Il materiale particolato (PM) è formato da elementi che costituiscono la frazione particellare fine di componenti aerosoliche ed aerotrasportate. Il PM, in funzione del diametro medio delle particelle ed in riferimento alla rilevanza che ha a livello sanitario per la capacità di penetrazione nell’apparato respiratorio, può essere suddiviso in: 1. PM10 (diametro medio ≤10 μm) che costituisce la cosiddetta frazione inalabile, ma che si arresta a livello tracheo-bronchiale; 2. PM2,5 (diametro medio ≤2,5 μm) che costituisce la frazione respirabile in grado di raggiungere gli alveoli polmonari. Il PM10 deriva da meccanismi di erosione e trasporto dovuti ad agenti meteorologici (tipo: il trasporto di polvere dai deserti per meccanismi eolici, ovvero il trasporto degli aerosol marini etc.), incendi ed eruzioni vulcaniche; una frazione di esso è, inoltre, riconducibile a processi di trasformazione chimica e di condensazione con altri inquinanti atmosferici, in modo da generare differenti inquinanti secondari. Il PM2,5 è generato dal traffico veicolare, dal riscaldamento domestico da combustibili fossili (in particolare il carbone) e da alcune emissioni industriali (raffinerie, cementifici, centrali termoelettriche a combustibile fossile, inceneritori etc.). Differenti studi epidemiologici, condotti anche in Europa, avrebbero evidenziato una relazione lineare (1-2) fra l’esposizione a particelle ed effetti sulla salute. Tra gli effetti principali a breve termine, sia per azione diretta del PM che indiretta in funzione delle altre sostanze inquinanti da questo trasportate, si possono citare: aumento del tasso di mortalità giornaliera per tutte le cause; aumento degli accessi ospedalieri specialistici ed ambulatoriali per patologie respiratorie e cardiovascolari; aumento dell’utilizzo o impiego di farmaci cardiovascolari o respiratori; aumento dell’assenteismo dal lavoro e dalla scuola; sintomi e segni acuti quali irritazione delle mucose oculari, nasali e respiratorie, tosse secca e stizzosa, produzione di muco ed infezioni respiratorie; riduzione della funzionalità polmonare. Tra gli effetti a medio-lungo termine, invece, si riscontrano: aumento del tasso di mortalità dovuta a patologie respiratorie e cardiovascolari; neoplasie polmonari (3-9); aumento dell’incidenza e prevalenza delle patologie croniche respiratorie (Asma, BroncoPneumopatia Cronico Ostruttiva, variazioni croniche delle funzionalità polmonari etc.). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima, in un recente studio, che a partire dagli anni Settanta dello scorso secolo, approssimativamente 700 morti/anno per infezioni respiratorie acute nei bambini di un’età compresa tra 0-4 anni potrebbero essere attribuite all’esposizione a PM10. Si stima che una riduzione dei livelli di concentrazione di 10 μg/m3, o multipli incrementali di questa, comporterebbe, in bambini di età compresa in un range 5-14 anni, la riduzione di 1,9 giorni/anno in cui questi soffrano la presenza di sintomi delle basse vie respiratorie correlabili (sibili respiratori, senso di oppressione toracica, “fiato corto” e tosse), ovvero una riduzione del 18,0% dei giorni di utilizzo di broncodilatatori in soggetti asmatiformi, migliorando nettamente la qualità della vita. Negli adulti gli effetti prevalenti si riferiscono, altresì, al PM2,5, associati alla mortalità per esposizioni a lungo termine. Sempre l’OMS ha determinato, in differenti studi, che in Europa per esposizione cronica dell’adulto a PM2,5 si avrebbe una perdita di 8,6 mesi/persona nell’aspettativa di vita, potendo variare da circa 3 mesi in Finlandia ad oltre 13 mesi in Belgio. Il numero di morti totali stimate annualmente in Europa (EU-27) attribuibili al PM è in assoluto di circa 348 mila unità (10). Gli indicatori proposti sono atti a valutare lo stato della qualità dell’aria, la distribuzione e l’evoluzione temporale delle concentrazioni delle polveri fini (PM10 e PM2,5) (indicatori di pressione o di esposizione della popolazione), lo stato dell’ambiente atmosferico (indicatori di stato) e la situazione delle stazioni di monitoraggio (indicatori di risposta o di “carenza”) ed hanno come finalità l’ottemperanza di quanto previsto dalla normativa comunitaria, oltre che alla verifica del rispetto dei valori limite richiesti dalla normativa attualmente in vigore nel nostro Paese.
Inquinamento da polveri fini (PM10 e PM2,5) / Moscato, U.; Poscia, A.; Cerabona, V.; Colaiacomo, G.. - (2012), pp. 108-116.
