Oggi il paesaggio è interessato da trasformazioni che individuano rotture degli ecosistemi e modifiche alle storiche stratificazioni. È evidente che in Europa il paesaggio è stato rimodellato dall’agricoltura, che nel suo svolgersi ha “incorporato” la morfologia del luogo, il clima, la vegetazione, i colori, i materiali da costruzione (Poli 2008). Difatti il paesaggio rurale costituisce non solo la componente del paesaggio più rilevante come superficie, ma anche un sistema di grandissimo rilievo sia dal punto di vista culturale e architettonico che dal punto di vista ambientale. Certamente dobbiamo ricordare che ogni società ha modificato lo scenario naturale secondo le esigenze demografiche e lo stato delle conoscenze tecniche di cui disponeva, ma va sottolineato come i tanti paesaggi sono nati non solo dalla combinazione degli elementi costitutivi, ma anche dalla guida culturale che ogni fase storica ha avuto. Tali trasformazioni sono date da necessità economiche che determinano una duplice versione del rapporto uomo e natura: fare un buon uso del territorio, anche se per fini economici, e avere un’alta considerazione degli eventi geografici e naturali inalterati (Ferrara 1968). Così i paesaggi rurali, concepiti come manifestazione culturale ed organizzativa delle comunità antropiche che li costituiscono e come conseguente manifestazione percettiva dei diversi agro-ecosistemi, sono la sintesi visualizzabile di aspetti culturali e di aspetti naturali: dimostrazione di una complementarietà e scambio tra uomo e natura. Concetto che troviamo nella nota definizione di paesaggio agricolo come “quella forma che l’uomo nel corso ed ai fini delle sue attività produttive agricole coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale” (Sereni 2010). Una relazione in cui l’essenza economica del paesaggio ha fatto sì che l’acculturazione degli spazi si configurasse come una vera e propria opera di costruzione, il cui scopo fondamentale era quello della produttività agraria. In effetti gli agricoltori sanno bene che la qualità del paesaggio costituisce un elemento essenziale per il successo delle iniziative economiche e sociali, siano esse private o pubbliche; ogni territorio rappresenta un quadro di vita per le popolazioni interessate, instaurando complesse interazioni tra i paesaggi urbani e quelli rurali, e gli agricoltori nei loro interventi non estetizzano il territorio, ma fanno della bellezza un carattere costitutivo. Allo stesso modo anche la genealogia linguistica ci avvicina al concetto di “campagna lavorata dalla comunità”, individuando il significato del termine “paesaggio” come una regione rurale definita da confini o chiaramente riconoscibile nei suoi limiti, dove rivive anche l’idea di Sereni e Gambi sull’organizzazione sociale che produce il paesaggio. Questo ci porta a valutare la necessità di una nuova elaborazione di paesaggio che veda come protagonista il mondo rurale; una questione importante per le implicazioni riguardanti la pianificazione paesaggistica nelle sue varie articolazioni. Ma fondamentale soprattutto da un punto di vista operativo, perché gli agricoltori non solo trasformano quotidianamente il territorio a fini produttivi, ma sempre più sono coinvolti in obiettivi e azioni di natura paesaggistica. Da tempo la letteratura scientifica si occupa dei “vari paesaggi”, ma come ci ricorda Baldeschi “è possibile e spesso utile da un punto di vista analitico leggere un paesaggio come una struttura articolata in più livelli, di cui quello fondamentale – definibile sulla falsariga di Braudel come “di lunga durata” – condiziona gli altri livelli che hanno assetti più contingenti, legati a culture e tecnologie variabili nel tempo”. Valutando il paesaggio da questo punto di vista è evidente, ad un primo sguardo d’insieme, l’organizzazione che definisce la natura e da forma al paesaggio. Qui sono compresi elementi che danno gerarchia al paesaggio e che ne sorreggono la comprensione, individuando le strutture riconoscibili che ne consentono l’immediata leggibilità. Pertanto è innegabile come il paesaggio rurale esprima una serie di valori culturali di enorme rilievo, legati soprattutto ad un insieme di aspetti riconducibili alle tecniche di coltivazione, all'artigianato, alle tecniche architettoniche e costruttive, alle produzioni agroalimentari, alle forme di controllo e di gestione ambientale, alla cultura e alle tradizioni delle aree rurali. Basta andare indietro nel tempo e soffermarsi un attimo sulle forme della colonizzazione greca e agli indirizzi dati da Ippodamo da Mileto che determinano interessanti forme di paesaggio. Certamente oggi un dato di fatto è il continuo consumo di suolo che erode spazio ai territori agricoli; solo in Italia dal 1990 al 2000 l’urbanizzazione ha sottratto alla campagna oltre 83.000 ettari, nella maggior parte dei casi per lo spostamento delle residenze dai centri urbani verso le zone agricole esterne. Tuttavia, il paesaggio è sempre stato una realtà in divenire, le cui modificazioni non sono necessariamente peggiorative. In tal senso è possibile considerare, oltre alla conservazione e tutela dei paesaggi storici o tradizionali, anche trasformazioni riconducibili alla dimensione del benessere collettivo; perché il paesaggio agricolo deve essere anche il paesaggio di tutti, ed in questo scritto ci interessa evidenziare il contributo dell’agricoltura alla sua costruzione.

Paesaggio rurale e nuclei storici / Iacomoni, A. - (2014).

