Via del Corso (l'asse viario tracciato in epoca romana tra il Campidoglio e l'odierna Piazza del Popolo che s'innesta nella Via Flaminia proseguendo fino a Ponte Milvio), costituisce uno degli esempi più rappresentativi di dimora nobiliare romana. Nonostante l'alienazione della collezione Colonna di Sciarra, che ha portato, come si è detto, alla dispersione di una delle più importanti quadrerie romane (con capolavori come i Bari del Caravaggio, ora al Kimbell Art Museum di Fort Worth, il Suonatore di violino di Sebastiano del Piombo, in collezione Rotschild, il San Sebastiano del Perugino, ora al Louvre, e La Bella di Palma il Vecchio, in collezione Thyssen), il palazzo al Corso resta una testimonianza considerevole della committenza artistica dei Colonna di Sciarra tra Sei e Settecento. Tra l'altro, al secondo piano del palazzo si conserva la decorazione dell'appartamento che il cardinale Prospero Colonna fece allestire tra il 1743 e il 1750 da Luigi Vanvitelli, stimato e protetto dal porporato, come documentano le lettere che l'architetto gli inviò da Caserta. La raccolta del Museo – che comprende alcune importanti sculture quali la Madonna col Bambino di Silvestro dell'Aquila e la Madonna col Bambino in argento riferibile ad Alessandro Algardi – degnamente corrisponde all'importanza storica dello splendido contenitore. Numerosi sono i dipinti rappresentativi delle varie epoche e correnti artistiche: si pensi all'Imago Pietatis di Piermatteo d'Amelia, al San Giovanni Battista nel deserto di Nicolas Régnier, alla Madonna col Bambino e gli arcangeli Michele e Raffaele di Angelo Caroselli, al grande bozzetto di Pietro da Cortona per una delle cupole minori di San Pietro e al Ritratto di Giacinta Orsini Boncompagni Ludovisi di Pompeo Batoni, nonché alle tre Vedute romane di Giovanni Paolo Pannini, che ben rappresentano il genius loci della città. Altre si distinguono per singolari significati simbolici, come i due rari dipinti su cuoio con La tregua di Nizza del 1538, attribuiti a Tommaso Dovini detto il Caravaggino, o l'Allegoria della Fortuna del pittore e poeta Jacopo Diol, originale variante settecentesca di un tema che dal Medioevo è stato oggetto di diverse interpretazioni. Altri dipinti associano il valore formale a quello di documentazione storica, come la Partenza della corsa dei Berberi a piazza del Popolo di Thomas Jones Barker e Pio IX benedice la colonna dell'Immacolata in Piazza di Spagna di Carlo De Paris, emblematici per la Roma del XIX secolo. Tutto ciò è arricchito dalla presenza di alcuni arazzi e di numerosi bozzetti, soprattutto settecenteschi, che si integrano felicemente con quanto posseduto dai grandi musei romani, colmando una lacuna e offrendo una piacevole chiave di lettura “alternativa” della produzione pittorica del XVIII secolo. Ma una delle caratteristiche più interessanti della Collezione d'Arte della Fondazione Roma, che la rende unica nel contesto capitolino, è la varietà di opere che vanno dal Novecento ai nostri giorni. A differenza delle grandi collezioni private romane, che si fermano al Sette-Ottocento, essa include il contemporaneo con una esemplare sezione dedicata a numerosi artisti italiani e stranieri. Tra le opere del secolo scorso si segnalano il nucleo portante della cosiddetta “Scuola Romana” e dipinti di valenza sociale come La famiglia di Armando Spadini, che aggiorna il naturalismo aneddotico di Adriano Cecioni alle poetiche post-impressionistiche. Ben rappresentati sono i maestri degli anni Sessanta, tra i quali Mario Schifano con Tuttestelle, Tano Festa con Da Michelangelo, Franco Angeli con Of America, Lucio Fontana con Concetto spaziale. Attesa. Concludono la rassegna alcuni protagonisti della scena artistica contemporanea come Pablo Ecahurren, presente con La grande cipolla e That's wall folks! , Alessandro Kokocinski con Imprimesti il segno dell'eternità, Roberto Ferri con Il Rito e Arnaldo Pomodoro con Novecento, grande scultura in bronzo che vuol essere una plastica rappresentazione spazio-temporale proiettata nel futuro. Il Museo, inoltre, è arricchito dall'esposizione di quattrocento pezzi del patrimonio numismatico della Fondazione Roma (di cui è stato pubblicato nel 2010 il catalogo completo), costituito da oltre 2500 esemplari tra medaglie e monete, la cui parte più consistente è rappresentata dalla serie di medaglie papali, che vanno da Martino