San Venanzo. Realtà urbana che vive della sua storia, della sua cultura, delle sue tradizioni; patrimonio stratificato nel tempo alla cui evoluzione contribuisce con la determinazione di muoversi, di modificarsi verso una costante contemporaneizzazione. Borgo paesaggisticamente privilegiato, è riferimento scientifico per la unicità delle sue rocce vulcaniche. Gli antichi crateri, se contribuiscono ad enfatizzare la conformazione morfologica, precipuamente inducono a meditare sulla eterna relazione del suo popolo con essi. Ora, proprio all’avvaloramento di tale importante presenza, che si è già andato dettagliando con la realizzazione del Museo e del Parco vulcanologico , San Venanzo può legare la sua immagine futura. Ed è proprio sull’immagine futura che si è strutturato il pensiero progettuale del nostro gruppo nell’ambito del Workshop. Villa Faina con il suo parco, antica dimora dei nobili del luogo, ha da sempre significato, non perché favorito dalla posizione altimetrica, un “visibile” riferimento fisico ed in qualche modo identitario per il paese. Oggi è sede del Municipio: la sua emergente rappresentatività si carica pertanto di valori ancor più eloquenti per la sua gente, lo storicizzato riferimento assurge ad una nuova polarità. Un’architettura che da residenza privata viene rifunzionalizzata a “Palazzo Pubblico”, deve cambiare connotazione di riconoscibilità, rinunciando a sentimenti di domestica accoglienza. Nelle possibilità di intervento un punto fermo; la relazione assoluta tra architettura e paesaggio, per la quale il giardino si fa tramite tra interpretazione contemporanea e memoria. Il tempo a disposizione molto contenuto, non ha estraniato dalla conoscenza della trasformazione storica e delle sue tracce, mute permanenze che si sono rivelate basilari per l’appropriazione di passaggi essenziali alla coerenza del linguaggio progettuale il quale, nella consapevolezza delle mutazioni, ha comunque teso alla concettualizzazione del “continuum” la piazza ne è stata la sintassi. Quadrata, ha un asse che corrisponde all’ asse di simmetria della Villa e un altro che invece si allinea a congiungere quelle che erano due antiche porte, la prima delle quali, a sinistra dell’impianto compositivo, costituisce ancora un accesso all’ area, connettendola al Museo vulcanologico, mentre la seconda, persa nel tempo e nello spazio, è stata “risegnata” come desunto dalla documentazione storica. Riconducendo all’immagine dello spazio civico per eccellenza, la Piazza rappresentativa in questo caso propone un’alternativa centralità, virtuosa logica che non svia dalla imprescindibile propensione alla coesione urbana. E non solo. Il pre-sentimento di accentuazione relazionale , forse visionario per l’incomprensibile inafferrabilità dell’accezione, ha sintetizzato il concetto con la grande scala, la quale, sviluppandosi in aderenza ad un lato della Piazza, diventa metafora del legame tra il borgo storico e il “nuovo centro” ridefinendo le gerarchie. Come un neologismo la Piazza acquisisce una nuova immagine; si democratizza abbandonando parte della sua essenza più formale, anche attraverso una relazione fortemente empatica con il parco, il quale, esprimendosi nel voler accentuare altre funzioni, riequilibra il rapporto tra rappresentatività e quotidianità. Romantico-paesaggistico, il giardino recupera gli antichi ruderi; dall’ apparente dignitoso abbandono rivivono come privilegiati risolutori di connessione funzionale e temporale. La Torre focalizza con l’adiacente collocazione di quattro cipressi la memoria dell’ antica porta. Se le recenti costruzioni ne negano l’ originaria direzionalità non riescono, comunque, a provocarne la cesura con quel paesaggio verso cui già anticamente protendeva. La Chiesa: i suoi resti che si riflettono in una vasca d’ acqua formalmente estranea, hanno condotto alla ricerca della sua primigenia forma e posizione, e come desunto è stata ridisegnata. Chiusa superiormente da vetro, sul quale scorre un leggero velo d’acqua, a confermare una familiarità ormai acquisita, può consentire, qualora dovesse verificarsi il recupero di parte dei ruderi di fondazione, la loro vista; diversamente il vetro potrebbe fungere da schermo per proiezioni di arte contemporanea e quindi da fonte luminosa. Anche perché, considerando allo stato attuale la presenza di alcune sculture, il giardino potrebbe nel tempo diventare un museo open air. L’area esprime la sua polifunzionalità in termini sinottici, dove i singoli eventi riescono in vario modo a connettersi dal punto di vista funzionale e gerarchico. Proprio per sostenere questo concetto lo spazio “altro”, delimitato a sinistra da un lato dell’edificio e in basso da un margine del Parco, rimane libero a consentire l’uso per le manifestazioni che nei diversi periodi dell’anno esprimono l’ attività sociale e culturale del borgo. La superficie in ghiaia bianca è interrotta da inserti in prato; la memoria del giardino all’ italiana, nel suo disassamento compositivo, si allinea temporalmente all’ antica Villa. L’incertezza che ASTRAE del labirintico disegno, si estingue nella certezza manifesta della “Porta contemporanea” ad esso diametralmente opposta. Questa porta, altra possibile opera d’arte, connotando uno spigolo della piazza a virtuale identificazione del nuovo Palazzo Pubblico, convoglia lo sguardo verso la storia più antica di questo borgo. La sua gente ne è il connettivo.

Parterre / Ippolito, Francesco; Ruggiero, Jlenia. - (2019).

