Le Catene Globali del Valore (CGV, da ora in poi) con gurano il corrente assetto organizzativo del processo produttivo delle imprese. Si tratta di un’organizzazione spaziale della produzione in cui molti beni sono il risultato di un processo produttivo al quale imprese di paesi diversi aggiungono via via frammenti di valore. Sebbene il fenomeno abbia mostrato segni di rallentamento nella sua intensità nel periodo successivo alla crisi finanziaria del 2008, le CGV spiegano tuttora una quota significativa, pari a circa due terzi, del commercio mondiale (OMC, 2019). Il fenomeno ha interessato sia le imprese dei paesi emergenti che quelle dei paesi industrializzati, Italia compresa. Come infatti documentato da diversi lavori, la partecipazione dell’Italia e quindi delle sue imprese alle CGV è ragguardevole, non dissimile da quella tedesca e degli altri maggiori paesi europei, sia che si guardi alla stessa facendo ricorso ai dati sul commercio in valore aggiunto, sia che si interroghino i dati a livello di impresa (Agostino et al., 2016; Borin e Mancini, 2016; Amador et al. 2015; Veugelers et al., 2013; Breda e Cappariello, 2012; Istat, 2019). La letteratura basata sui dati di impresa conferma l’ampia partecipazione delle imprese italiane con l’aggiunta di alcune importanti qualificazioni. La partecipazione di per sé non sembra, infatti, garanzia di guadagno di produttività. Quest’ultimo dipende: i) dalla modalità di partecipazione, vale a dire se l’impresa è meramente esportatrice o se si avvale di partecipazione più complessa, è il caso delle imprese two-way trader; ii) dal posizionamento dell’impresa all’interno della CGV, se opera come impresa supplier (che vende ad altre imprese) o come impresa che serve il mercato finale (Accetturo e Giunta, 2016; Agostino et al., 2015; Giovannetti et al., 2015). L’obiettivo del nostro contributo è di coniugare i due livelli dell’analisi, macro e micro, al fine di investigarne il livello di convergenza, di coerenza interna. Ad oggi, le analisi macro e micro sono avanzate su sentieri paralleli, nella stessa direzione di ricerca, ma senza una sintesi soddisfacente. Sebbene si riconosca l’utilità dell’esercizio di integrazione (Johnson, 2017), sono ancora relativamente pochi i lavori che si muovono lungo questo tracciato (Crespo e Jansen, 2014; Blaum et al., 2015; Montalbano et al., 2018). I dati a livello di impresa possono migliorare l’analisi sul commercio in valore aggiunto. Le tabelle input-output settoriali, infatti, per loro costruzione, presentano i limiti di una aggregazione settoriale elevata, implicitamente assumono la stessa funzione di produzione per le imprese che operano nello stesso settore e la stessa propensione all’importazione e all’esportazione. D’altra parte, l’analisi in valore aggiunto può rafforzare le evidenze conseguite con i dati a livello di impresa, che, se consentono di cogliere l’eterogeneità delle imprese operanti nella stessa industria, allo stesso tempo e per come sono rilevati dagli istituti ufficiali di statistica, non si prestano alla costruzione di variabili proxy pienamente soddisfacenti, a livello statico e dinamico, per catturare tutti gli aspetti di organizzazione e performance relativi all’operatività di un’impresa all’interno di una CGV. Ai fini del nostro esercizio, utilizziamo due insiemi di dati correntemente disponibili. Per l’analisi a livello di impresa facciamo ricorso all’indagine EU-EFIGE (EFIGE, da ora in poi) sulle imprese manifatturiere europee, mentre per i dati in valore aggiunto utilizziamo il World Input Output Database (WIOD, da ora in poi) che fornisce le tabelle input-output internazionali per paesi e settori. L’analisi è riferita al periodo 2008-14.
L’Italia e le imprese italiane nelle Catene Globali del Valore: un’analisi micro-macro / Montalbano, Pierluigi; Nenci, Silvia; Giunta, Anna. - (2019), pp. 166-172.