V Colonna a Papa Francesco. Una collezione che rispecchia sei secoli di storia del pontificato e che, per numero e qualità dei pezzi, si può considerare seconda solo al Medagliere della Biblioteca Apostolica Vaticana. Un innovativo sistema digitale consente ai visitatori di scoprire le caratteristiche di ogni esemplare, cogliendo i minimi dettagli del recto e del verso. Un discorso a parte merita l'impegno dei curatori del catalogo, Maria Celeste Cola e Stefano Colonna. I due studiosi hanno proficuamente collaborato per realizzare un'operazione di profilo scientifico basata su un'attenta ricognizione bibliografica che registra, nelle schede redatte con puntuali criteri di classificazione, gli interventi critici più recenti. Gli schedatori, da parte loro, hanno accettato di buon grado la sfida di aggiornare in tempi relativamente brevi il patrimonio d'informazioni delle schede di catalogo possedute dalla Fondazione, con commenti tecnicamente ineccepibili e apprezzabili anche nella scrittura, tanto che si può gustare la lettura delle schede stesse come una raccolta di micro-saggi che offrono uno specifico contributo alla storia dell'arte e del collezionismo. I due curatori e gli schedatori hanno inoltre condotto un'ampia campagna di indagini al fine di giungere a datazioni più circostanziate, apportando non pochi cambiamenti e acquisizioni. La rilettura di tutte le opere, l'aggiornamento bibliografico e la ricerca archivistica hanno altresí consentito alcune ragionate modifiche di attribuzione. Solo per citare alcuni esempi: Guendalina Serafinelli ha ricondotto a Giacinto Boccanera il Beato Felice da Cantalice e ad Alessandro Vaselli il Sant'Agostino nello studio già attribuiti a Giacinto Brandi, mentre Alessandro Spila ha restituito a Giuseppe Barberi, sulla base di una nota del diario dello scultore Vincenzo Pacetti, la tela con la Veduta della Sagrestia nuova di San Pietro in precedenza ritenuta di Carlo Marchionni. La pubblicazione di questo catalogo, grazie al suo rigore scientifico e a un eccellente corredo di immagini, offre uno strumento di studio e di conoscenza che rivela la compiuta e originale fisionomia della Collezione d'Arte della Fondazione Roma. Tale lungimirante iniziativa, promossa dal Professor Emanuele, è naturalmente destinata agli specialisti, ma anche al più vasto pubblico dei visitatori, per illustrare un insieme di opere di sicuro interesse culturale per la storia di Roma e per la storia dell'arte in generale.

Cat. 178 Jacopo Diol (Roma 1691 ca. - post 1751) Allegoria della Fortuna / Colonna, Stefano. - (2019), pp. 72-73.

Cat. 178 Jacopo Diol (Roma 1691 ca. - post 1751) Allegoria della Fortuna

Stefano Colonna
Primo
Writing – Original Draft Preparation
2019

Abstract

Nella sua Nota delli Musei, Librerie, Galerie et ornamenti di statue e pitture [...] di Roma (1664) Giovan Pietro Bellori registrava che «non solo li dotti claustri de' Religiosi, le famiglie di titolo, e de' Sacri Porporati, ma quasi ciascun'altra Casa honesta, e civile serba qualche pregio memorabile, et di stima». Nel costatare la straordinaria diffusione (e qualità) delle collezioni artistiche romane, il grande critico non poteva però esimersi dal lamentare che «alcuni spregiando le lettere, l'arti, e l'honorate memorie alienano, e spogliano se stessi de gli ornamenti de' loro maggiori, e fanno peregrinare altrove la gloria, e la meraviglia delle cose». Le recenti ricerche sul collezionismo romano hanno dato decisivi contributi per ricostruire l'entità e i percorsi di formazione di quelle ingenti raccolte e, al tempo stesso, ne hanno documentato le vendite e le conseguenti dispersioni. È noto, infatti, che non poche delle collezioni d'arte e di antichità già allora emigravano da Roma, avviando un processo di depauperamento che conobbe un apice dopo il Trattato di Tolentino (1797) e purtroppo si protrasse nel corso dell'Ottocento e nella prima metà del Novecento. Si pensi, ad esempio, alla dispersione dell'immenso patrimonio artistico posseduto dai vari rami della famiglia Barberini, con il passaggio dei 3/8 delle opere alla collezione Corsini di Firenze (dopo il 1881), le clamorose vendite della collezione di Palazzo Sciarra (nel 1892 e nel 1899) e la nefasta legge del 1934 che permise l'alienazione e l'esportazione di buona parte delle opere raccolte nella residenza barberiniana alle Quattro Fontane, fino ad