L’inadeguatezza degli strumenti consolidati di lettura dello spazio urbano (sia qualitativi che quantitativi) e la crisi di modelli interpretativi tradizionali sono il mantra ossessivo che ha attraversato una generazione di studi urbani, impegnata nella formulazione di categorie descrittive, metafore spaziali, paradigmi narrativi sempre nuovi. I limiti di queste interpretazioni, da molti intuiti sin dall’inizio, sono stati ricondotti alla proliferazione di descrizioni frammentarie, caso per caso, che nel tentativo di cogliere la complessità e fuggire da modelli astratti ( gerarchie, polarità, etc.), perdevano la visione di insieme (Bianchetti 2000); alla rinuncia ad una lettura “stratigrafica”, analoga a quella utilizzata in archeologia e negli studi di storia urbana, capace di collocare ciascun frammento nello spazio e nel tempo, cogliendo simultaneamente la grammatica e la sintassi degli elementi, la relazioni con il contesto e tra diverse fasi di sviluppo e trasformazione e infine alla mancanza di una esplicita finalità progettuale . Tutto ciò mentre, a partire dagli anni ’90 la centralità e la specificità spaziale dei fenomeni urbani si affermavano attraverso quello che è stato definito spatial turn, all’interno dei più diversi campi del sapere, dalla geografia alla sociologia, alla storia. Quello che abbiamo tentato in questa ricerca sul'accessibilità dell'area metropolitana romana e sui territori urbanizzati contemporanei è stato partire dall’osservazione degli spazi, seguendo un metodo alla Perec “fare l’inventario di quanto si vede, elencare ciò di cui si è sicuri, stabilire distinzioni elementari” . Abbiamo così individuato differenti tipi di insediamenti ricorrenti, materiali che nella città contemporanea si ripetono estensivamente, ricollocando questi tipi di insediamenti ricorrenti nel tempo e nello spazio, attraverso una lettura evolutiva e fortemente connessa ai contesti morfologici, ambientali, storici e sociali. Indagini e sopralluoghi ci hanno permesso di rilevare, al tempo stesso, una varietà straordinaria, un’infinità variabilità e possibilità di declinazione che rende i paesaggi della Roma oltre GRA fortemente identificabili e riconoscibili, dei paesaggi non banali, a volte con sorprendenti livelli di biodiversità, vitalità e socialità.Il mandato progettuale della ricerca, affidatoci dall’Agenzia della Mobilità e uno specifico punto di vista –quello di paesaggisti da tempo impegnati in proposte di riattivazione ecologica e sociale della città contemporanea- ci hanno guidato nella evidenziazione di problemi e questioni rilevanti, che interessano e accomunano tutti i territori urbanizzati oltre GRA, sebbene con differenti caratteri e intensità. Le principali criticità dei territori urbanizzati della Roma oltre GRA sono state quindi ricondotte ai temi dell’accessibilità e della sicurezza rispetto a rischi meteorici e climatici.
Non chiamatela periferia / Imbroglini, Cristina. - (2019), pp. 52-87. - DIAP PRINT.
Non chiamatela periferia
Cristina Imbroglini
2019
Abstract
L’inadeguatezza degli strumenti consolidati di lettura dello spazio urbano (sia qualitativi che quantitativi) e la crisi di modelli interpretativi tradizionali sono il mantra ossessivo che ha attraversato una generazione di studi urbani, impegnata nella formulazione di categorie descrittive, metafore spaziali, paradigmi narrativi sempre nuovi. I limiti di queste interpretazioni, da molti intuiti sin dall’inizio, sono stati ricondotti alla proliferazione di descrizioni frammentarie, caso per caso, che nel tentativo di cogliere la complessità e fuggire da modelli astratti ( gerarchie, polarità, etc.), perdevano la visione di insieme (Bianchetti 2000); alla rinuncia ad una lettura “stratigrafica”, analoga a quella utilizzata in archeologia e negli studi di storia urbana, capace di collocare ciascun frammento nello spazio e nel tempo, cogliendo simultaneamente la grammatica e la sintassi degli elementi, la relazioni con il contesto e tra diverse fasi di sviluppo e trasformazione e infine alla mancanza di una esplicita finalità progettuale . Tutto ciò mentre, a partire dagli anni ’90 la centralità e la specificità spaziale dei fenomeni urbani si affermavano attraverso quello che è stato definito spatial turn, all’interno dei più diversi campi del sapere, dalla geografia alla sociologia, alla storia. Quello che abbiamo tentato in questa ricerca sul'accessibilità dell'area metropolitana romana e sui territori urbanizzati contemporanei è stato partire dall’osservazione degli spazi, seguendo un metodo alla Perec “fare l’inventario di quanto si vede, elencare ciò di cui si è sicuri, stabilire distinzioni elementari” . Abbiamo così individuato differenti tipi di insediamenti ricorrenti, materiali che nella città contemporanea si ripetono estensivamente, ricollocando questi tipi di insediamenti ricorrenti nel tempo e nello spazio, attraverso una lettura evolutiva e fortemente connessa ai contesti morfologici, ambientali, storici e sociali. Indagini e sopralluoghi ci hanno permesso di rilevare, al tempo stesso, una varietà straordinaria, un’infinità variabilità e possibilità di declinazione che rende i paesaggi della Roma oltre GRA fortemente identificabili e riconoscibili, dei paesaggi non banali, a volte con sorprendenti livelli di biodiversità, vitalità e socialità.Il mandato progettuale della ricerca, affidatoci dall’Agenzia della Mobilità e uno specifico punto di vista –quello di paesaggisti da tempo impegnati in proposte di riattivazione ecologica e sociale della città contemporanea- ci hanno guidato nella evidenziazione di problemi e questioni rilevanti, che interessano e accomunano tutti i territori urbanizzati oltre GRA, sebbene con differenti caratteri e intensità. Le principali criticità dei territori urbanizzati della Roma oltre GRA sono state quindi ricondotte ai temi dell’accessibilità e della sicurezza rispetto a rischi meteorici e climatici.File | Dimensione | Formato | |
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