Questo breve “Manuale” è stato scritto per gli studenti e non per i professori. Lo scopo è far capire il sistema – la struttura d’insieme – del nostro diritto dei beni culturali, o almeno, darne un quadro completo. Il manuale universitario è, o dovrebbe essere, l’“erede” delle vecchie dispense “raccolte dalle lezioni” dei professori, stampate con i “caratteri della macchina da scrivere”, per rendere evidente che erano destinate esclusivamente all’insegnamento. Il modello (“format”), che ho provato a seguire è quello, discorsivo, delle “lezioni”, con gli inquadramenti i focus, le ripetizioni (per chi “perde il filo”), gli schemi riassuntivi, etc. Il metodo è quello di raccontare e spiegare, volta per volta, partendo dai temi generali (cos’è un bene culturale; come si è “evoluto” nel corso della storia, e com’è “definito” nel nostro sistema giuridico? quali sono i compiti dei pubblici poteri (dalla tutela, alla gestione, alla valorizzazione) e come sono divisi tra le varie istituzioni? e – poi – i diversi istituti e procedure previsti dal Codice dei beni culturali: che natura giuridica hanno; a che servono; “come funzionano”; che effetti hanno per i cittadini? Si tratta – in parole semplici – di spiegare, “passo passo”, e non di “ammucchiare”, a strati, masse indistinte d’informazioni (e centinaia di pagine), impossibili da ricordare. Le “lezioni scritte” dovrebbero essere la base dell’insegnamento universitario, che è un servizio pubblico (a prescindere – ovviamente – dalla natura degli Atenei; pubblica o privata; “tradizionale” o telematica) per soddisfare gli utenti (gli studenti).
Diritto dei beni culturali / Amorosino, Sandro. - (2019), pp. 1-237.
Diritto dei beni culturali
Sandro Amorosino
2019
Abstract
Questo breve “Manuale” è stato scritto per gli studenti e non per i professori. Lo scopo è far capire il sistema – la struttura d’insieme – del nostro diritto dei beni culturali, o almeno, darne un quadro completo. Il manuale universitario è, o dovrebbe essere, l’“erede” delle vecchie dispense “raccolte dalle lezioni” dei professori, stampate con i “caratteri della macchina da scrivere”, per rendere evidente che erano destinate esclusivamente all’insegnamento. Il modello (“format”), che ho provato a seguire è quello, discorsivo, delle “lezioni”, con gli inquadramenti i focus, le ripetizioni (per chi “perde il filo”), gli schemi riassuntivi, etc. Il metodo è quello di raccontare e spiegare, volta per volta, partendo dai temi generali (cos’è un bene culturale; come si è “evoluto” nel corso della storia, e com’è “definito” nel nostro sistema giuridico? quali sono i compiti dei pubblici poteri (dalla tutela, alla gestione, alla valorizzazione) e come sono divisi tra le varie istituzioni? e – poi – i diversi istituti e procedure previsti dal Codice dei beni culturali: che natura giuridica hanno; a che servono; “come funzionano”; che effetti hanno per i cittadini? Si tratta – in parole semplici – di spiegare, “passo passo”, e non di “ammucchiare”, a strati, masse indistinte d’informazioni (e centinaia di pagine), impossibili da ricordare. Le “lezioni scritte” dovrebbero essere la base dell’insegnamento universitario, che è un servizio pubblico (a prescindere – ovviamente – dalla natura degli Atenei; pubblica o privata; “tradizionale” o telematica) per soddisfare gli utenti (gli studenti).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


