É possibile identificare una teoria linguistica riconoscibile all’interno del complesso corpus filosofico gentiliano? Come noto l’orientamento interpretativo prevalente converge verso una risposta negativa: non disponiamo di un lavoro dedicato specificamente alla lingua o al linguaggio, né si può identificare, a rigore, un filone di riflessioni che convergono verso una proposta teorica organica. Le idee linguistiche di Gentile sembrano disperse in una diaspora argomentativa sia per quanto riguarda il piano più strettamente filosofico, ossia la definizione del ruolo del linguaggio nel sistema dell’attualismo, sia per quanto attiene gli altri scritti. Tuttavia, uno sguardo più attento mostra come sul piano strettamente teoretico, nell’arco della sua riflessione, Gentile non smette mai di considerare il linguaggio un problema di prima grandezza. L’assenza di un approfondimento articolato non va in alcun modo equiparata a un’assenza di considerazione. Occorre cogliere invece le indicazioni che quei pensieri sparsi contengono: il rifiuto per l’approccio positivista, la decisa negazione di teorie fondate sullo studio delle partizioni – grammatiche e vocabolari – e l’altrettanto netta affermazione del primato della parole, non sono solo espressioni dello Zeitgeist idealista. Il punto di partenza è l’atto linguistico, sono le parole e le frasi pronunciate e scritte, come tali certamente irreplicabili ma ben inserite dentro una storia che, ponendo limiti, consente loro di acquisire una forma che le rende comunicabili e comprensibili. Lo studio che presentiamo nelle prossime pagine si concentra sulle parole. Dato lo spazio disponibile, abbiamo concentrato l’analisi su due testi chiave: Teoria generale dello spirito come atto puro (Gentile 1916) e Genesi e struttura della società (Gentile 1946). Con le cautele proprie di ogni semplificazione, abbiamo voluto analizzare testi rappresentativi delle due direttrici di ricerca gentiliana: il primo è esempio della scrittura filosofica volta alla composizione del sistema, il secondo di uno stile che si misura con la comunicazione dei temi legati all’analisi sociale e all’educazione. Partire dalle parole consente di mettere a fuoco i significati più ricorrenti, gli accostamenti e le opposizioni alla base delle scelte argomentative e comunicative compiute. L’osservazione dell’uso della lingua – ad esempio l’adesione o la rimessa in discussione rispetto a questo o quel determinato significato – sono un osservatorio di grande interesse per comprendere i riferimenti concettuali adottati dal filosofo. Ma più di ogni altra valutazione, date le finalità di questo saggio, tornare alla parole significa toccare con mano, come la comunicazione, la comprensione – la trasmissione del senso – siano posti come problemi e come, ogni volta, venga sciolto il nodo della loro soluzione. Ricorrendo all’analisi automatica dei testi, abbiamo preso in esame le scelte linguistiche operate dai parlanti nei contesti specifici, concentrato l’analisi su due testi chiave: Teoria generale dello spirito come atto puro (Gentile 1916) e Genesi e struttura della società (Gentile 1946). Con le cautele proprie di ogni semplificazione, abbiamo voluto analizzare testi rappresentativi delle due direttrici di ricerca gentiliana: il primo è esempio della scrittura filosofica volta alla composizione del sistema, il secondo di uno stile che si misura con la comunicazione dei temi legati all’analisi sociale e all’educazione. Partire dalle parole, utlizzando le possibilità offerte dall’analisi automatica dei testi, consente di mettere a fuoco i significati più ricorrenti, gli accostamenti e le opposizioni alla base delle scelte argomentative e comunicative compiute. Per quanto circoscritta, come si è visto, l’analisi svolta mostra risultati di grande interesse, che meriterebbero riflessioni e approfondimenti ulteriori. La distanza linguistica tra i due lavori presi in esame è segnata principalmente dall’area semantica dei verbi ricorrenti. In Teoria l’argomentazione è caratterizzata in maniera peculiare dai verbi legati all’area della riflessione – «pensare», «conoscere», «dire» –, in Genesi si affermano invece i verbi legati all’azione e al fare – «agire», «fare», «operare» –. Se andiamo a verificare la corrispondenza di tale articolazione sul terreno lessicale, escludendo le forme verbali, troviamo una conferma parziale; come abbiamo affermato più su, ci troviamo davanti a due universi lessicali ben distinti. In Teoria emergono i vocaboli legati alla ricerca filosofica – «realtà», «molteplicità», «storia», «concetto», «spazio», «filosofia», «metafisica» – rispetto all’altro volume, dove incontriamo invece forme come – «uomo», «Stato», «volere», «politica», «società», «vita». La distanza tra i due testi sotto il profilo linguistico sembra suggerire qualcosa di più di un Gentile dal duplice habitus intellettuale; lo scarto sembra rinviare, infatti, anche all’asse diacronico, a una estensione dei nuclei tematici riconducibile allo sviluppo interno della riflessione, e ai problemi con i quali, volta per volta, questa è chiamata a misurarsi. Ciò che risulta interessante rispetto alla diversa distribuzione delle parole esaminate, e che l’analisi di contesto ci ha consentito di osservare, è la coesione della loro ricorrenza e interdefinizione: sono lemmi che viaggiano, per così dire, in gruppo, richiamandosi continuamente. Non si tratta di una dispersione legata alla centralità della singola parola-tema nell’economia dell’argomentazione, ma di uno sforzo di ridefinizione complessiva. A questa incertezza, e al parallelo rifiuto della lingua perfetta, concetto estraneo alla storia umana, Gentile risponde con un lavoro costante e sistematico di ridefinizione dei significati. La complessità dei testi, l’uso frequente di forme rare al limite del neologismo non sono indici di una trascuratezza del versante della comprensione. Piuttosto è vero il contrario: la consapevolezza della natura del linguaggio porta al lavoro costante e puntuale su di esso. La resa piena del senso che la parola, la frase e il testo sono chiamati a esprimere esige questo sforzo. Il primato della parole, dell’atto linguistico ante litteram è il caso di dire, è il primato dell’istante enunciativo, che però trova il suo limite, la sua forma come abbiamo scritto, nel flusso storico. Al di fuori di esso non c’è nulla che possa diventare comunicabile e comprensibile. Non è un caso che su questo terreno si sciolga anche l’articolazione e la distinzione concettuale lingua/linguaggio. La diversità delle lingue non è ostacolo alla comprensione in ragione dell’unità del logos, come il tempo è vinto dalla memoria che, attraverso le lingue, custodisce la cultura. Oltre le etichette e le partizioni disciplinari, la lingua in Gentile è un tema ben presente. Nella teoria come nella pratica, il filosofo mostra attenzione e consapevolezza del peso del linguaggio nella vita degli individui e delle comunità umane, rivelandosi fino in fondo figlio del suo tempo, Gli strumenti di cui oggi disponiamo mostrano, dunque, la necessità di riaprire il cantiere di una ricerca tutt’altro che conclusa, mentre risultano invece esaurite le ragioni che fino a oggi non lo hanno consentito. Le sorprese, come vediamo, potrebbero non essere poche.

