Lelio Basso è senz’altro un socialista del Novecento. La sua è un’interpretazione del socialismo originale e a tratti eretica, capace di mescolare materiali diversi ma anche autentici del marxismo, della tradizione di pensiero del movimento operaio e delle più radicali teorie democratiche. Egli è senz’altro un marxista, formatosi su una lettura “umanistica” del marxismo (proposta in particolare da Rodolfo Mondolfo) agli inizi del xx secolo e arricchita nel corso dell’intera sua esistenza da innesti e letture alquanto eterodossi. Sino alla sua morte (1978), Basso continua a nutrirsi del pensiero di Marx, non solo a fini politici, ma soprattutto mosso da una passione e da una ricerca intellettuale mai disgiunte dalla “prassi”, capaci dapprima di coinvolgere in modo attivo la giovane generazione dell’antifascismo italiano e in seguito di animare imprese di natura teorica e politica di grande respiro. La sua peculiare adesione al neo-protestantesimo degli anni Venti, la vicinanza, anche umana, a Piero Gobetti, l’incontro con il pensiero di Rosa Luxemburg, la predilezione per la storia e più tardi per il campo dei diritti, lo rendono senza dubbio un attivista e un intellettuale sui generis. Lelio Basso appartiene a una generazione a tratti “speciale”, quella formatasi a ridosso del primo dopoguerra, vissuto fino in fondo come uno spartiacque dalle caratteristiche uniche, rivoluzione di azione, costumi e pensieri, il vero momento di cesura di tutto un secolo. Ad accomunarlo agli altri “giovani” di questa generazione è in primo luogo il radicalizzarsi di una concezione pedagogica, la necessità della politica intesa come educazione e della cultura come coscienza storica
Un socialista del Novecento. Uguaglianza, libertà e diritti nel percorso di Lelio Basso / Giorgi, MARIA CHIARA. - (2015), pp. 1-290.
Un socialista del Novecento. Uguaglianza, libertà e diritti nel percorso di Lelio Basso
GIORGI, MARIA CHIARA
2015
Abstract
Lelio Basso è senz’altro un socialista del Novecento. La sua è un’interpretazione del socialismo originale e a tratti eretica, capace di mescolare materiali diversi ma anche autentici del marxismo, della tradizione di pensiero del movimento operaio e delle più radicali teorie democratiche. Egli è senz’altro un marxista, formatosi su una lettura “umanistica” del marxismo (proposta in particolare da Rodolfo Mondolfo) agli inizi del xx secolo e arricchita nel corso dell’intera sua esistenza da innesti e letture alquanto eterodossi. Sino alla sua morte (1978), Basso continua a nutrirsi del pensiero di Marx, non solo a fini politici, ma soprattutto mosso da una passione e da una ricerca intellettuale mai disgiunte dalla “prassi”, capaci dapprima di coinvolgere in modo attivo la giovane generazione dell’antifascismo italiano e in seguito di animare imprese di natura teorica e politica di grande respiro. La sua peculiare adesione al neo-protestantesimo degli anni Venti, la vicinanza, anche umana, a Piero Gobetti, l’incontro con il pensiero di Rosa Luxemburg, la predilezione per la storia e più tardi per il campo dei diritti, lo rendono senza dubbio un attivista e un intellettuale sui generis. Lelio Basso appartiene a una generazione a tratti “speciale”, quella formatasi a ridosso del primo dopoguerra, vissuto fino in fondo come uno spartiacque dalle caratteristiche uniche, rivoluzione di azione, costumi e pensieri, il vero momento di cesura di tutto un secolo. Ad accomunarlo agli altri “giovani” di questa generazione è in primo luogo il radicalizzarsi di una concezione pedagogica, la necessità della politica intesa come educazione e della cultura come coscienza storicaFile | Dimensione | Formato | |
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