allora tutelate dal vincolo fidecommissario. Dal secondo dopoguerra non poche sono state le iniziative volte ad arginare queste “emorragie” (tra le quali va ricordato il tenace impegno di Rodolfo Siviero per riportare in Italia i capolavori trafugati dai nazisti) e a colmare le lacune del patrimonio artistico romano. Delle azioni intraprese dagli organismi statali, basti citare l'acquisto di Palazzo Barberini, nel 1949, per farne la sede della Galleria Nazionale di Arte Antica e, nel 1952, dei 112 dipinti ancora in possesso della medesima famiglia, nonché le successive acquisizioni di singoli capolavori e il paziente lavoro di recupero di opere d'arte da tempo assegnate ad ambasciate e altre sedi istituzionali. Va tenuto presente, inoltre, che tale indirizzo in controtendenza è stato favorito anche dall'iniziativa di “privati”: collezionisti, mecenati e antiquari che hanno riportato pezzi notevoli nel nostro Paese e formato raccolte di grande interesse. In questa virtuosa prospettiva si iscrivono la creazione della prestigiosa Collezione d'Arte della Fondazione Roma e la sua stabile esposizione nello storico Palazzo Sciarra al Corso, l'una e l'altra fortemente volute dal Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele durante la sua Presidenza. Si tratta del Museo di un'istituzione privata a vocazione filantropica – qual è la Fondazione Roma – ma di destinazione pubblica, aperta cioè alla fruizione dei romani e dei moltissimi appassionati d'arte che visitano la nostra città: tale scelta lo distingue da altre raccolte private di recente formazione, per lo più di non facile accesso. Ricca di pregevoli dipinti, sculture e altri manufatti artistici che vanno dall'età rinascimentale al contemporaneo, l'esposizione permanente della Fondazione è centrata su Roma e documenta in particolare l'attività degli artisti che vi hanno soggiornato e lavorato, cosí da aggiungere nuovi tasselli allo straordinario patrimonio artistico capitolino, integrandosi con le opere custodite nei musei, nelle gallerie, nelle chiese, nei palazzi e in altri luoghi della città. Con la pubblicazione del catalogo scientifico delle opere d'arte oggi raccolte in Palazzo Sciarra, la Collezione della Fondazione Roma è stata assunta nell'ambito di un più vasto progetto di valorizzazione del suo patrimonio artistico, che ha portato a compimento il progetto di creare in Palazzo Sciarra un nuovo e qualificatissimo spazio museale. Al restauro del piano nobile (già risistemato nell'ultimo quarto dell'Ottocento dall'architetto Francesco Settimi per volere di Maffeo Colonna di Sciarra) conclusosi nel 2010, è seguito il ripristino degli ambienti al piano terra per estendere lo spazio espositivo e per accogliere l'Archivio Storico, comprendente l'antico archivio del Monte di Pietà. La disponibilità dei nuovi spazi, dopo l'opportuna messa a punto funzionale del piano terreno e del piano nobile del palazzo, ha consentito di realizzare un Museo permanente, destinato alla collezione di dipinti, sculture, arazzi, medaglie e monete, accessibile ai visitatori e fruibile anche con la dotazione di avanzati ausili tecnologici. L'allestimento permette, dopo un'attenta disamina critica sulla disposizione delle opere, di ottenere una visione d'insieme di chiara leggibilità. Si può cosí apprezzare, attraverso un itinerario cronologico, la ricchezza e la varietà del patrimonio artistico della Fondazione e allargare lo sguardo e la conoscenza di Roma grazie alle vedute della città antica e moderna, ai ritratti di papi, di nobili romani e di illustri “forestieri”, ai numerosi bozzetti preparatori per dipinti e pale d'altare delle chiese, alle limpide vedute del Tevere e della Campagna romana, assieme alle altre creazioni di matrice “romana” che ne documentano i percorsi artistici fino all'età contemporanea. In tal modo, agli occhi dei visitatori si apre l'immagine di una Roma “dipinta”, che si mostra nelle sue molteplici sfaccettature culturali e storico artistiche, in un dialogo costante con quel museo a cielo aperto che è la città stessa, composto – come scriveva nel 1796 Quatremère de Quincy nelle Lettres à Miranda – non solo «di statue, di colossi, di templi, di obelischi, di colonne trionfali, di terme, di circhi, di anfiteatri, di archi di trionfo […] ma altresí di luoghi, di paesaggi, di strade, di vie antiche, di posizioni rispettive delle città dissepolte, di