La lingua di Gentile / Giuliani, Fabrizia; Femia, Diego. - (2016), pp. 781-788.

La lingua di Gentile

Giuliani, Fabrizia
;
Femia, Diego
2016

Abstract

É possibile identificare una teoria linguistica riconoscibile all’interno del complesso corpus filosofico gentiliano? Come noto l’orientamento interpretativo prevalente converge verso una risposta negativa: non disponiamo di un lavoro dedicato specificamente alla lingua o al linguaggio, né si può identificare, a rigore, un filone di riflessioni che convergono verso una proposta teorica organica. Le idee linguistiche di Gentile sembrano disperse in una diaspora argomentativa sia per quanto riguarda il piano più strettamente filosofico, ossia la definizione del ruolo del linguaggio nel sistema dell’attualismo, sia per quanto attiene gli altri scritti. Tuttavia, uno sguardo più attento mostra come sul piano strettamente teoretico, nell’arco della sua riflessione, Gentile non smette mai di considerare il linguaggio un problema di prima grandezza. L’assenza di un approfondimento articolato non va in alcun modo equiparata a un’assenza di considerazione. Occorre cogliere invece le indicazioni che quei pensieri sparsi contengono: il rifiuto per l’approccio positivista, la decisa negazione di teorie fondate sullo studio delle partizioni – grammatiche e vocabolari – e l’altrettanto netta affermazione del primato della parole, non sono solo espressioni dello Zeitgeist idealista. Il punto di partenza è l’atto linguistico, sono le parole e le frasi pronunciate e scritte, come tali certamente irreplicabili ma ben inserite dentro una storia che, ponendo limiti, consente loro di acquisire una forma che le rende comunicabili e comprensibili. Lo studio che presentiamo nelle prossime pagine si concentra sulle parole. Dato lo spazio disponibile, abbiamo concentrato l’analisi su due testi chiave: Teoria generale dello spirito come atto puro (Gentile 1916) e Genesi e struttura della società (Gentile 1946). Con le cautele proprie di ogni semplificazione, abbiamo voluto analizzare testi rappresentativi delle due direttrici di ricerca gentiliana: il primo è esempio della scrittura filosofica volta alla composizione del sistema, il secondo di uno stile che si misura con la comunicazione dei temi legati all’analisi sociale e all’educazione. Partire dalle parole consente di mettere a fuoco i significati più ricorrenti, gli accostamenti e le opposizioni alla base delle scelte argomentative e comunicative compiute. L’osservazione dell’uso della lingua – ad esempio l’adesione o la rimessa in discussione rispetto a questo o quel determinato significato – sono un osservatorio di grande interesse per comprendere i riferimenti concettuali adottati dal filosofo. Ma più di ogni altra valutazione, date le finalità di questo saggio, tornare alla parole significa toccare con mano, come la comunicazione, la comprensione – la trasmissione del senso – siano posti come problemi e come, ogni volta, venga sciolto il nodo della loro soluzione. Ricorrendo all’analisi automatica dei testi, abbiamo preso in esame le scelte linguistiche operate dai parlanti nei contesti specifici, concentrato l’analisi su due testi chiave: Teoria generale dello spirito come atto puro (Gentile 1916) e Genesi e struttura della società (Gentile 1946). Con le cautele proprie di ogni semplificazione, abbiamo voluto analizzare testi rappresentativi delle due direttrici di ricerca gentiliana: il primo è esempio della scrittura filosofica volta alla composizione del sistema, il secondo di uno stile che si misura con la comunicazione dei temi legati all’analisi sociale e all’educazione. Partire dalle parole, utlizzando le possibilità offerte dall’analisi automatica dei testi, consente di mettere a fuoco i significati più ricorrenti, gli accostamenti e le opposizioni alla base delle scelte argomentative e comunicative compiute. Per