Paesaggio rurale e nuclei storici

IACOMONI A
2014

Abstract

Oggi il paesaggio è interessato da trasformazioni che individuano rotture degli ecosistemi e modifiche alle storiche stratificazioni. È evidente che in Europa il paesaggio è stato rimodellato dall’agricoltura, che nel suo svolgersi ha “incorporato” la morfologia del luogo, il clima, la vegetazione, i colori, i materiali da costruzione (Poli 2008). Difatti il paesaggio rurale costituisce non solo la componente del paesaggio più rilevante come superficie, ma anche un sistema di grandissimo rilievo sia dal punto di vista culturale e architettonico che dal punto di vista ambientale. Certamente dobbiamo ricordare che ogni società ha modificato lo scenario naturale secondo le esigenze demografiche e lo stato delle conoscenze tecniche di cui disponeva, ma va sottolineato come i tanti paesaggi sono nati non solo dalla combinazione degli elementi costitutivi, ma anche dalla guida culturale che ogni fase storica ha avuto. Tali trasformazioni sono date da necessità economiche che determinano una duplice versione del rapporto uomo e natura: fare un buon uso del territorio, anche se per fini economici, e avere un’alta considerazione degli eventi geografici e naturali inalterati (Ferrara 1968). Così i paesaggi rurali, concepiti come manifestazione culturale ed organizzativa delle comunità antropiche che li costituiscono e come conseguente manifestazione percettiva dei diversi agro-ecosistemi, sono la sintesi visualizzabile di aspetti culturali e di aspetti naturali: dimostrazione di una complementarietà e scambio tra uomo e natura. Concetto che troviamo nella nota definizione di paesaggio agricolo come “quella forma che l’uomo nel corso ed ai fini delle sue attività produttive agricole coscientemente e sistematicamente imprime al paesaggio naturale” (Sereni 2010). Una relazione in cui l’essenza economica del paesaggio ha fatto sì che l’acculturazione degli spazi si configurasse come una vera e propria opera di costruzione, il cui scopo fondamentale era quello della produttività agraria. In effetti gli agricoltori sanno bene che la qualità del paesaggio costituisce un elemento essenziale per il successo delle iniziative economiche e sociali, siano esse private o pubbliche; ogni territorio rappresenta un quadro di vita per le popolazioni interessate, instaurando complesse interazioni tra i paesaggi urbani e quelli rurali, e gli agricoltori nei loro interventi non estetizzano il territorio, ma fanno della bellezza un carattere costitutivo. Allo stesso modo anche la genealogia linguistica ci avvicina al concetto di “campagna lavorata dalla comunità”, individuando il significato del termine “paesaggio” come una regione rurale definita da confini o chiaramente riconoscibile nei suoi limiti, dove rivive anche l’idea di Sereni e Gambi sull’organizzazione sociale che produce il paesaggio. Questo ci porta a valutare la necessità di una nuova elaborazione di paesaggio che veda come protagonista il mondo rurale; una questione importante per le implicazioni riguardanti la pianificazione paesaggistica nelle sue varie articolazioni. Ma fondamentale soprattutto da un punto di vista operativo, perché gli agricoltori non solo trasformano quotidianamente il territorio a fini produttivi, ma sempre più sono coinvolti in obiettivi e azioni di natura paesaggistica. Da tempo la letteratura scientifica si occupa dei “vari paesaggi”, ma come ci ricorda Baldeschi “è possibile e spesso utile da un punto di vista analitico leggere un paesaggio come una struttura articolata in più livelli, di cui quello fondamentale – definibile sulla falsariga di Braudel come “di lunga durata” – condiziona gli altri livelli che hanno assetti più contingenti, legati a culture e tecnologie variabili nel tempo”. Valutando il paesaggio da questo punto di vista è evidente, ad un primo sguardo d’insieme, l’organizzazione che definisce la natura e da forma al paesaggio. Qui sono compresi elementi che danno gerarchia al paesaggio e che ne sorreggono la comprensione, individuando le strutture riconoscibili che ne consentono l’immediata leggibilità. Pertanto è innegabile come il paesaggio rurale esprima una serie di valori culturali di enorme rilievo, legati soprattutto ad un insieme di aspetti riconducibili alle tecniche di coltivazione, all'artigianato, alle tecniche architettoniche e costruttive, alle produzioni agroalimentari, alle forme di controllo e di gestione ambientale, alla cultura e alle tradizioni delle aree rurali. Basta andare indietro nel tempo e soffermarsi un attimo sulle forme della colonizzazione greca e agli indirizzi dati da Ippodamo da Mileto che determinano interessanti forme di paesaggio. Certamente oggi un dato di fatto è il continuo consumo di suolo che erode spazio ai territori agricoli; solo in Italia dal 1990 al 2000 l’urbanizzazione ha sottratto alla campagna oltre 83.000 ettari, nella maggior parte dei casi per lo spostamento delle residenze dai centri urbani verso le zone agricole esterne. Tuttavia, il paesaggio è sempre stato una realtà in divenire, le cui modificazioni non sono necessariamente peggiorative. In tal senso è possibile considerare, oltre alla conservazione e tutela dei paesaggi storici o tradizionali, anche trasformazioni riconducibili alla dimensione del benessere collettivo; perché il paesaggio agricolo deve essere anche il paesaggio di tutti, ed in questo scritto ci interessa evidenziare il contributo dell’agricoltura alla sua costruzione.
2014
Questioni sul recupero della città storica
978-88-548-7066-6
paesaggio; nuclei storici; aree rurali; piano
02 Pubblicazione su volume::02a Capitolo o Articolo
Paesaggio rurale e nuclei storici / Iacomoni, A. - (2014).
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