L’etimologia del termine ara risultava incerta agli stessi autori antichi. Varrone (in Macr., Sat., 3, 2, 7), ne sostiene la derivazione da asa poiché essa, durante le cerimonie, doveva essere afferrata per poter meglio comunicare con il dio al quale era rivolto il rito (Macr., ansis autem teneri solere vasa quis dubitet?). Per i romani dunque l’ara non era un semplice strumento utile alle cerimonie ma un necessario mezzo indispensabile alla “comunicazione tra l’uomo e la divinità”. Giuridicamente gli altari erano sacri e sancti cosa che ne garantiva l’inviolabilità e ne vietava la profanazione. Di conseguenza erano il luogo presso il quale rifugiarsi in caso di necessità: numerosissimi sono in questo senso gli episodi narrati dalle fonti dove un supplice cerca salvezza abbracciando o sedendo al di sopra di un’ara. Altra testimonianza del bisogno di ”afferrare” per poter comunicare con il dio. Obbiettivo dell’intervento sarà dunque quello di capire il ruolo svolto dagli altari durante il “dialogo” instaurato tra divinità e officiante: nel caso di cerimonie pubbliche un magistrato che, con l’esatta esecuzione del rito, garantiva integrità e continuità all’intero corpo cittadino; nel caso di riti privati un pater famialias che, pregando la divinità, mirava al successo e alla prosperità della propria gens.

L’altare come luogo e mezzo di comunicazione tra l’uomo e gli dèi: le arae romane / Cavallero, Fabio. - (2014). (Intervento presentato al convegno Politeismo, costruzione e percezione delle divinità nel Mediterraneo antico tenutosi a Velletri).

L’altare come luogo e mezzo di comunicazione tra l’uomo e gli dèi: le arae romane.

Fabio Cavallero
2014

Abstract

L’etimologia del termine ara risultava incerta agli stessi autori antichi. Varrone (in Macr., Sat., 3, 2, 7), ne sostiene la derivazione da asa poiché essa, durante le cerimonie, doveva essere afferrata per poter meglio comunicare con il dio al quale era rivolto il rito (Macr., ansis autem teneri solere vasa quis dubitet?). Per i romani dunque l’ara non era un semplice strumento utile alle cerimonie ma un necessario mezzo indispensabile alla “comunicazione tra l’uomo e la divinità”. Giuridicamente gli altari erano sacri e sancti cosa che ne garantiva l’inviolabilità e ne vietava la profanazione. Di conseguenza erano il luogo presso il quale rifugiarsi in caso di necessità: numerosissimi sono in questo senso gli episodi narrati dalle fonti dove un supplice cerca salvezza abbracciando o sedendo al di sopra di un’ara. Altra testimonianza del bisogno di ”afferrare” per poter comunicare con il dio. Obbiettivo dell’intervento sarà dunque quello di capire il ruolo svolto dagli altari durante il “dialogo” instaurato tra divinità e officiante: nel caso di cerimonie pubbliche un magistrato che, con l’esatta esecuzione del rito, garantiva integrità e continuità all’intero corpo cittadino; nel caso di riti privati un pater famialias che, pregando la divinità, mirava al successo e alla prosperità della propria gens.
2014
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