Dal XIV al XVI secolo un movimento di popolazione destinato al ripopolamento delle campagne ha luogo sul confine opposto della Penisola ma ha interessato il territorio nel suo complesso. Un ruolo particolare è rivestito da Roma che nel Quattrocento cominciava ad acquisire il ruolo di capitale universale del cattolicesimo. In quanto centro della Chiesa essa attirava la presenza di religiosi e, in misura sempre più crescente, di pellegrini. Tuttavia ancor più come corte pontificia e cardinalizia Roma era la meta dell’arrivo e dell’insediamento di “nationes” straniere (italiane e d’oltralpe) che popolavano determinati quartieri e i cui membri laici ed ecclesiastici si dedicavano ai “mestieri di corte”. Il polo curiale, nonché le tante iniziative edilizie ed urbanistiche, richiedevano ampie risorse umane con capacità professionali le più diverse: dal semplice manovale all’intellettuale, all’artista e agli operatori del settore bancario. Non soltanto la città ospite attuava misure di sorveglianza e regolazione dell’integrazione dei forestieri, ma erano le stesse comunità immigrate a darsi una struttura e dei rappresentanti, acquisendo così una visibilità collettiva e un riconoscimento all’interno della città. Tale esigenza nasceva in primo luogo per motivi religiosi e assistenziali, dando luogo alla formazione delle confraternite “nazionali”. Allo stesso tempo Roma attraeva una crescente popolazione europea (i censimenti di inizio Cinquecento indicano percentuali non lontane da quelle di inizi Duemila) e vede nascere un reticolo di chiese nazionali ma non solo. Come sottolineato da un rapporto della Caritas Diocesana di Roma (2000), si diceva che l'immigrazione a Roma, città con il più alto numero di stranieri residenti e transitanti, non era tuttavia il luogo di più agevole inserimento socio-lavorativo per gli immigrati, essendo priva di sbocchi industriali e impiegatizi. La mano d'opera era quindi prevalentemente confinata nel lavoro domestico e di cura, nonché nei servizi necessari alla qualità della vita urbana quali la ristorazione e le attività di pulizia. Molti giungono comunque - attratti dalla concentrazione delle sedi diplomatiche, dalle generose maglie del mercato sommerso, dalla fitta rete di organismi di volontariato attivi in proprio o in rapporto di collaborazione con gli enti locali, dalla tolleranza della popolazione e delle stesse forze dell'ordine - ma non tutti permangono o, più esattamente, non tutti vorrebbero permanere. Questo giudizio, può essere in larga parte condiviso, anche se con qualche significativa riserva: è, ad esempio, difficile valutare se e quanto la popolazione e le forze dell'ordine siano più tolleranti che nel resto del paese; è certo corretta la sottolineatura del carattere tendenzialmente dequalificato e precario dell'occupazione offerta, mentre è di estremo interesse la considerazione relativa alle prospettive di transito o di insediamento permanente della immigrazione straniera a Roma. Ma soprattutto l’analisi delle informazioni sugli immigrati a Roma, la quale ha fatto individuare quattro aggregati significativi di lavoratori stranieri o, se si preferisce, quattro aree che assorbono in maniera significativa lavoratori stranieri va dall’area del lavoro domestico a quella del lavoro edile, alle imprese condotte da lavoratori stranieri e all’area di quei servizi (ristoranti, imprese di pulizie ecc...) che assorbono a ritmo sempre più intenso lavoratori stranieri. E questa è una fotografia che può benissimo interpretare, pur in un ambito temporale differente, i lavoratori stranieri tra XV e XVI secolo, con particolare riferimento al settore edile che sarà il focus principale di questo contributo.

Migrazione e stranieri a Roma (XV-XVI secolo). Il settore edile / Ait, Ivana; Strangio, Donatella. - (2019), pp. 388-392.