Parterre

francesco ippolito
Data Curation
;
jlenia ruggiero
Membro del Collaboration Group
2019

Abstract

San Venanzo. Realtà urbana che vive della sua storia, della sua cultura, delle sue tradizioni; patrimonio stratificato nel tempo alla cui evoluzione contribuisce con la determinazione di muoversi, di modificarsi verso una costante contemporaneizzazione. Borgo paesaggisticamente privilegiato, è riferimento scientifico per la unicità delle sue rocce vulcaniche. Gli antichi crateri, se contribuiscono ad enfatizzare la conformazione morfologica, precipuamente inducono a meditare sulla eterna relazione del suo popolo con essi. Ora, proprio all’avvaloramento di tale importante presenza, che si è già andato dettagliando con la realizzazione del Museo e del Parco vulcanologico , San Venanzo può legare la sua immagine futura. Ed è proprio sull’immagine futura che si è strutturato il pensiero progettuale del nostro gruppo nell’ambito del Workshop. Villa Faina con il suo parco, antica dimora dei nobili del luogo, ha da sempre significato, non perché favorito dalla posizione altimetrica, un “visibile” riferimento fisico ed in qualche modo identitario per il paese. Oggi è sede del Municipio: la sua emergente rappresentatività si carica pertanto di valori ancor più eloquenti per la sua gente, lo storicizzato riferimento assurge ad una nuova polarità. Un’architettura che da residenza privata viene rifunzionalizzata a “Palazzo Pubblico”, deve cambiare connotazione di riconoscibilità, rinunciando a sentimenti di domestica accoglienza. Nelle possibilità di intervento un punto fermo; la relazione assoluta tra architettura e paesaggio, per la quale il giardino si fa tramite tra interpretazione contemporanea e memoria. Il tempo a disposizione molto contenuto, non ha estraniato dalla conoscenza della trasformazione storica e delle sue tracce, mute permanenze che si sono rivelate basilari per l’appropriazione di passaggi essenziali alla coerenza del linguaggio progettuale il quale, nella consapevolezza delle mutazioni, ha comunque teso alla concettualizzazione del “continuum” la piazza ne è stata la sintassi. Quadrata, ha un asse che corrisponde all’ asse di simmetria della Villa e un altro che invece si allinea a congiungere quelle che erano due antiche porte, la prima delle quali, a sinistra dell’impianto compositivo, costituisce ancora un accesso all’ area, connettendola al Museo vulcanologico, mentre la seconda, persa nel tempo e nello spazio, è stata “risegnata” come desunto dalla documentazione storica. Riconducendo all’immagine dello spazio civico per eccellenza, la Piazza rappresentativa in questo caso propone un’alternativa centralità, virtuosa logica che non svia dalla imprescindibile propensione alla coesione urbana. E non solo. Il pre-sentimento di accentuazione relazionale , forse visionario per l’incomprensibile inafferrabilità dell’accezione, ha sintetizzato il concetto con la grande scala, la quale, sviluppandosi in aderenza ad un lato della Piazza, diventa metafora del legame tra il borgo storico e il “nuovo centro” ridefinendo le gerarchie. Come un neologismo la Piazza acquisisce una nuova immagine; si democratizza abbandonando parte della sua essenza più formale, anche attraverso una relazione fortemente empatica con il parco, il quale, esprimendosi nel voler accentuare altre funzioni, riequilibra il rapporto tra rappresentatività e quotidianità. Romantico-paesaggistico, il giardino recupera gli antichi ruderi; dall’ apparente dignitoso abbandono rivivono come privilegiati risolutori di connessione funzionale e temporale. La Torre focalizza con l’adiacente collocazione di quattro cipressi la memoria dell’ antica porta. Se le recenti costruzioni ne negano l’ originaria direzionalità non riescono, comunque, a provocarne la cesura con quel paesaggio verso cui già anticamente protendeva. La Chiesa: i suoi resti che si riflettono in una vasca d’ acqua formalmente estranea, hanno condotto alla ricerca della sua primigenia forma e posizione, e come desunto è stata ridisegnata. Chiusa superiormente da vetro, sul quale scorre un leggero velo d’acqua, a confermare una familiarità ormai acquisita, può consentire, qualora dovesse verificarsi il recupero di parte dei ruderi di fondazione, la loro vista; diversamente il vetro potrebbe fungere da schermo per proiezioni di arte contemporanea e quindi da fonte luminosa. Anche perché, considerando allo stato attuale la presenza di alcune sculture, il giardino potrebbe nel tempo diventare un museo open air. L’area esprime la sua polifunzionalità in termini sinottici, dove i singoli eventi riescono in vario modo a connettersi dal punto di vista funzionale e gerarchico. Proprio per sostenere questo concetto lo spazio “altro”, delimitato a sinistra da un lato dell’edificio e in basso da un margine del Parco, rimane libero a consentire l’uso per le manifestazioni che nei diversi periodi dell’anno esprimono l’ attività sociale e culturale del borgo. La superficie in ghiaia bianca è interrotta da inserti in prato; la memoria del giardino all’ italiana, nel suo disassamento compositivo, si allinea temporalmente all’ antica Villa. L’incertezza che ASTRAE del labirintico disegno, si estingue nella certezza manifesta della “Porta contemporanea” ad esso diametralmente opposta. Questa porta, altra possibile opera d’arte, connotando uno spigolo della piazza a virtuale identificazione del nuovo Palazzo Pubblico, convoglia lo sguardo verso la storia più antica di questo borgo. La sua gente ne è il connettivo.
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