L’Italia e le imprese italiane nelle Catene Globali del Valore: un’analisi micro-macro
pierluigi montalbano
;
2019
Abstract
Le Catene Globali del Valore (CGV, da ora in poi) con gurano il corrente assetto organizzativo del processo produttivo delle imprese. Si tratta di un’organizzazione spaziale della produzione in cui molti beni sono il risultato di un processo produttivo al quale imprese di paesi diversi aggiungono via via frammenti di valore. Sebbene il fenomeno abbia mostrato segni di rallentamento nella sua intensità nel periodo successivo alla crisi finanziaria del 2008, le CGV spiegano tuttora una quota significativa, pari a circa due terzi, del commercio mondiale (OMC, 2019). Il fenomeno ha interessato sia le imprese dei paesi emergenti che quelle dei paesi industrializzati, Italia compresa. Come infatti documentato da diversi lavori, la partecipazione dell’Italia e quindi delle sue imprese alle CGV è ragguardevole, non dissimile da quella tedesca e degli altri maggiori paesi europei, sia che si guardi alla stessa facendo ricorso ai dati sul commercio in valore aggiunto, sia che si interroghino i dati a livello di impresa (Agostino et al., 2016; Borin e Mancini, 2016; Amador et al. 2015; Veugelers et al., 2013; Breda e Cappariello, 2012; Istat, 2019). La letteratura basata sui dati di impresa conferma l’ampia partecipazione delle imprese italiane con l’aggiunta di alcune importanti qualificazioni. La partecipazione di per sé non sembra, infatti, garanzia di guadagno di produttività. Quest’ultimo dipende: i) dalla modalità di partecipazione, vale a dire se l’impresa è meramente esportatrice o se si avvale di partecipazione più complessa, è il caso delle imprese two-way trader; ii) dal posizionamento dell’impresa all’interno della CGV, se opera come impresa supplier (che vende ad altre imprese) o come impresa che serve il mercato finale (Accetturo e Giunta, 2016; Agostino et al., 2015; Giovannetti et al., 2015). L’obiettivo del nostro contributo è di coniugare i due livelli dell’analisi, macro e micro, al fine di investigarne il livello di convergenza, di coerenza interna. Ad oggi, le analisi macro e micro sono avanzate su sentieri paralleli, nella stessa direzione di ricerca, ma senza una sintesi soddisfacente. Sebbene si riconosca l’utilità dell’esercizio di integrazione (Johnson, 2017), sono ancora relativamente pochi i lavori che si muovono lungo questo tracciato (Crespo e Jansen, 2014; Blaum et al., 2015; Montalbano et al., 2018). I dati a livello di impresa possono migliorare l’analisi sul commercio in valore aggiunto. Le tabelle input-output settoriali, infatti, per loro costruzione, presentano i limiti di una aggregazione settoriale elevata, implicitamente assumono la stessa funzione di produzione per le imprese che operano nello stesso settore e la stessa propensione all’importazione e all’esportazione. D’altra parte, l’analisi in valore aggiunto può rafforzare le evidenze conseguite con i dati a livello di impresa, che, se consentono di cogliere l’eterogeneità delle imprese operanti nella stessa industria, allo stesso tempo e per come sono rilevati dagli istituti ufficiali di statistica, non si prestano alla costruzione di variabili proxy pienamente soddisfacenti, a livello statico e dinamico, per catturare tutti gli aspetti di organizzazione e performance relativi all’operatività di un’impresa all’interno di una CGV. Ai fini del nostro esercizio, utilizziamo due insiemi di dati correntemente disponibili. Per l’analisi a livello di impresa facciamo ricorso all’indagine EU-EFIGE (EFIGE, da ora in poi) sulle imprese manifatturiere europee, mentre per i dati in valore aggiunto utilizziamo il World Input Output Database (WIOD, da ora in poi) che fornisce le tabelle input-output internazionali per paesi e settori. L’analisi è riferita al periodo 2008-14.File | Dimensione | Formato | |
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