A partire dal 2001, il Centre Pompidou di Parigi ha avviato un programma chiamato ‘Les Promenades Urbaines’ che ha suscitato fin da subito un forte interesse da parte della collettività e delle amministrazioni locali. Si tratta di un evidente richiamo al tema della ‘promenade architecturale’ lecorbusieriana. In questo caso si mira al coinvolgimento della cittadinanza in percorsi di riscoperta della vita urbana attraverso itinerari architettonico-letterari in diverse zone della Ville Lumière e della sua banlieue. Si basa sul concetto del superamento del distacco - dovuto all’alienazione intrinseca alla vita nella grande metropoli - tra la città e il cittadino e sull’utilizzo dei paesaggi dimenticati come momento di condivisione e recupero dello spazio pubblico. Le ‘passeggiate urbane’ ammettono il principio fondante della vita in città come basata su due momenti fondamentali: il passeggio e la sosta. Se da un lato il camminamento costituisce l’atto di riscoperta del paysage urbain, dall’altro si assiste però a un superamento dell’idea ottocentesca – peraltro così tipicamente parigina- di scoperta flaneristica della città, ovvero dell’intellettuale flaneur che osserva i luoghi nell’atto di passeggiare sapendo di essere in grado di cogliere aspetti del mondo intorno a sé che ‘le masse’ non riescono a percepire. Tale superamento ritrova nelle ‘promenades urbaines’ la propria evoluzione contemporanea: il trekking urbano, più concreto e ‘democratico’ del vagabondare curioso del flaneur. Il trekking urbano fa del movimento la chiave di lettura della città, ma nell’esperienza parigina esso non è sufficiente: anche la sosta acquisisce una dignità fondamentale nel processo d’inclusione collettiva. Uno degli ideatori delle ‘promenades urbaines’ parigine, l’architetto Yves Clerget, sostiene l’importanza sia del ruolo dei percorsi sia di quello delle piazze nel momento di riappropriazione ‘terapeutica’ dello spazio pubblico, con il motto – che è anche titolo di una sua pubblicazione- ‘faire place a la palce!’ (‘fare piazza alla piazza!’). Nel paper proposto s’intende declinare il motto di Clerget facendo ricorso a una ‘suggestione’, utilizzando un elemento chiave del paesaggio parigino, entrato da tempo nella quotidianità dei cittadini della capitale francese. Si tratta della Chaise Luxembourg, progettata nel lontano 1923, che prende il nome dai Giardini del Lussemburgo, prima collocazione di un oggetto divenuto quasi ‘di culto’ (un’azienda francese la produce in serie e la vende tutt’ora). la Chaise Luxembourg rappresenta un oggetto di design ma allo stesso tempo anche un elemento immediatamente riconoscibile del paesaggio della Ville Lumière. Ma forse è anche qualcosa in più: si tratta di un fenomenale strumento di appropriazione dello spazio pubblico – tema sul quale architetti e urbanisti hanno a lungo dibattuto e che trova la propria realizzazione più efficace in un oggetto tanto semplice quanto versatile. La possibilità per l’utente di disporre di una seduta non fissa, ma mobile, spostabile e orientabile a piacimento come fosse nel salotto di casa propria, costituisce il gesto più efficace che il progettista può compiere per coinvolgere il cittadino nel processo di configurazione del paesaggio urbano. E come tale essa rappresenta anche uno strumento ’terapeutico’ d’inclusione in risposta all’alienazione della vita nella metropoli contemporanea. In sinergia con i percorsi toccati dalle ‘promenades urbaines’, la Chaise Luxembourg diviene il simbolo del sistema del camminamento e di quello della sosta che insieme sono la più efficace strategia possibile di riscoperta e di riappropriazione dello spazio vitale della città.

La sedia e la città. Strumenti di riappropriazione del paesaggio urbano nell’esperienza parigina recente / Valeriani, Andrea. - (2019), pp. 167-175.

