In Che cos’è la televisione? Aldo Grasso e Massimo Scaglioni individuano tre specifiche dimensioni in cui il medium televisivo si evolve storica- mente: a) una istituzionale e tecnologica; b) una testuale e simbolica; c) una relazionale e sociale1. A partire da quest’ultima, la dimensione meno storiograficamente indagata delle tre, si vorrebbe avviare qui una breve riflessione attorno alla possibilità di avanzare una storia organica dei pubblici televisivi in Italia2. Fare storia delle audience vuol dire, an- zitutto, contaminare con una prospettiva sociale la storia della cultura, osservare dal basso i processi di consumo di oggetti culturalmente soli- di come la letteratura, la musica, il cinema, ma soprattutto forme cultu- rali tradizionalmente ritenute meno ‘legittime’, o popolari, come la te- levisione. Fare storia sociale della televisione, in aggiunta, significa chi- narsi per guardare il piccolo schermo dal basso, allargare lo sguardo al di là del vetro riflettente, drizzare le orecchie per ascoltare le esperien- ze di visione, disseminate come tracce dalle memorie individuali nella storia. C’è bisogno, poi, di operare un posizionamento politico, adottare una postura di disponibilità nei confronti del soggetto subalterno, supe- rare le teorie che hanno sostenuto una presunta superiorità degli studi sul testo rispetto al contesto, eclissare gli atteggiamenti intellettuali che hanno tradizionalmente considerato i pubblici come la componente ul- tima, finale, passiva dei processi comunicativi3. Per dirla in altri termi- ni: partire dall’assunto che gli spettatori rappresentino dei «decodifica- tori» attivi di qualsiasi testo mediale che viene fatto circolare dall’alto4;che con ognuno di questi testi i pubblici pongano in essere dei processi di «negoziazione» identitaria5; che le modalità di consumo e l’inciden- za dei testi nelle singole esperienze di visione dipendano dalla posizione che i soggetti occupano in una scala di «distinzione» sociale, culturale ed economica6. Per fare una storia sociale della televisione, dunque, bi- sogna andare a verificare la praticabilità degli studi etnografici sulle au- dience in una prospettiva storica, studiando la storia dei consumi televi- sivi nella loro dimensione processuale7.
La televisione vista dal basso / Garofalo, Damiano. - (2019), pp. 97-103. - RICERCHE. MEDIA SPETTACOLO PROCESSI CULTURALI.
La televisione vista dal basso
Damiano Garofalo
2019
Abstract
In Che cos’è la televisione? Aldo Grasso e Massimo Scaglioni individuano tre specifiche dimensioni in cui il medium televisivo si evolve storica- mente: a) una istituzionale e tecnologica; b) una testuale e simbolica; c) una relazionale e sociale1. A partire da quest’ultima, la dimensione meno storiograficamente indagata delle tre, si vorrebbe avviare qui una breve riflessione attorno alla possibilità di avanzare una storia organica dei pubblici televisivi in Italia2. Fare storia delle audience vuol dire, an- zitutto, contaminare con una prospettiva sociale la storia della cultura, osservare dal basso i processi di consumo di oggetti culturalmente soli- di come la letteratura, la musica, il cinema, ma soprattutto forme cultu- rali tradizionalmente ritenute meno ‘legittime’, o popolari, come la te- levisione. Fare storia sociale della televisione, in aggiunta, significa chi- narsi per guardare il piccolo schermo dal basso, allargare lo sguardo al di là del vetro riflettente, drizzare le orecchie per ascoltare le esperien- ze di visione, disseminate come tracce dalle memorie individuali nella storia. C’è bisogno, poi, di operare un posizionamento politico, adottare una postura di disponibilità nei confronti del soggetto subalterno, supe- rare le teorie che hanno sostenuto una presunta superiorità degli studi sul testo rispetto al contesto, eclissare gli atteggiamenti intellettuali che hanno tradizionalmente considerato i pubblici come la componente ul- tima, finale, passiva dei processi comunicativi3. Per dirla in altri termi- ni: partire dall’assunto che gli spettatori rappresentino dei «decodifica- tori» attivi di qualsiasi testo mediale che viene fatto circolare dall’alto4;che con ognuno di questi testi i pubblici pongano in essere dei processi di «negoziazione» identitaria5; che le modalità di consumo e l’inciden- za dei testi nelle singole esperienze di visione dipendano dalla posizione che i soggetti occupano in una scala di «distinzione» sociale, culturale ed economica6. Per fare una storia sociale della televisione, dunque, bi- sogna andare a verificare la praticabilità degli studi etnografici sulle au- dience in una prospettiva storica, studiando la storia dei consumi televi- sivi nella loro dimensione processuale7.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Garofalo_La- televisione -vista _2019 .pdf
solo gestori archivio
Tipologia:
Versione editoriale (versione pubblicata con il layout dell'editore)
Licenza:
Tutti i diritti riservati (All rights reserved)
Dimensione
1.79 MB
Formato
Adobe PDF
|
1.79 MB | Adobe PDF | Contatta l'autore |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.