Il drammatico sisma del 20 febbraio 1743 fu avvertito in tutto il Mediterraneo ma investì tutto il Salento, Nardò in particolare, ed è considerata la decima più forte scossa storica sul suolo italiano. Fu un terremoto che si verificò nel mar Ionio settentrionale, a circa 50 chilometri dalle coste del Salento, con tre scosse di magnitudo compresa tra sesto e settimo grado della scala Richter. E’ conosciuto con il nome di “terremoto di Nardò” perchè fu la località dove si registrarono le maggiori distruzioni e il maggior numero di morti. Il sisma avvenne alle 17:30 del 20 febbraio 1743, raggiunse magnitudo 7.1 della scala richter. L’epicentro fu localizzato nel Canale d’Otranto, a circa 50 km dalla costa leccese, ma fu avvertito anche dal Peloponneso all’isola di Malta; dalle regioni meridionali della penisola italiana fino a Trento, Venezia, Milano, infatti colpì il Regno di Napoli, la Repubblica di Venezia e l’Impero Ottomano. In seguito a quella scossa si generò anche uno tsunami. Non ci sono testimonianze storiche di uno tsunami, se non indirette: negli archivi è documentato un brusco abbassamento del livello del mare nel porto di Brindisi, subito dopo il sisma. Tuttavia, lungo la costa a sud di Otranto è stato rilevato il distacco dalla riva di grossi blocchi rocciosi (dal peso fino a 70 tonnellate) e il loro trasporto a diversi metri di distanza verso l’interno. Le datazioni col metodo del radiocarbonio sui gusci di organismi presenti nei massi rocciosi confermano l’ipotesi che essi siano stati trasportati da almeno due onde di tsunami connesse al terremoto del 20 febbraio 1743. Si è calcolato che la quota massima raggiunta dal maremoto (run-up) è stata di almeno 11 metri lungo la costa immediatamente prospiciente l’epicentro, mentre fu limitata a 1,5 metri nella fascia costiera a nord di Brindisi. In questo contributo si mettono in evidenza le conseguenze del terremoto sugli edifici religiosi e civili, e sulle cause che ne fecero crollare alcuni e salvare altri.
20 Febbraio 1743. I segni del terremoto sull'architettura e sull'urbanistica di Nardò / De Pascalis, Donato Giancarlo. - (2012), pp. 67-83.
20 Febbraio 1743. I segni del terremoto sull'architettura e sull'urbanistica di Nardò
De Pascalis, Donato Giancarlo
2012
Abstract
Il drammatico sisma del 20 febbraio 1743 fu avvertito in tutto il Mediterraneo ma investì tutto il Salento, Nardò in particolare, ed è considerata la decima più forte scossa storica sul suolo italiano. Fu un terremoto che si verificò nel mar Ionio settentrionale, a circa 50 chilometri dalle coste del Salento, con tre scosse di magnitudo compresa tra sesto e settimo grado della scala Richter. E’ conosciuto con il nome di “terremoto di Nardò” perchè fu la località dove si registrarono le maggiori distruzioni e il maggior numero di morti. Il sisma avvenne alle 17:30 del 20 febbraio 1743, raggiunse magnitudo 7.1 della scala richter. L’epicentro fu localizzato nel Canale d’Otranto, a circa 50 km dalla costa leccese, ma fu avvertito anche dal Peloponneso all’isola di Malta; dalle regioni meridionali della penisola italiana fino a Trento, Venezia, Milano, infatti colpì il Regno di Napoli, la Repubblica di Venezia e l’Impero Ottomano. In seguito a quella scossa si generò anche uno tsunami. Non ci sono testimonianze storiche di uno tsunami, se non indirette: negli archivi è documentato un brusco abbassamento del livello del mare nel porto di Brindisi, subito dopo il sisma. Tuttavia, lungo la costa a sud di Otranto è stato rilevato il distacco dalla riva di grossi blocchi rocciosi (dal peso fino a 70 tonnellate) e il loro trasporto a diversi metri di distanza verso l’interno. Le datazioni col metodo del radiocarbonio sui gusci di organismi presenti nei massi rocciosi confermano l’ipotesi che essi siano stati trasportati da almeno due onde di tsunami connesse al terremoto del 20 febbraio 1743. Si è calcolato che la quota massima raggiunta dal maremoto (run-up) è stata di almeno 11 metri lungo la costa immediatamente prospiciente l’epicentro, mentre fu limitata a 1,5 metri nella fascia costiera a nord di Brindisi. In questo contributo si mettono in evidenza le conseguenze del terremoto sugli edifici religiosi e civili, e sulle cause che ne fecero crollare alcuni e salvare altri.File | Dimensione | Formato | |
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