La sedia e la città. Strumenti di riappropriazione del paesaggio urbano nell’esperienza parigina recente

Andrea Valeriani
2019

Abstract

A partire dal 2001, il Centre Pompidou di Parigi ha avviato un programma chiamato ‘Les Promenades Urbaines’ che ha suscitato fin da subito un forte interesse da parte della collettività e delle amministrazioni locali. Si tratta di un evidente richiamo al tema della ‘promenade architecturale’ lecorbusieriana. In questo caso si mira al coinvolgimento della cittadinanza in percorsi di riscoperta della vita urbana attraverso itinerari architettonico-letterari in diverse zone della Ville Lumière e della sua banlieue. Si basa sul concetto del superamento del distacco - dovuto all’alienazione intrinseca alla vita nella grande metropoli - tra la città e il cittadino e sull’utilizzo dei paesaggi dimenticati come momento di condivisione e recupero dello spazio pubblico. Le ‘passeggiate urbane’ ammettono il principio fondante della vita in città come basata su due momenti fondamentali: il passeggio e la sosta. Se da un lato il camminamento costituisce l’atto di riscoperta del paysage urbain, dall’altro si assiste però a un superamento dell’idea ottocentesca – peraltro così tipicamente parigina- di scoperta flaneristica della città, ovvero dell’intellettuale flaneur che osserva i luoghi nell’atto di passeggiare sapendo di essere in grado di cogliere aspetti del mondo intorno a sé che ‘le masse’ non riescono a percepire. Tale superamento ritrova nelle ‘promenades urbaines’ la propria evoluzione contemporanea: il trekking urbano, più concreto e ‘democratico’ del vagabondare curioso del flaneur. Il trekking urbano fa del movimento la chiave di lettura della città, ma nell’esperienza parigina esso non è sufficiente: anche la sosta acquisisce una dignità fondamentale nel processo d’inclusione collettiva. Uno degli ideatori delle ‘promenades urbaines’ parigine, l’architetto Yves Clerget, sostiene l’importanza sia del ruolo dei percorsi sia di quello delle piazze nel momento di riappropriazione ‘terapeutica’ dello spazio pubblico, con il motto – che è anche titolo di una sua pubblicazione- ‘faire place a la palce!’ (‘fare piazza alla piazza!’). Nel paper proposto s’intende declinare il motto di Clerget facendo ricorso a una ‘suggestione’, utilizzando un elemento chiave del paesaggio parigino, entrato da tempo nella quotidianità dei cittadini della capitale francese. Si tratta della Chaise Luxembourg, progettata nel lontano 1923, che prende il nome dai Giardini del Lussemburgo, prima collocazione di un oggetto divenuto quasi ‘di culto’ (un’azienda francese la produce in serie e la vende tutt’ora). la Chaise Luxembourg rappresenta un oggetto di design ma allo stesso tempo anche un elemento immediatamente riconoscibile del paesaggio della Ville Lumière. Ma forse è anche qualcosa in più: si tratta di un fenomenale strumento di appropriazione dello spazio pubblico – tema sul quale architetti e urbanisti hanno a lungo dibattuto e che trova la propria realizzazione più efficace in un oggetto tanto semplice quanto versatile. La possibilità per l’utente di disporre di una seduta non fissa, ma mobile, spostabile e orientabile a piacimento come fosse nel salotto di casa propria, costituisce il gesto più efficace che il progettista può compiere per coinvolgere il cittadino nel processo di configurazione del paesaggio urbano. E come tale essa rappresenta anche uno strumento ’terapeutico’ d’inclusione in risposta all’alienazione della vita nella metropoli contemporanea. In sinergia con i percorsi toccati dalle ‘promenades urbaines’, la Chaise Luxembourg diviene il simbolo del sistema del camminamento e di quello della sosta che insieme sono la più efficace strategia possibile di riscoperta e di riappropriazione dello spazio vitale della città.
2019
Del prendersi cura. Abitare la città-paesaggio
978-88-229-0410-2
sosta; camminare; trekking urbano; cura urbana; progetto
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
La sedia e la città. Strumenti di riappropriazione del paesaggio urbano nell’esperienza parigina recente / Valeriani, Andrea. - (2019), pp. 167-175.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1344095
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