quanto circoscritta, come si è visto, l’analisi svolta mostra risultati di grande interesse, che meriterebbero riflessioni e approfondimenti ulteriori. La distanza linguistica tra i due lavori presi in esame è segnata principalmente dall’area semantica dei verbi ricorrenti. In Teoria l’argomentazione è caratterizzata in maniera peculiare dai verbi legati all’area della riflessione – «pensare», «conoscere», «dire» –, in Genesi si affermano invece i verbi legati all’azione e al fare – «agire», «fare», «operare» –. Se andiamo a verificare la corrispondenza di tale articolazione sul terreno lessicale, escludendo le forme verbali, troviamo una conferma parziale; come abbiamo affermato più su, ci troviamo davanti a due universi lessicali ben distinti. In Teoria emergono i vocaboli legati alla ricerca filosofica – «realtà», «molteplicità», «storia», «concetto», «spazio», «filosofia», «metafisica» – rispetto all’altro volume, dove incontriamo invece forme come – «uomo», «Stato», «volere», «politica», «società», «vita». La distanza tra i due testi sotto il profilo linguistico sembra suggerire qualcosa di più di un Gentile dal duplice habitus intellettuale; lo scarto sembra rinviare, infatti, anche all’asse diacronico, a una estensione dei nuclei tematici riconducibile allo sviluppo interno della riflessione, e ai problemi con i quali, volta per volta, questa è chiamata a misurarsi. Ciò che risulta interessante rispetto alla diversa distribuzione delle parole esaminate, e che l’analisi di contesto ci ha consentito di osservare, è la coesione della loro ricorrenza e interdefinizione: sono lemmi che viaggiano, per così dire, in gruppo, richiamandosi continuamente. Non si tratta di una dispersione legata alla centralità della singola parola-tema nell’economia dell’argomentazione, ma di uno sforzo di ridefinizione complessiva. A questa incertezza, e al parallelo rifiuto della lingua perfetta, concetto estraneo alla storia umana, Gentile risponde con un lavoro costante e sistematico di ridefinizione dei significati. La complessità dei testi, l’uso frequente di forme rare al limite del neologismo non sono indici di una trascuratezza del versante della comprensione. Piuttosto è vero il contrario: la consapevolezza della natura del linguaggio porta al lavoro costante e puntuale su di esso. La resa piena del senso che la parola, la frase e il testo sono chiamati a esprimere esige questo sforzo. Il primato della parole, dell’atto linguistico ante litteram è il caso di dire, è il primato dell’istante enunciativo, che però trova il suo limite, la sua forma come abbiamo scritto, nel flusso storico. Al di fuori di esso non c’è nulla che possa diventare comunicabile e comprensibile. Non è un caso che su questo terreno si sciolga anche l’articolazione e la distinzione concettuale lingua/linguaggio. La diversità delle lingue non è ostacolo alla comprensione in ragione dell’unità del logos, come il tempo è vinto dalla memoria che, attraverso le lingue, custodisce la cultura. Oltre le etichette e le partizioni disciplinari, la lingua in Gentile è un tema ben presente. Nella teoria come nella pratica, il filosofo mostra attenzione e consapevolezza del peso del linguaggio nella vita degli individui e delle comunità umane, rivelandosi fino in fondo figlio del suo tempo, Gli strumenti di cui oggi disponiamo mostrano, dunque, la necessità di riaprire il cantiere di una ricerca tutt’altro che conclusa, mentre risultano invece esaurite le ragioni che fino a oggi non lo hanno consentito. Le sorprese, come vediamo, potrebbero non essere poche.
2016
Croce e Gentile. La cultura italiana e l'Europa
9788812005772
filosofia del linguaggio; filosofia italiana
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
La lingua di Gentile / Giuliani, Fabrizia; Femia, Diego. - (2016), pp. 781-788.
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