rapporti geografici, di reciproche relazioni tra tutti i reperti, di memorie, di tradizioni locali, di usanze ancora in vita, di paragoni e di raffronti che non possono che farsi sul posto». Era stata questa, del resto, l'impressione avuta da Goethe nel novembre del 1786, a pochi giorni dal suo arrivo a Roma: «a poco a poco si precisa nel mio animo un'idea generale di questa città. La percorriamo in ogni senso con scrupolo; io mi familiarizzo con la topografia dell'antica e della nuova Roma, osservo rovine e edifizî, esploro questa e quell'altra villa, lentamente m'accosto alle maggiori bellezze e non faccio che aprire gli occhi e guardare, che andare e venire, giacché solo a Roma ci si può preparare a comprendere Roma». La Collezione d'Arte della Fondazione Roma, basata su un nucleo originario proveniente dalle raccolte del Monte di Pietà e della Cassa di Risparmio di Roma (riacquisito dall'Unicredit grazie alla cordialità dei rapporti intrattenuti dal Presidente Emanuele con Dieter Rampl e Federico Ghizzoni, a quel tempo rispettivamente Presidente e AD di Unicredit), è stata notevolmente incrementata con un'oculata campagna di grandi acquisti promossa dallo stesso Emanuele. Cosí ampliata e notevolmente arricchita essa è divenuta una raccolta unica nel suo genere per lo spessore storico della sua formazione e per la consistenza e qualità delle opere che custodisce. Il Palazzo Sciarra, che deve la sua importanza anche alla posizione strategica lungo la Via del Corso (l'asse viario tracciato in epoca romana tra il Campidoglio e l'odierna Piazza del Popolo che s'innesta nella Via Flaminia proseguendo fino a Ponte Milvio), costituisce uno degli esempi più rappresentativi di dimora nobiliare romana. Nonostante l'alienazione della collezione Colonna di Sciarra, che ha portato, come si è detto, alla dispersione di una delle più importanti quadrerie romane (con capolavori come i Bari del Caravaggio, ora al Kimbell Art Museum di Fort Worth, il Suonatore di violino di Sebastiano del Piombo, in collezione Rotschild, il San Sebastiano del Perugino, ora al Louvre, e La Bella di Palma il Vecchio, in collezione Thyssen), il palazzo al Corso resta una testimonianza considerevole della committenza artistica dei Colonna di Sciarra tra Sei e Settecento. Tra l'altro, al secondo piano del palazzo si conserva la decorazione dell'appartamento che il cardinale Prospero Colonna fece allestire tra il 1743 e il 1750 da Luigi Vanvitelli, stimato e protetto dal porporato, come documentano le lettere che l'architetto gli inviò da Caserta. La raccolta del Museo – che comprende alcune importanti sculture quali la Madonna col Bambino di Silvestro dell'Aquila e la Madonna col Bambino in argento riferibile ad Alessandro Algardi – degnamente corrisponde all'importanza storica dello splendido contenitore. Numerosi sono i dipinti rappresentativi delle varie epoche e correnti artistiche: si pensi all'Imago Pietatis di Piermatteo d'Amelia, al San Giovanni Battista nel deserto di Nicolas Régnier, alla Madonna col Bambino e gli arcangeli Michele e Raffaele di Angelo Caroselli, al grande bozzetto di Pietro da Cortona per una delle cupole minori di San Pietro e al Ritratto di Giacinta Orsini Boncompagni Ludovisi di Pompeo Batoni, nonché alle tre Vedute romane di Giovanni Paolo Pannini, che ben rappresentano il genius loci della città. Altre si distinguono per singolari significati simbolici, come i due rari dipinti su cuoio con La tregua di Nizza del 1538, attribuiti a Tommaso Dovini detto il Caravaggino, o l'Allegoria della Fortuna del pittore e poeta Jacopo Diol, originale variante settecentesca di un tema che dal Medioevo è stato oggetto di diverse interpretazioni. Altri dipinti associano il valore formale a quello di documentazione storica, come la Partenza della corsa dei Berberi a piazza del Popolo di Thomas Jones Barker e Pio IX benedice la colonna dell'Immacolata in Piazza di Spagna di Carlo De Paris, emblematici per la Roma del XIX secolo. Tutto ciò è arricchito dalla presenza di alcuni arazzi e di numerosi bozzetti, soprattutto settecenteschi, che si integrano felicemente con quanto posseduto dai grandi musei romani, colmando una lacuna e offrendo una piacevole chiave di lettura “alternativa” della produzione pittorica del XVIII secolo. Ma una delle caratteristiche più interessanti della Collezione d'Arte della Fondazione Roma, che