Uno dei tratti che maggiormente caratterizza la mediamorfosi dell’informazione italiana a partire dai primi anni del 2000 a oggi è l’accresciuta centralità della cronaca nera, che si è esplicitata sia da un punto di vista strettamente quantitativo (aumento degli spazi dedicati nei notiziari e nei cosiddetti programmi d’approfondimento) che dal punto di vista più ampiamente qualitativo (centralità e salienza del crimine nei notiziari e negli spazi d’approfondimento giornalistico, rilevanza del tema nel dibattito politico, rafforzamento dei frame securitari). E’ proprio da quegli anni che le ricerche hanno iniziato a evidenziare un significativo aumento nell'attenzione dei media italiani per i crimini, soprattutto per quelli particolarmente efferati, che si è tradotto non solo in una maggior presenza delle notizie di nera nei quotidiani e nei Tg rilevate in percentuali nettamente superiori a quelle di altri paesi europei, ma anche nell’aumento degli spazi ad hoc nei palinsesti televisivi. Diversi osservatori hanno peraltro rilevato un importante “picco” di notizie nei Tg tra il 2007 e il 2008. All’aumento dello spazio per queste notizie si accompagna una crescente curiosità soprattutto per i crimini violenti, che ricevono un’attenzione sempre più ampia e strutturata, con il rischio di mettere in ombra, ad esempio, le notizie sulla criminalità organizzata o sui casi di corruzione. Da un punto di vista più qualitativo, emergono due elementi d’interesse, solo apparentemente contrapposti: da un lato l’aumento dell’attenzione su singoli delitti – simbolo in grado di generare un dibattito persino ridondante, dall’altro il basso continuo su una moltitudine di micro-eventi criminali, trattati molto più sbrigativamente e senza riferimento ai contesti sociali in cui essi si producono, limitandosi a descriverli come eccezionalità prive di causa. A ben vedere, queste due forme di rappresentazione mediale della violenza, solo apparentemente così diverse, trovano un minimo comune denominatore nel senso di minaccia generalizzata, irrazionale e imprevedibile nei confronti dell’individuo.
Gigantografie del male. La rappresentazione mediale della «nera» / Cerase, Andrea. - (2014), pp. 418-426.
Gigantografie del male. La rappresentazione mediale della «nera»
andrea cerase
2014
Abstract
Uno dei tratti che maggiormente caratterizza la mediamorfosi dell’informazione italiana a partire dai primi anni del 2000 a oggi è l’accresciuta centralità della cronaca nera, che si è esplicitata sia da un punto di vista strettamente quantitativo (aumento degli spazi dedicati nei notiziari e nei cosiddetti programmi d’approfondimento) che dal punto di vista più ampiamente qualitativo (centralità e salienza del crimine nei notiziari e negli spazi d’approfondimento giornalistico, rilevanza del tema nel dibattito politico, rafforzamento dei frame securitari). E’ proprio da quegli anni che le ricerche hanno iniziato a evidenziare un significativo aumento nell'attenzione dei media italiani per i crimini, soprattutto per quelli particolarmente efferati, che si è tradotto non solo in una maggior presenza delle notizie di nera nei quotidiani e nei Tg rilevate in percentuali nettamente superiori a quelle di altri paesi europei, ma anche nell’aumento degli spazi ad hoc nei palinsesti televisivi. Diversi osservatori hanno peraltro rilevato un importante “picco” di notizie nei Tg tra il 2007 e il 2008. All’aumento dello spazio per queste notizie si accompagna una crescente curiosità soprattutto per i crimini violenti, che ricevono un’attenzione sempre più ampia e strutturata, con il rischio di mettere in ombra, ad esempio, le notizie sulla criminalità organizzata o sui casi di corruzione. Da un punto di vista più qualitativo, emergono due elementi d’interesse, solo apparentemente contrapposti: da un lato l’aumento dell’attenzione su singoli delitti – simbolo in grado di generare un dibattito persino ridondante, dall’altro il basso continuo su una moltitudine di micro-eventi criminali, trattati molto più sbrigativamente e senza riferimento ai contesti sociali in cui essi si producono, limitandosi a descriverli come eccezionalità prive di causa. A ben vedere, queste due forme di rappresentazione mediale della violenza, solo apparentemente così diverse, trovano un minimo comune denominatore nel senso di minaccia generalizzata, irrazionale e imprevedibile nei confronti dell’individuo.| File | Dimensione | Formato | |
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