Migrazione e stranieri a Roma (XV-XVI secolo). Il settore edile

Ivana Ait;Donatella Strangio
2019

Abstract

Dal XIV al XVI secolo un movimento di popolazione destinato al ripopolamento delle campagne ha luogo sul confine opposto della Penisola ma ha interessato il territorio nel suo complesso. Un ruolo particolare è rivestito da Roma che nel Quattrocento cominciava ad acquisire il ruolo di capitale universale del cattolicesimo. In quanto centro della Chiesa essa attirava la presenza di religiosi e, in misura sempre più crescente, di pellegrini. Tuttavia ancor più come corte pontificia e cardinalizia Roma era la meta dell’arrivo e dell’insediamento di “nationes” straniere (italiane e d’oltralpe) che popolavano determinati quartieri e i cui membri laici ed ecclesiastici si dedicavano ai “mestieri di corte”. Il polo curiale, nonché le tante iniziative edilizie ed urbanistiche, richiedevano ampie risorse umane con capacità professionali le più diverse: dal semplice manovale all’intellettuale, all’artista e agli operatori del settore bancario. Non soltanto la città ospite attuava misure di sorveglianza e regolazione dell’integrazione dei forestieri, ma erano le stesse comunità immigrate a darsi una struttura e dei rappresentanti, acquisendo così una visibilità collettiva e un riconoscimento all’interno della città. Tale esigenza nasceva in primo luogo per motivi religiosi e assistenziali, dando luogo alla formazione delle confraternite “nazionali”. Allo stesso tempo Roma attraeva una crescente popolazione europea (i censimenti di inizio Cinquecento indicano percentuali non lontane da quelle di inizi Duemila) e vede nascere un reticolo di chiese nazionali ma non solo. Come sottolineato da un rapporto della Caritas Diocesana di Roma (2000), si diceva che l'immigrazione a Roma, città con il più alto numero di stranieri residenti e transitanti, non era tuttavia il luogo di più agevole inserimento socio-lavorativo per gli immigrati, essendo priva di sbocchi industriali e impiegatizi. La mano d'opera era quindi prevalentemente confinata nel lavoro domestico e di cura, nonché nei servizi necessari alla qualità della vita urbana quali la ristorazione e le attività di pulizia. Molti giungono comunque - attratti dalla concentrazione delle sedi diplomatiche, dalle generose maglie del mercato sommerso, dalla fitta rete di organismi di volontariato attivi in proprio o in rapporto di collaborazione con gli enti locali, dalla tolleranza della popolazione e delle stesse forze dell'ordine - ma non tutti permangono o, più esattamente, non tutti vorrebbero permanere. Questo giudizio, può essere in larga parte condiviso, anche se con qualche significativa riserva: è, ad esempio, difficile valutare se e quanto la popolazione e le forze dell'ordine siano più tolleranti che nel resto del paese; è certo corretta la sottolineatura del carattere tendenzialmente dequalificato e precario dell'occupazione offerta, mentre è di estremo interesse la considerazione relativa alle prospettive di transito o di insediamento permanente della immigrazione straniera a Roma. Ma soprattutto l’analisi delle informazioni sugli immigrati a Roma, la quale ha fatto individuare quattro aggregati significativi di lavoratori stranieri o, se si preferisce, quattro aree che assorbono in maniera significativa lavoratori stranieri va dall’area del lavoro domestico a quella del lavoro edile, alle imprese condotte da lavoratori stranieri e all’area di quei servizi (ristoranti, imprese di pulizie ecc...) che assorbono a ritmo sempre più intenso lavoratori stranieri. E questa è una fotografia che può benissimo interpretare, pur in un ambito temporale differente, i lavoratori stranieri tra XV e XVI secolo, con particolare riferimento al settore edile che sarà il focus principale di questo contributo.
2019
Osservatorio Romano sulle Migrazioni
9788864800424
Migrazione; Roma; XV-XVI secolo; stranieri; economia; edilizia
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Migrazione e stranieri a Roma (XV-XVI secolo). Il settore edile / Ait, Ivana; Strangio, Donatella. - (2019), pp. 388-392.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11573/1293540
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