Il progetto di paesaggio si propone come un campo d'azione decisivo in un'epoca nella quale accelerazioni vorticose, incessanti e spesso imprevedibili producono grande instabilità nel pianeta. Inondazioni e alluvioni, siccità, abbassamento delle falde, innalzamento del livello dei mari sono fenomeni climatici estesi, si manifestano in territori lontani ma la cui ricaduta locale, in termini psicologici e talvolta in senso reale – pensiamo agli effetti sulle nostre città e sui fiumi di violente ed improvvise piogge – intacca profondamente il senso del vivere, dell’abitare ed il rapporto delle persone con il proprio ambiente. Emerge ciò che lo scrittore indiano Amitav Ghosh ha definito l’impensato del cambiamento climatico e cioè che forze non-umane sono in grado di influire direttamente sulla vita e sul pensiero umano. Un fatto che sancisce la fine di un certo pensiero fondato sulla appropriazione culturale della natura e segna il tramonto anche di quell’idea di paesaggio come rappresentazione che ha caratterizzato il pensiero occidentale e che nel giardino ha identificato il luogo dell’armonia – oggi della resistenza, mi chiedo? – pensata e costruita come un microcosmo a somiglianza del mondo dal quale ci si è irrimediabilmente separati. Per questo è necessario aprire una sperimentazione ed una ricerca che individui nuovi linguaggi e nuove forme del fare paesaggio. In questa prospettiva l'imperativo "fare paesaggio" non rappresenta una esortazione al darsi da fare ma una presa d'atto che il progetto ha saltato lo steccato che lo ha circoscritto ai temi tradizionali del giardino, del parco e dello spazio pubblico per investire questioni complesse, passando da una condizione marginale all’assunzione di un ruolo significativo tra le discipline progettuali, proponendosi quale pratica operativa in grado di compiere una sintesi tra sistemi ecologici, informazioni scientifiche, tecnologie, pratiche sociali e valori culturali. Il paesaggio così può contribuire a costruire contesti dove ricomporre in nuove configurazioni le lacerazioni territoriali e avviare una ricerca per riattivare quei luoghi dove si delineano le tracce di comunità vitali.
Oltre il giardino fare paesaggi / Celestini, Gianni. - (2019), pp. 19-22. - FARE PAESAGGI/MAKING LANDSCAPE.
Oltre il giardino fare paesaggi
Gianni Celestini
2019
Abstract
Il progetto di paesaggio si propone come un campo d'azione decisivo in un'epoca nella quale accelerazioni vorticose, incessanti e spesso imprevedibili producono grande instabilità nel pianeta. Inondazioni e alluvioni, siccità, abbassamento delle falde, innalzamento del livello dei mari sono fenomeni climatici estesi, si manifestano in territori lontani ma la cui ricaduta locale, in termini psicologici e talvolta in senso reale – pensiamo agli effetti sulle nostre città e sui fiumi di violente ed improvvise piogge – intacca profondamente il senso del vivere, dell’abitare ed il rapporto delle persone con il proprio ambiente. Emerge ciò che lo scrittore indiano Amitav Ghosh ha definito l’impensato del cambiamento climatico e cioè che forze non-umane sono in grado di influire direttamente sulla vita e sul pensiero umano. Un fatto che sancisce la fine di un certo pensiero fondato sulla appropriazione culturale della natura e segna il tramonto anche di quell’idea di paesaggio come rappresentazione che ha caratterizzato il pensiero occidentale e che nel giardino ha identificato il luogo dell’armonia – oggi della resistenza, mi chiedo? – pensata e costruita come un microcosmo a somiglianza del mondo dal quale ci si è irrimediabilmente separati. Per questo è necessario aprire una sperimentazione ed una ricerca che individui nuovi linguaggi e nuove forme del fare paesaggio. In questa prospettiva l'imperativo "fare paesaggio" non rappresenta una esortazione al darsi da fare ma una presa d'atto che il progetto ha saltato lo steccato che lo ha circoscritto ai temi tradizionali del giardino, del parco e dello spazio pubblico per investire questioni complesse, passando da una condizione marginale all’assunzione di un ruolo significativo tra le discipline progettuali, proponendosi quale pratica operativa in grado di compiere una sintesi tra sistemi ecologici, informazioni scientifiche, tecnologie, pratiche sociali e valori culturali. Il paesaggio così può contribuire a costruire contesti dove ricomporre in nuove configurazioni le lacerazioni territoriali e avviare una ricerca per riattivare quei luoghi dove si delineano le tracce di comunità vitali.File | Dimensione | Formato | |
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