la rende unica nel contesto capitolino, è la varietà di opere che vanno dal Novecento ai nostri giorni. A differenza delle grandi collezioni private romane, che si fermano al Sette-Ottocento, essa include il contemporaneo con una esemplare sezione dedicata a numerosi artisti italiani e stranieri. Tra le opere del secolo scorso si segnalano il nucleo portante della cosiddetta “Scuola Romana” e dipinti di valenza sociale come La famiglia di Armando Spadini, che aggiorna il naturalismo aneddotico di Adriano Cecioni alle poetiche post-impressionistiche. Ben rappresentati sono i maestri degli anni Sessanta, tra i quali Mario Schifano con Tuttestelle, Tano Festa con Da Michelangelo, Franco Angeli con Of America, Lucio Fontana con Concetto spaziale. Attesa. Concludono la rassegna alcuni protagonisti della scena artistica contemporanea come Pablo Ecahurren, presente con La grande cipolla e That's wall folks! , Alessandro Kokocinski con Imprimesti il segno dell'eternità, Roberto Ferri con Il Rito e Arnaldo Pomodoro con Novecento, grande scultura in bronzo che vuol essere una plastica rappresentazione spazio-temporale proiettata nel futuro. Il Museo, inoltre, è arricchito dall'esposizione di quattrocento pezzi del patrimonio numismatico della Fondazione Roma (di cui è stato pubblicato nel 2010 il catalogo completo), costituito da oltre 2500 esemplari tra medaglie e monete, la cui parte più consistente è rappresentata dalla serie di medaglie papali, che vanno da Martino V Colonna a Papa Francesco. Una collezione che rispecchia sei secoli di storia del pontificato e che, per numero e qualità dei pezzi, si può considerare seconda solo al Medagliere della Biblioteca Apostolica Vaticana. Un innovativo sistema digitale consente ai visitatori di scoprire le caratteristiche di ogni esemplare, cogliendo i minimi dettagli del recto e del verso. Un discorso a parte merita l'impegno dei curatori del catalogo, Maria Celeste Cola e Stefano Colonna. I due studiosi hanno proficuamente collaborato per realizzare un'operazione di profilo scientifico basata su un'attenta ricognizione bibliografica che registra, nelle schede redatte con puntuali criteri di classificazione, gli interventi critici più recenti. Gli schedatori, da parte loro, hanno accettato di buon grado la sfida di aggiornare in tempi relativamente brevi il patrimonio d'informazioni delle schede di catalogo possedute dalla Fondazione, con commenti tecnicamente ineccepibili e apprezzabili anche nella scrittura, tanto che si può gustare la lettura delle schede stesse come una raccolta di micro-saggi che offrono uno specifico contributo alla storia dell'arte e del collezionismo. I due curatori e gli schedatori hanno inoltre condotto un'ampia campagna di indagini al fine di giungere a datazioni più circostanziate, apportando non pochi cambiamenti e acquisizioni. La rilettura di tutte le opere, l'aggiornamento bibliografico e la ricerca archivistica hanno altresí consentito alcune ragionate modifiche di attribuzione. Solo per citare alcuni esempi: Guendalina Serafinelli ha ricondotto a Giacinto Boccanera il Beato Felice da Cantalice e ad Alessandro Vaselli il Sant'Agostino nello studio già attribuiti a Giacinto Brandi, mentre Alessandro Spila ha restituito a Giuseppe Barberi, sulla base di una nota del diario dello scultore Vincenzo Pacetti, la tela con la Veduta della Sagrestia nuova di San Pietro in precedenza ritenuta di Carlo Marchionni. La pubblicazione di questo catalogo, grazie al suo rigore scientifico e a un eccellente corredo di immagini, offre uno strumento di studio e di conoscenza che rivela la compiuta e originale fisionomia della Collezione d'Arte della Fondazione Roma. Tale lungimirante iniziativa, promossa dal Professor Emanuele, è naturalmente destinata agli specialisti, ma anche al più vasto pubblico dei visitatori, per illustrare un insieme di opere di sicuro interesse culturale per la storia di Roma e per la storia dell'arte in generale.
2019
La Collezione d'arte della Fondazione Roma : dipinti, sculture e grafica dal 15. al 21. secolo / a cura di Maria Celeste Cola e Stefano Colonna
978-88-492-2758-1
Jacopo Diol, Allegoria della Fortuna
02 Pubblicazione su volume::02f Scheda di catalogo
Cat. 178 Jacopo Diol (Roma 1691 ca. - post 1751) Allegoria della Fortuna / Colonna, Stefano. - (2019), pp. 72-73.
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