Inquinamento da polveri fini (PM10 e PM2,5)
V. CERABONAPenultimo
;
2012
Abstract
Il materiale particolato (PM) è formato da elementi che costituiscono la frazione particellare fine di componenti aerosoliche ed aerotrasportate. Il PM, in funzione del diametro medio delle particelle ed in riferimento alla rilevanza che ha a livello sanitario per la capacità di penetrazione nell’apparato respiratorio, può essere suddiviso in: 1. PM10 (diametro medio ≤10 μm) che costituisce la cosiddetta frazione inalabile, ma che si arresta a livello tracheo-bronchiale; 2. PM2,5 (diametro medio ≤2,5 μm) che costituisce la frazione respirabile in grado di raggiungere gli alveoli polmonari. Il PM10 deriva da meccanismi di erosione e trasporto dovuti ad agenti meteorologici (tipo: il trasporto di polvere dai deserti per meccanismi eolici, ovvero il trasporto degli aerosol marini etc.), incendi ed eruzioni vulcaniche; una frazione di esso è, inoltre, riconducibile a processi di trasformazione chimica e di condensazione con altri inquinanti atmosferici, in modo da generare differenti inquinanti secondari. Il PM2,5 è generato dal traffico veicolare, dal riscaldamento domestico da combustibili fossili (in particolare il carbone) e da alcune emissioni industriali (raffinerie, cementifici, centrali termoelettriche a combustibile fossile, inceneritori etc.). Differenti studi epidemiologici, condotti anche in Europa, avrebbero evidenziato una relazione lineare (1-2) fra l’esposizione a particelle ed effetti sulla salute. Tra gli effetti principali a breve termine, sia per azione diretta del PM che indiretta in funzione delle altre sostanze inquinanti da questo trasportate, si possono citare: aumento del tasso di mortalità giornaliera per tutte le cause; aumento degli accessi ospedalieri specialistici ed ambulatoriali per patologie respiratorie e cardiovascolari; aumento dell’utilizzo o impiego di farmaci cardiovascolari o respiratori; aumento dell’assenteismo dal lavoro e dalla scuola; sintomi e segni acuti quali irritazione delle mucose oculari, nasali e respiratorie, tosse secca e stizzosa, produzione di muco ed infezioni respiratorie; riduzione della funzionalità polmonare. Tra gli effetti a medio-lungo termine, invece, si riscontrano: aumento del tasso di mortalità dovuta a patologie respiratorie e cardiovascolari; neoplasie polmonari (3-9); aumento dell’incidenza e prevalenza delle patologie croniche respiratorie (Asma, BroncoPneumopatia Cronico Ostruttiva, variazioni croniche delle funzionalità polmonari etc.). L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima, in un recente studio, che a partire dagli anni Settanta dello scorso secolo, approssimativamente 700 morti/anno per infezioni respiratorie acute nei bambini di un’età compresa tra 0-4 anni potrebbero essere attribuite all’esposizione a PM10. Si stima che una riduzione dei livelli di concentrazione di 10 μg/m3, o multipli incrementali di questa, comporterebbe, in bambini di età compresa in un range 5-14 anni, la riduzione di 1,9 giorni/anno in cui questi soffrano la presenza di sintomi delle basse vie respiratorie correlabili (sibili respiratori, senso di oppressione toracica, “fiato corto” e tosse), ovvero una riduzione del 18,0% dei giorni di utilizzo di broncodilatatori in soggetti asmatiformi, migliorando nettamente la qualità della vita. Negli adulti gli effetti prevalenti si riferiscono, altresì, al PM2,5, associati alla mortalità per esposizioni a lungo termine. Sempre l’OMS ha determinato, in differenti studi, che in Europa per esposizione cronica dell’adulto a PM2,5 si avrebbe una perdita di 8,6 mesi/persona nell’aspettativa di vita, potendo variare da circa 3 mesi in Finlandia ad oltre 13 mesi in Belgio. Il numero di morti totali stimate annualmente in Europa (EU-27) attribuibili al PM è in assoluto di circa 348 mila unità (10). Gli indicatori proposti sono atti a valutare lo stato della qualità dell’aria, la distribuzione e l’evoluzione temporale delle concentrazioni delle polveri fini (PM10 e PM2,5) (indicatori di pressione o di esposizione della popolazione), lo stato dell’ambiente atmosferico (indicatori di stato) e la situazione delle stazioni di monitoraggio (indicatori di risposta o di “carenza”) ed hanno come finalità l’ottemperanza di quanto previsto dalla normativa comunitaria, oltre che alla verifica del rispetto dei valori limite richiesti dalla normativa attualmente in vigore nel nostro Paese.File | Dimensione | Formato | |
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